“C’è una nuova strada che sta tentando la mafia per far cedere lo Stato sul 41bis. E per questo sta utilizzando un nuovo personaggio, un influencer, il terrorista Cospito”. Con queste parole il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli inizia il suo intervento alla Camera il 31 gennaio 2023. Quel giorno è in corso una seduta in Aula convocata per l’istituzione della Commissione d’inchiesta Antimafia. Le parole di Donzelli descrivono una serie di presunti incontri, tra l’anarchico insurrezionalista Alfredo Cospito e alcuni mafiosi rinchiusi con lui nell’ala 41 bis del carcere di Sassari: “Il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi, Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano ad incoraggiarlo nella battaglia. Io voglio sapere se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia”, conclude il deputato.

Donzelli parla sulla base di documenti riservati a cui ha avuto accesso per mano del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Il suo è un j’accuse rivolto soprattutto ai parlamentari del Partito democratico Deborah Serracchiani, Walter Verini, Silvio Lai e Andrea Orlando, che due settimane prima si erano recati a Sassari per incontrare proprio il detenuto Cospito, dal 20 ottobre in sciopero della fame per chiedere l’abolizione del 41bis, il regime detentivo a cui è sottoposto. Ne seguirà una vicenda che, da mesi, inonda il dibattito quotidiano su ogni mezzo di informazione. Una vicenda per la verità iniziata anni prima e riapertasi di colpo nel 2022. Ma chi è Alfredo Cospito, la figura al centro di tutto ciò?

La storia anarchica di Alfredo Cospito

Pescarese di nascita ma torinese di adozione, Alfredo Cospito è un militante anarco-insurrezionalista. Fa parte cioè di quella galassia eterogenea e priva di un’organizzazione gerarchica che agisce in aperto contrasto con lo Stato, ricorrendo ad atti violenti per creare le condizioni che permetterebbero di sovvertire l’ordine costituito, rappresentato appunto dalle istituzioni. Dalla metà degli anni Novanta Cospito inizia ad affermarsi negli spazi del contropotere. È tra i promotori della Fai, la Federazione anarchica informale, un gruppo non estraneo ad azioni con finalità terroristiche. La Fai balza alle cronache nel 2003, con la diffusione di un volantino che rivendica l’esplosione avvenuta vicino alla casa di Romano Prodi, allora presidente della Commissione europea. Ma Cospito non è da subito un esecutore. All’inizio è piuttosto un comunicatore dell’ideologia tra le frange insurrezionaliste. Insieme alla compagna Anna Beniamino scrive infatti il foglio anarchico rivoluzionario, conosciuto anche con la sigla KN03 la formula del nitrato di potassio spesso utilizzato per la fabbricazione di fumogeni e ordigni fai-da-te.

Nel 2012, si passa ai fatti. Quelli da cui originerà l’odissea giudiziaria a cui oggi assistiamo.Con l’amico Nicola Gai, Cospito aggredisce Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare. I due scelgono di gambizzarlo, sparandogli per poi scappare a bordo di uno scooter. Adinolfi riuscirà a leggere la targa del mezzo, che permetterà agli inquirenti di rintracciare i fuggitivi diretti all’estero. Ne scaturisce un processo a carico dei due, durante il quale Cospito dirà: “Non riconosciamo questo ordine democratico. Io sono anarchico e sono nichilista perché agisco e non aspetto una rivoluzione”. Un anno dopo, viene condannato a 10 anni e 8 mesi di reclusione.

Mentre è in carcere viene anche accusato di aver piazzato due ordigni contro la Scuola dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, nel 2006. L’attentato, che non provoco né morti né feriti, gli valse una condanna ulteriore a 20 anni di reclusione da parte della corte d’appello, con l’accusa di strage contro la pubblica incolumità.

La svolta di maggio

A partire dal maggio 2022, due interventi della magistratura modificano bruscamente la situazione carceraria di Cospito. A maggio viene sottoposto al regime del 41bis, detto anche “carcere duro”, dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia. Il 41bis è un regime particolarmente duro che prevede un isolamento pressoché totale del detenuto. Si vuole così impedire a Cospito di comunicare con i membri della Fai all’esterno e continuare a scrivere sulle riviste dei gruppi militanti. È la prima volta che il 41bis viene applicato nei confronti di un anarchico.

