I fertilizzanti sintetici impiegati in agricoltura emettono CO2?

E possiamo decarbonizzarli?

Ecco come.

C’è un però.

Intanto partiamo dalle basi:  fertilizzanti = sostanze che contribuiscono al nutrimento delle piante coltivate e al loro sviluppo.

Con l’industrializzazione, si sono affacciati sul mercato i fertilizzanti sintetici 

quelli ottenuti attraverso processi chimici di sintesi. Questi, oggi, sono responsabili del 2,1% delle emissioni globali di gas serra, ma il numero continuerà a crescere.

Per ridurre le emissioni dell’agricoltura  è necessario prima di tutto diminuire l'utilizzo di fertilizzanti, ma anche sviluppare e adottare fertilizzanti a basso contenuto di CO2.

I più problematici sono i fertilizzanti azotati (cioè contenenti azoto)

perché sono tutti prodotti a partire dall’ammoniaca, sostanza che ha un notevole impatto ambientale. 

Perchè?

azoto, ottenuto attraverso il frazionamento dell’aria;

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L'ammoniaca si produce a partire da:

idrogeno, ottenuto attraverso il reforming di gas metano  (un particolare processo industriale).

Decarbonizzare l’ammoniaca è possibile utilizzando idrogeno verde

ovvero dell’idrogeno ricavato attraverso processo di elettrolisi da fonti rinnovabili.

C’è poi un altro fertilizzante azotato molto diffuso in Europa: lurea

che si ottiene attraverso ammoniaca liquida e anidride carbonica.

Anche qui c’è margine per la decarbonizzazione: si può usare la CO2 che deriva dagli scarti delle lavorazioni industriali (CO2 circolare).

La buona notizia  è che non servono tecnologie nuove.

Produrre fertilizzanti a basso impatto ambientale significa concentrarsi sulle produzioni di piccola scala. 

Ma quando tutto questo diventerà realtà?

Diverse aziende stanno sperimentando queste soluzioni. C’è chi parla del 2025 come l'anno in cui vedremo finalmente cominciare il processo di decarbonizzazione dei fertilizzanti.