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Venezia, le Cinque Terre, la Costiera amalfitana, Roma, l’Alto Adige. L’elenco delle bellezze del territorio italiano potrebbe ovviamente essere molto più lungo di così, ma bastano questi cinque luoghi per mettere a fattor comune un problema che, dopo qualche anno di pausa dovuta alla pandemia, si sta ripresentando in tutta la sua potenza: il turismo di massa e lo snaturamento dei territori. L’Organizzazione mondiale del turismo l’ha chiamato overtourism, sovraffollamento turistico: è “l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”.

Pensavamo di aver tratto un insegnamento, dai durissimi anni delle limitazioni legate al Covid: la necessità di un approccio più sostenibile, etico, alla vita e al turismo. Ma avevamo constatato anche i danni economici provocati dalla “sparizione improvvisa” dei turisti italiani e soprattutto stranieri dai nostri centri storici, dalle nostre spiagge dalle nostre montagne.

Ma proprio nell’anno in cui, secondo le proiezioni del ministero, i flussi turistici supereranno per la prima volta i livelli pre-pandemia, residenti e amministrazioni stanno iniziando a capire che va posto qualche correttivo alla massificazione del turismo, soprattutto quello detto “mordi e fuggi”.