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“A vicenda predominano, Amore e Odio, in ricorrente ciclo, e fra loro si struggono e si accrescono nella vicenda del destino”.
Questo frammento del filosofo Empedocle lumeggia assai bene il
carattere ambivalente del nostro stare al mondo; Amore e Odio –
anche se qui concepiti come forze cosmiche e non spirituali –
abitano fin dall’origine l’uomo come potenze immateriali,
traboccanti di energie pacificatrici o distruttrici.
L’Amore (Eros) conserva ciò che l’Odio (Thanatos) distrugge
in una continua tensione tra gli opposti che l’uomo, fornito di
libere capacità di autodeterminarsi, cerca di controllare e
incanalare nella “pacifica” costruzione della propria biografia e
di quella della storia civile.
L’anima, infatti, vive strutturalmente un’esperienza di frontiera,
una situazione mediana, tra l’oscurità e il chiarore, la
dannazione e la redenzione, l’istintualità più cieca
e la trasparenza della razionalità e dell’affettività
matura; e se è vero, come è vero, che la nostra
componente più nascosta e minacciosa –
l’istintualità, le pulsioni che obbediscono solo al
principio del piacere – spesso prorompe con il fragore del fiume in
piena, è anche vero che la tenuta degli argini dipende
essenzialmente da come noi li abbiamo progettati, meditati,
interiorizzati.
Ecco, allora, che l’amore, pur colto nella sua fragilità,
nel segno inconfondibile della sua finitezza, se concepito come
potenza attiva e come dono, può davvero arginare l’istinto
di morte, la lacerazione, il lutto.
Si tratta, insomma, di decidersi per un sì alla vita,
all’Amore, inteso come: “tutto ciò che aumenta, allarga,
arricchisce la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le
profondità” (Kafka).
L’Amore potrà così conservare tratti di autentica
purezza, proprio perché la potenza attiva e il dono sono
farmaci capaci di guarire quei rapporti amorosi feriti o adulterati
che segnano spesso le nostre già gracili esistenze.
L’Amore vissuto come dono gratuito non si configura più come
una delle tante realtà, ma come una realtà unica e
irripetibile.
(Se è troppo lungo taglia qui) A questo proposito valgono
sempre le celebri riflessioni di Fromm, contenute nel suo “L’arte
di amare”, un saggio, forse, più “esibito” che meditato.
Ecco cosa ci dice il Nostro Autore: “L’amore è un sentimento
attivo, non passivo; è una conquista, non una resa. Il suo
carattere attivo può essere sintetizzato nel concetto che
amore è soprattutto “dare” e non ricevere … La gente arida
sente il dare come un impoverimento. La maggior parte
degl’individui di questo tipo, di solito si rifiuta di dare. Alcuni
trasformano in sacrificio l’atto di dare … Per loro, la regola
che è meglio dare anziché ricevere significa che
è meglio soffrire la privazione piuttosto che provare la
gioia. Per la persona attiva, dare ha un senso completamento
diverso. Dare è la più alta espressione di potenza.
Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza,
il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi
riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di
felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non
perché è privazione, ma perché in quell’atto
mi sento vivo”.
Fabio Gabrielli
Immagine: Gitana Cortés
Company, ?De Amor Y Odio?
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