Cop28

Cop28, il mondo riunito a Bonn in vista della Conferenza di Dubai

Fino al 15 giugno a Bonn si tenterà di spianare la strada in vista della Cop28 di Dubai. Tre le grandi questioni sul tavolo dei delegati.

Mancano sei mesi all’apertura della ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop28 che si terrà a Dubai a cavallo tra novembre e dicembre. E in vista di tale appuntamento, i delegati di quasi 200 nazioni si sono riuniti a Bonn, in Germania, per i lavori preparatori del summit. La speranza è riuscire a spianare la strada, sciogliendo il più ampio numero di nodi possibile. Il timore è che sia riproiettato lo stesso film già visto in quasi tutte le Cop successive a quella del 2015 che portò all’approvazione dell’Accordo di Parigi.

La distanza tra i governi sulla questione climatica

Quest’anno, infatti, a pesare non sono solo le “solite” distanze tra le nazioni. Divise tra quelle che cercano di salvare (letteralmente) la pelle – è il caso in particolare delle piccole nazioni insulari, riunite nel gruppo Aosis – e quelle che puntano soprattutto a non perdere business, capitali e quote di mercato. A far temere il peggio è anche la stessa sede della Cop28, che si terrà in una nazione nota per difendere in modo strenuo le fonti fossili. Non è un caso se per presiedere la Conferenza sia stato designato il sultano Ahmed al-Jaber, amministratore delegato del colosso petrolifero degli Emirati Arabi Uniti Abu Dhabi national oil company (Adnoc).

Ciò nonostante, a Bonn si tenterà di spianare la strada per i negoziati di fine anno. Sul tavolo, in particolare ci sono almeno tre questioni. La prima è quella legata al programma di lavoro in materia di attenuazione dei cambiamenti climatici. Altrimenti detto, il necessario abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra, finora ampiamente insufficiente per limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.

Emissioni, fondi per i danni e per l’adattamento sul tavolo della Cop28

In questo senso, torneranno d’attualità le Nationally determined contributions. (Ndc), ovvero le promesse avanzate dai governi di tutto il mondo per diminuire le emissioni climalteranti. Tali impegni, anche qualora venissero rispettati per intero, porteranno ad un aumento di circa 2,5 gradi, mancando clamorosamente gli obiettivi fissati dalla stessa comunità internazionale. È atteso per settembre un nuovo rapporto delle Nazioni Unite, che quantificherà le nuove promesse e indicherà quale traiettoria stia seguendo attualmente il mondo.

Il secondo è “figlio” del risultato raggiunto alla Cop27 di Sharm el-Sheik, in Egitto, al cui termine il mondo ricco ha accettato il principio secondo il quale è necessario garantire i fondi necessari per il cosiddetto “loss and damage”, ovvero le perdite e i danni patiti principalmente dalle nazioni povere del mondo per via del riscaldamento globale. Ciò che occorre capire, ora, è in che modo funzionerà il nuovo fondo: chi lo alimenterà, in che modo, quali i paesi potranno attingervi e a quali condizioni. Una partita ampissima e tutta da giocare.

Il sultano Ahmed al-Jaber
Il sultano Ahmed al-Jaber © Christophe Visieux/Bloomberg

Il terzo tema sul tavolo a Bonn è legato ai tristemente celebri 100 miliardi di dollari all’anno di trasferimenti, ancora una volta dal mondo ricco a quello povero, per adattarsi ai cambiamenti climatici. Denaro promesso nel lontanissimo 2009, alla Cop15 di Copenaghen, e mai stanziato per intero.

Cento deputati americani ed europei chiedono la rimozione del sultano al-Jaber

Intanto più di cento deputati europei e americani hanno chiesto apertamente la rimozione di al-Jaber dalla presidenza della Cop28. Lanciando in questo senso un appello al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, alla presidente della Commissione europea Ursula von del Leyen e  al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.

“Non possiamo permettere che degli interessi particolari creino ulteriori ostacoli nella corsa contro i cambiamenti climatici”, ha spiegato Sheldon Whitehouse, uno dei senatori americani più impegnati nella battaglia contro il riscaldamento climatico. La lettera è stata però inviata ormai due settimane fa e nulla lascia presagire, allo stato attuale, un possibile cambiamento al vertice della Conferenza di Dubai.

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