La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
In Francia gli studenti simulano la Cop 21. E fanno parlare gli oceani
Studenti provenienti da tutto il mondo hanno simulato in un teatro la conferenza sul clima Cop 21. Dando la parola a chi al vero summit non avrà voce.
Oltre 200 studenti, provenienti dall’università parigina Science Po e da atenei di tutto il mondo, hanno partecipato alla fine di maggio a una “simulazione” della Cop 21, la conferenza mondiale sul clima che si terrà a dicembre in Francia. I ragazzi hanno lavorato quattro giorni, riunendosi presso il teatro des Amandiers di Nanterre. Con un duplice obiettivo: da un lato, effettuare una sorta di “prova generale” del summit. Dall’altro, far parlare chi a Parigi non avrà voce. Così, mentre alcuni si sono calati nei ruoli dei responsabili di Stati, governi e organizzazioni internazionali (ricalcando dunque la struttura della vera Cop 21), altri hanno formato delegazioni incaricate di rappresentare gli oceani, l’atmosfera, le specie in pericolo, internet, i giovani, o ancora i rifugiati climatici.
L’idea è nata dall’immaginazione di Bruno Latour, filosofo e professore universitario: “È proprio la cattiva rappresentazione delle collettività – ha spiegato – che ha condotto ai fallimenti delle precedenti conferenze sul clima. Per questo, occorre cambiare i rigidi codici della rappresentazione politica”. Nonostante ciò, i punti di contrasto a Nanterre non sono mancati. Il quotidiano Libération ha spiegato ad esempio che, nel corso delle giornate di lavoro, la delegazione degli oceani ha chiesto di “eliminare l’uso delle energie fossili”: un punto di vista contestato con forza dai rappresentanti della Nigeria (in realtà studenti di scienze politiche), Paese produttore di petrolio.
Allo stesso modo, a chi ha proposto un testo nel quale si affermava che “le parti riconoscono i rischi legati all’estrazione di greggio dal sottosuolo”, hanno risposto i rappresentanti dei popoli indigeni e delle regioni polari: “Deve essere menzionata la parola ‘eccessivi’: si deve comprendere che i rischi sono eccessivi!”. In una pausa, una rappresentante delle Maldive (nazione che rischia una catastrofe se le temperature globali cresceranno di due gradi entro la fine del secolo), sconsolata, si è rivolta a quella delle Filippine: “Sarà la fine delle nostre terre. Diventeremo rifugiati. E gli Stati non avranno neppure l’obbligo di accoglierci”.
I materiali prodotti dagli studenti non rimarranno completamente lettera morta. L’ambasciatrice francese alla Cop 21, Laurence Tubiana, ha infatti promesso che “i lavori saranno presentati ai veri negoziatori a Parigi”. Nella speranza che almeno quella di dicembre non si risolva in una rappresentazione teatrale.
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