Con venti registrati a 296 chilometri all’ora, l’uragano Melissa ha eguagliato gli altri due fenomeni più intensi ad aver mai toccato terra da quando le misurazioni vengono effettuate con regolarità. Ovvero l’uragano del Labor Day, che devastò la Florida nel 1935 e Dorian, che nel 2019 provocò la morte di 75 persone alle Bahamas. Non a caso, il passaggio di Melissa sui paesi dei Caraibi è stato catastrofico.
Il bilancio, ancora provvisorio, è di 49 morti accertati: 30 a Haiti e 19 in Giamaica. I danni materiali sono allo stesso modo enormi: abitazioni ridotte a ruderi, interi quartieri inondati, vie di comunicazione interrotte. L’uragano, che ora punta l’arcipelago delle Bermuda, più a nord, aveva raggiunto la categoria 5, la massima possibile, sulla scala di Saffir-Simpson, ma ora gli esperti prevedono una parziale attenuazione del fenomeno, che prosegue la sua corsa verso le latitudini più settentrionali.
Dennis Zulu, coordinatore Onu per i Caraibi: “La distruzione è immensa”
“La distruzione è immensa, senza precedenti. Case, strade, reti di comunicazione e infrastrutture energetiche”, ha dichiarato Dennis Zulu, coordinatore delle Nazioni Unite per i paesi dei Caraibi. “La nostra prima valutazione indica che la Giamaica è stata devastata a livelli mai visti in precedenza”, ha aggiunto.
Il governo della nazione insulare ha inviato l’esercito sul posto. Si calcola che le persone colpite a vario titolo siano circa 1,5 milioni, su un totale di 2,8 milioni di abitanti. La comunità internazionale si sta intanto mobilitando: gli Stati Uniti hanno inviato alcune squadre di soccorso in Giamaica, alle Bahamas e nella Repubblica Dominicana. Il Venezuela ha inviato già 26mila tonnellate di aiuti umanitari a Cuba. El Salvador ha annunciato di aver messo a disposizione tra aerei e trecento uomini, che si apprestano a raggiungere la Giamaica. Anche Regno Unito e Francia hanno annunciato aiuti.
Uragano Melissa, un primo studio sottolinea il ruolo dei cambiamenti climatici
Intanto, un primo studio sull’uragano Melissa sottolinea il ruolo del riscaldamento climatico di origine antropica, che ha moltiplicato per quattro la probabilità che si manifestasse, sia l’intensità del fenomeno. A condurlo è stato l’Imperial College di Londra. Ralf Toumi, che ha diretto lo studio, ha ricordato che “queste tempeste faranno ancora più danni in futuro se continueremo a riscaldare il Pianeta bruciando combustibili fossili”.
“Ogni disastro climatico ci ricorda l’urgenza di limitare la crescita della temperatura media globale e il fatto che ogni decimo di grado conta”, gli ha fatto eco Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Sull’arcipelago di Mayotte, territorio d’oltremare dipendente dal governo francese, per ora si contano 15 morti e centinaia di feriti. I servizi essenziali sono al collasso.
La comunità energetica nata all’inizio degli anni Duemila è diventata un porto sicuro nella Florida esposta alla minaccia degli uragani, grazie a una pianificazione efficiente basata su innovazione e fonti rinnovabili.
La scienza dell’attribuzione è una nuova branca che tenta di stabilire legami certi tra i singoli eventi meteorologici estremi e il riscaldamento globale.
Con cinque giorni di raffiche di vento e piogge scroscianti l’uragano Ida si è abbattuto sugli Stati Uniti orientali lasciando dietro di sé 56 vittime – il bilancio è in continuo aggiornamento –, migliaia di abitazioni allagate o distrutte e danni pesanti alla rete elettrica in diversi stati. Ida nel sudest: i danni in Louisiana Risalendo dal Centroamerica, dove si è formato, nella serata del 29 agosto l’uragano Ida ha colpito il