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Intervista a Jeffrey Yuen, monaco taoista e guaritore, istruito dal nonno in nome di un’antica tradizione famigliare, oggi insegna San Francisco e Boston
Nato in Cina, Jeffrey Yuen vive e lavora a New York. Insegna
allo Swedish Institute di New York, a San Francisco e a Boston.
Maestro, come è diventato monaco taoista e
guaritore?
E’ un antica tradizione famigliare, sono stato istruito da mio nonno, anch’egli monaco taoista. Fin da
piccolo mi piaceva la medicina, curare le persone. Da ottantotto
generazioni la mia famiglia fa parte della corrente taoista della
“Purezza di Giada”, i cui insegnamenti si trasmettono
esclusivamente per via orale. Così è avvenuta anche
la mia educazione, cui ho affiancato, naturalmente, la lettura di
molti libri.
Come pensa di trasmettere le sue conoscenze e la sua
esperienza?
Insegnando. La conoscenza non è qualcosa che si impara da un
altro, ma che scopriamo in noi stessi. Se si legge un libro
è importante sentirlo dentro. Imparare significa fare
esperienza, accendere una scintilla che ci spinge a cercare, a
volerne sapere di più. Non impariamo a, neppure con un buon
insegnante, se non ci appropriamo delle nostre esperienze, se non
le sentiamo dentro di noi. Insegnando comunico le mie conoscenze,
ma spero di trasmettere non tanto le parole, quanto lo spirito che
esiste dietro di esse. E la medicina cinese, per me, è
ciò che tiene sempre viva la conoscenza e lo spirito.
Pensa che la medicina cinese sia ancora viva nella Cina d’oggi?
E qual è il suo posto nella cultura moderna?
In Cina la medicina tradizionale è praticata ancora oggi.
Negli anni Cinquanta c’è stata la riforma della medicina
cinese. Esistevano, infatti, tradizioni mediche diverse nelle varie
parti del Paese e il governo decise di uniformare i diversi
insegnamenti, di “etichettarli” e creare un linguaggio comune, in
modo che i medici potessero capirsi. Una sorta di protocollo, a cui
tutte le scuole hanno dovuto adeguarsi, ma che fa riferimento ai
modelli occidentali, soprattutto nella separazione tra lo spirito e
il corpo, che non esiste nella medicina tradizionale cinese.
La medicina cinese classica, che è precedente all’odierna
medicina tradizionale cinese, è ancora viva tra alcuni
vecchi medici, ma non è riconosciuta ufficialmente e
finirà con lo sparire. Credo, però, che
continuerà ad essere tramandata là dove ci sono
vecchi medici cinesi che ancora operano: in Europa e in America,
così come in Vietnam, Taiwan, Giappone, Corea, Hong
Kong.
La medicina classica, di fatto, sfida gli studenti, gli insegnanti,
i medici, i pazienti a capire che esistono condizioni dalle
potenzialità immense ed infinite; che esiste sempre la
speranza, perché si tratta le persone e non le malattie.
Infatti, si dice che non esistono malattie incurabili, ma persone
incurabili.
Questa medicina rende le persone più responsabili, non
oggetti ma soggetti. Il medico è una guida non
un’autorità, come avviene in occidente, dove si usa la
tattica della paura nel rapporto con il paziente.
Raffaella Isoardi
Operatrice e insegnante shiatsu.
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