Una diagnosi in medicina cinese per entrare nel fenomeno della vita

La medicina cinese ha prestato molta attenzione all’aspetto esteriore e al comportamento del paziente, dove la diagnosi guarda attraverso

Nella tradizione orientale, come in tutta la medicina olistica, la
diagnosi è concepita in modo molto diverso rispetto alla
medicina occidentale. Come suggerisce l’etimologia greca del
termine, “diagnosi” significa ‘guardare attraverso’ (dià –
ghignòsco), leggere attraverso le righe, per arrivare a
conoscere.

L’approccio visivo – bo, in giapponese – costituisce infatti il
primo fondamentale impatto che guida il terapeuta verso l’incontro
e la comprensione del paziente; ad esso seguono altri tre momenti
importanti: bu, mon, setsu, ovvero l’ascolto, l’interrogazione, il
contatto.

Tutto ciò che il paziente porta con sé e che in esso
si manifesta, è di fondamentale importanza: non ci si
può limitare ad osservare la zona del corpo malata o il
sintomo che la malattia manifesta, in modo circoscritto e
codificato.

L’indagine va ampliata a tutta la persona: va osservata la postura
ed il modo di muoversi, il colore del viso, l’altezza, la forma dei
muscoli e delle ossa, delle orecchie, i piedi, la lingua, le mani
e, soprattutto, gli occhi nei quali, più che in altre parti
del corpo, si manifesta lo Shen, ovvero lo Spirito.

L’ascolto poi è di fondamentale importanza: va scoltata o,
meglio, osservata la voce, nelle sue modulazioni, tono e volume ma
anche il respiro e il battito del cuore. Il respiro in particolare
fornisce moltissime informazioni sullo stato del paziente e sulle
sue caratteristiche psicoemotive.

Attraverso il modo in cui il paziente propone se stesso e la sua
sofferenza va individuato cosa veramente egli voglia esprimere,
cosa nasconde o cosa intende, attraverso di essa, indirettamente
rivelare. Sono tutte informazioni che parlano delle risorse che la
persona possiede e che spesso la dicono lunga sul perché
della malattia stessa. E quasi sempre portano con sé anche
le risorse per venirne fuori.

Mon, chiedere, rappresenta il terzo modo per formulare una
diagnosi. Si tratta delle informazioni che il paziente fornisce
volontariamente, quando interrogato. Anche queste vanno “lette fra
le righe”, valorizzando il modo in cui egli le propone.

Setsu infine indica il contatto del corpo, non solo o non
necessariamente della parte malata. La conoscenza attraverso il
tatto rappresenta la prima, più diretta e più
profonda forma di informazioni sulla situazione del paziente. Setsu
significa “entrare nel fenomeno della vita” toccando, attraverso il
corpo, la sua parte più intima e profonda.

Loredana
Filippi

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