Atene approva una legge che vuole favorire la produttività, ma sindacati e opposizione insorgono: “Così si incentiva lo sfruttamento”. Proteste in piazza.
- Via libera del Parlamento al greco alla possibilità di lavorare 13 ore al giorno per i dipendenti privati.
- La proposta è su base volontaria e con una retribuzione maggioranta del 40 per cento, ma per sindacati e opposizioni “si va verso lo sfruttamento”.
- In precedenza era già stata approvata la settimana lunga, con 6 giorni lavorativi su 7, in alcuni settori.
Il Parlamento greco ha approvato, tra scioperi e proteste di piazza, una contestata legge sul lavoro che consente ai dipendenti di lavorare fino a 13 ore al giorno nello stesso impiego, per un massimo di 37 giorni all’anno. Il governo di Kyriakos Mitsotakis parla di “modernizzazione del mercato del lavoro”, mentre l’opposizione e i sindacati denunciano una “ritirata ai tempi del Medioevo industriale”. Il provvedimento, sostenuto dalla ministra del Lavoro Niki Kerameus, ha ricevuto l’appoggio dei deputati di Nuova Democrazia, partito di centro-destra al governo, mentre il Pasok, ora principale forza di opposizione, ha votato contro. Syriza, il partito della sinistra, si è astenuto.
Due scioperi generali, organizzati a ottobre dai sindacati del settore pubblico e privato, hanno paralizzato trasporti e servizi essenziali per protestare contro la misura. “Il governo sta instaurando un vero Medioevo del lavoro”, ha denunciato il leader di Syriza Sokratis Famellos, mentre l’associazione dei dipendenti pubblici Adedy ha definito la norma “la distruzione della vita familiare e la legalizzazione dello sfruttamento eccessivo”. Kerameus ha difeso il provvedimento, sostenendo che “le riforme allineano la Grecia alle moderne realtà del mercato del lavoro” e accusando l’opposizione di “fuorviare l’opinione pubblica”.
13 ore al giorno: opportunità o sfruttamento?
La ministra ha spiegato che la misura “è volontaria, riguarda solo il settore privato e potrà essere applicata per un massimo di 37 giorni all’anno”, aggiungendo che “i lavoratori che accetteranno potranno guadagnare il 40 per cento in più, e nessuno potrà essere licenziato per essersi rifiutato di fare straordinari”. Il governo sottolinea che la riforma resta conforme alle norme europee, che fissano il limite medio di 48 ore settimanali, inclusi gli straordinari, ma consentono una certa flessibilità nel corso dell’anno. “Diamo la possibilità di fare ore extra presso lo stesso datore di lavoro, senza spostamenti e con una maggiorazione del 40 per cento”, ha spiegato Kerameus.
Gli oppositori, tuttavia, ricordano che i lavoratori greci sono già tra i più impegnati d’Europa: nel 2024 la media settimanale è stata di 39,8 ore, la più alta dell’Unione, davanti a Bulgaria e Polonia. Eppure i salari restano tra i più bassi: 968 euro al mese il salario minimo nazionale, secondo Eurostat, ben lontano dagli standard dei Paesi dell’Europa occidentale. La Grecia, che solo da pochi anni ha lasciato alle spalle la lunga crisi del debito, registra oggi un tasso di disoccupazione dell’8,1 per cento, ancora sopra la media UE (5,9 per cento). E nonostante la crescita economica, molti lavoratori “faticano ancora ad arrivare a fine mese”, come ha ricordato Famellos in Parlamento. Il nuovo pacchetto normativo si aggiunge all’introduzione della settimana lavorativa di sei giorni per alcuni settori industriali, con l’obiettivo dichiarato di “stimolare la produttività”. Ma per i sindacati si tratta di un passo indietro sui diritti conquistati in decenni di lotte: “La flessibilità – avverte Adedy – è solo un altro nome per lo sfruttamento”.
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