Tav, la Torino-Lione lascerà la Val di Susa senz’acqua

Per le prima volta in trent’anni alcuni paesi tra Torino e Lione sono rimasti senz’acqua. Il motivo sarebbe da cercare nei lavori della Tav.

L’eventuale crollo della scuola media Ottone Rosai di Firenze sarebbe costata la vita agli alunni e agli insegnanti che svolgevano il proprio lavoro. Un disastro che avrebbe segnato l’inizio del 2013 ma che per fortuna non è avvenuto. A causa del prosciugamento delle falde acquifere e dell’instabilità del terreno conseguenti ai lavori del tunnel della ferrovia per l’alta velocità Firenze-Bologna (Tav), le pareti della scuola si erano pericolosamente crepate ma la struttura non ha ceduto. Su questa linea ora si indaga non solo per il prosciugamento dei corsi d’acqua, sorgenti e acquedotti ma anche per frode e corruzione. Per la Corte dei conti i lavori hanno causato un danno erariale di 13,5 milioni di euro. Lo stesso dissesto idrogeologico rischia di ripetersi anche in Val di Susa a causa dei lavori legati alla ferrovia Torino-Lione. Se i lavori della Bologna-Firenze, infatti, hanno fatto sparire 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi e 5 acquedotti (in tutto 100 chilometri di corsi d’acqua), dai dati raccolti in Val di Susa si prevede che l’impatto sulle falde non sarà meno sconvolgente.

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Il tunnel della Tav a Chiomonte sta perforando un massiccio di roccia ricco d’acqua / GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images

Già persa la fornitura d’acqua per un milione di persone

Le conseguenze sono prevedibili osservando i precedenti lavori in valle, come il raddoppio della ferrovia Torino-Modane che ha provocato la scomparsa di 24 sorgenti, le gallerie dell’autostrada tra Exilles e la val Cenischia hanno fatto sparire altre 16 sorgenti, i lavori della centrale elettrica di Pont Ventoux un’altra decina. Sono tutti lavori in galleria che hanno bucato lo stesso massiccio in cui si sta scavando il tunnel della Torino-Lione. A segnalarlo è Massimo Zucchetti, professore del Politecnico di Torino che da anni si occupa dell’impatto dell’alta velocità in valle.

La perdita di pressione causata dagli scavi delle gallerie porta ad altrettante cospicue perdite d’acqua e gli stessi proponenti dell’opera hanno stimato che solo le due gallerie della tratta internazionale (il tunnel di base e il tunnel di Bussoleno) drenerebbero le falde per un totale compreso tra i 60 e i 125 milioni di metri cubi di acqua l’anno, comparabile alla fornitura necessaria a una città di circa un milione di abitanti, come Torino. L’analisi è fornita dall’International consulting group, organo incaricato dalla direzione generale Trasporti ed Energia della Commissione europea che ha indicato come il drenaggio delle acque sotterranee sia “tutt’altro che trascurabile”. Si potrebbe persino verificare il prosciugamento di fonti e torrenti a monte degli scavi. Oltre a creare danni riconosciuti al fabbisogno idrico di paesi e città vi sarebbero serie conseguenze per l’agricoltura, per il flusso dei fiumi e per la produzione di energia idroelettrica. Nonostante questi accorgimenti, l’analisi si limita a raccomandare di “mettere a punto dei metodi precauzionali, se del caso”.

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Alcune borgate di Chiomonte sono rimaste senz’acqua per la prima volta in trent’anni / GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

Chiomonte senz’acqua

Intanto a Chiomonte, dove sono in corsi i lavori di scavo del tunnel, nel 2015 sono arrivate le prime autobotti per scarsità di acqua potabile nel paese. La notizia è arrivata dai consiglieri comunali Giorgio Guglielmo, Giuseppe Jonas e Remo Sibille. “Le botti erano state precedute dalla consegna di boccioni d’acqua da 25-30 litri per le necessità più urgenti della popolazione. La situazione è andata peggiorando a partire dal 25 ottobre 2015 tanto da portare alla chiusura di tutte le fontane e alla razionalizzazione dei consumi“.

Sul sito del comune di Chiomonte sono pubblicati tutti i rapporti con i dati relativi alle falde monitorate e, benché dalla lettura di quei dati non si desumono grandi diminuzioni di portata da giustificare allarmismi, la situazione reale – secondo Guglielmo – è diversa: “Già nel 2010 avevamo presentato, durante una riunione pubblica a cui non partecipò alcun portatore di interesse, i dati di tutte le sorgenti che avevano subìto una riduzione della falda in seguito alla realizzazione delle gallerie dell’autostrada Torino-Bardonecchia e della centrale di Point Ventoux. Una di quelle sorgenti, chiamata Rigaud, non è mai stata oggetto di monitoraggio da parte della società responsabile dei lavori perché il comune non l’ha mai segnalata, non si sa per quale ragione. Possiamo conoscere i dati della sorgente Rigaud unicamente perché quella falda era monitorata dall’azienda (Iren) che allora stava costruendo la centrale di Pont Ventoux”.

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La quantità d’acqua presente nella roccia rallenta i lavori della Tav e rischia di innalzare i costi / PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images

La prima volta in trent’anni

I dati della sorgente Rigaud sono stati richiesti direttamente al comune di Chiomonte, ma sono fermi al 2006. “Allora li abbiamo chiesti direttamente all’Iren”, ha affermato Guglielmo. Da questi risulta che dal primo giugno 1995 al 6 ottobre 2015 (oltre 20 anni di prelievi) non c’è mai stato un dato al di sotto di 1 litro al secondo (addirittura per il 2014 parliamo di 3,21 litri al secondo). Da ottobre 2015 la situazione è precipitata e la portata scende a 0,4 litri al secondo (l’ultima rilevazione è del dicembre 2015). Per questo le fontane pubbliche sono state ridotte al minimo o direttamente chiuse. “Non possiamo collegare direttamente questo fenomeno con gli scavi del tunnel esplorativo“, continua Guglielmo. “Ma sulla base degli scavi precedenti qualche fondato dubbio ci è venuto”.

Tra l’altro, una delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha ordinato di organizzare un piano per gestire un’eventuale emergenza ma al momento ancora nulla è stato fatto. “Continuano a dirci che non c’è nessun problema” conclude Guglielmo. “Dicono che la causa è da cercarsi altrove: dai lavori che hanno già fatto in valle alla siccità. Ma queste giustificazioni ci sembrano superficiali. Vorremmo che tutte le sorgenti venissero monitorate e rientrassero nei programmi di intervento”. Solo così si avrà un’idea più precisa di quello che ci aspetta.

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