Un sandwich di… diossine

Abbiamo mangiato uova e polli “conditi” con olio di macchina usato, e pesce, latte e mozzarelle alle diossine. Informiamoci sul cibo che mangiamo!

Uno dei più grandi scandali alimentari europei riguardava
proprio le diossine. Nel ’98 si è scoperto che polli e uova
esportati in tutta Europa, provenienti dal Belgio, contenevano
livelli pericolosi di PCB, policloruro bifenile. Forse abbiamo
ancora negli occhi le immagini di quelle galline ovaiole stipate e
accalcate in gabbie sporche, di quando è emerso che maiali e
polli erano foraggiati con mangimi contenenti olii minerali e
residui di carburanti. Una consuetudine purtroppo forse diffusa
anche altrove. Come condire l’insalata di pollo con olio di
macchina usato…

A seguito dello scandalo, l’Unione Europea è stata
sollecitata a mettere al bando i mangimi ottenuti dagli scarti
della macellazione e dagli oli esausti. Tuttavia il Comitato
veterinario dell’Unione Europea nell’agosto ’99 ha deciso di
portare da 100 a 200 nanogrammi la quantità di diossina per
grammo di grasso consentita nei prodotti alimentari di origine
animali. Le industrie zootecniche hanno ringraziato, ma a tanti
è passata la voglia di mangiar bistecche.

Allora, pesce? Arriva l’allarme della Commissione e del Parlamento
europeo, che mette in guardia dai rischi per la salute umana
provocati dalla concentrazione di diossina individuata nel pesce
degli allevamenti che usano le farine di pesce e in quello di mare,
soprattutto se pescato nel mar del Nord e nel Baltico. Lo studio
“Effetti della diossina nel pesce” è stato realizzato per
conto della direzione per la Ricerca dell’europarlamento. Merluzzi,
aringhe e cozze alla diossina… i pesci accumulano diossina
soprattutto nelle parti grasse e nel fegato. Nei mari europei il
rapporto sarebbe otto volte superiore rispetto ai Paesi meno
industrializzati. I pesci predatori aumentano l’accumulo mangiando
altri pesci inquinati.
Negli allevamenti ittici l’uso degli oli e delle farine di pesce
aggrava la situazione. I salmoni allevati suscitano ricorrenti
preoccupazioni, per i livelli di diossina e di sostanze chimiche
riversate in acqua per l’allevamento. Ad alto rischio vengono
considerate le cozze: diossina e metalli pesanti sono stati
individuati anche in esemplari pescati in Italia, nella laguna di
Venezia e nella costa campana.

Di recente in Italia abbiamo potuto leggere anche di latte alla
diossina: un allarme che ha colpito diversi allevamenti della
Campania, dove tra l’altro si produce la mozzarella più
rinomata d’Italia. Centinaia di analisi sugli allevamenti
predisposte l’anno scorso dai magistrati hanno rilevato un
altissimo livello di diossina: 27 picogrammi, dieci volte oltre
quello consentito. Quintali di latticini tolti dal commercio,
dodici aziende sotto sequstro… Le cause probabili, gli
inceneritori di rifiuti, le attività industriali, forse i
mangimi non in regola.

Il cibo conta per circa il 90% dell’esposizione umana alle diossine
che, anche in basse concentrazioni, possono causare tumori,
disturbi comportamentali e d’apprendimento, indebolimento delle
difese immunitarie, riduzione degli ormoni maschili e dello sperma,
diabete, una malattia della pelle (cloracne), un’affezione uterina
(endometriosi).

Il nostro organismo impiega sette anni per eliminare almeno una
parte delle diossine assimilate. Come ridurre la nostra
esposizione?
Aumentando il consumo di frutta e verdura, riducendo i piatti a
base di grassi animali, perché è proprio in quei
tessuti che si concentrano le sostanze contaminanti con cui
l’animale è entrato in contatto nella propria vita.
Prediligere gli alimenti biologici: gli animali allevati con metodo
bio non possono essere nutriti se non con mangimi di provenienza
biologica, controllati, non trattati chimicamente. Come la frutta e
la verdura bio, esenti da trattamenti contaminanti.

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