C’è poi un secondo procedimento, che contribuisce all’inasprimento della pena: “Sulla carcerazione di Cospito si sono sommati vari procedimenti giudiziari”, racconta a Lifegate Valeria Verdolini, sociologa del diritto e presidente di Antigone Lombardia, organizzazione che si occupa di monitorare il rispetto dei diritti umani nel sistema carcerario italiano. Secondo Verdolini il procedimento chiave per capire le vicende attuali è il procedimento “scripta manent” che riguarda i fatti avvenuti in Piemonte. È in questo contesto che la magistratura decide di cambiare il capo di imputazione per l’attentato alla Scuola dei carabinieri.

Se fino alla primavera scorsa gli eventi di Fossano erano inquadrati come strage contro l’incolumità pubblica, la sentenza della primavera rivede e cambia il capo di imputazione con un capo molto più grave, cioè devastazione saccheggio e strage contro la personalità dello Stato: “La decisione della magistratura cambia le carte in tavola per due ragioni”, dice Verdolini, che prosegue: “Il reato contestato all’inizio era un reato contro la persona generica, mentre il secondo è un reato contro la personalità dello Stato. La differenza, oltre a essere una differenza di natura giuridica, è una differenza politica, perchè configurando l’attentato come strage contro lo Stato la magistratura ha individuato una natura simbolico politica dell’azione di Cospito. Questo inquadramento ha giustificato poi la scelta di un regime penitenziario più severo, indirizzato soprattutto all’interruzione di tutte le comunicazioni,  che è quello che sulla carta fa il 41bis”, conclude Verdolini.

La piazza anarchica

E se il processo vero e proprio si consuma tra carceri, tribunali e infine ospedali con l’inizio dello sciopero della fame lo scorso 20 ottobre, il suo significato politico riempie, sotto forme più sinistre, le piazze e le strade d’Italia e d’Europa. Qui, gli avvocati difensori di Cospito sono i militanti anarchici per i quali è ormai diventato un “martire”. L’8 dicembre il gruppo anarchico Carlo Giuliani Revenge Nuclei rivendica un attacco incendiario alle auto della funzionaria dell’ambasciata italiana ad Atene Susanna Schlein, sorella di Elly, divenuta poi segretaria del Partito democratico. È l’inizio dell’escalation, anche mediatica.

Nel mese successivo si verificheranno attacchi analoghi a Barcellona, Berlino, Milano e Roma, tutti indirizzati a luoghi istituzionali come i consolati e le stazioni di Polizia. Tra febbraio e marzo, si tengono nuove manifestazioni violente organizzate a Roma, Milano e Torino, che termineranno con numerosi feriti e arresti. E mentre nelle aule parlamentari deflagra il caso Donzelli-Delmastro, approda in prima serata Pasquale Valitutti, detto Lello, anarchico di lunghissimo corso che esprime a parole il sostegno a Cospito dimostrato dai militanti con le azioni di piazza. La storia penitenziaria di Alfredo Cospito è diventata una questione politica.

“Il processo, la storia penitenziaria, il corpo stesso di Alfredo Cospito sono all’interno di una storia che è politica per mille ragioni”, continua Verdolini: ” Sono politici i reati per cui si trova in detenzione, lo sciopero della fame è un atto politico, è stata politica la gestione parlamentare della questione come ci ricorda la vicenda Donzelli-Delmastro. Il processo a Cospito è politico per  molteplici ragioni. Così come può essere politica la scelta di rivedere il regime carcerario che spetta al ministro della Giustizia”.

Il peggioramento della salute di Alfredo Cospito 

E mentre tutto questo accade, la vita di Cospito scorre in sovraimpressione. In quasi sei mesi di sciopero della fame ha perso circa cinquanta chili. A inizio anno è stato trasferito dal carcere di Sassari a quello di Opera a Milano, struttura più attrezzata nell’affrontare il peggioramento delle sue condizioni di salute. Per ben due volte è stato ricoverato nel reparto penitenziario dell’Ospedale San Paolo, dove ha temporaneamente assunto degli integratori alimentari. Il 21 marzo ha comunicato, per mezzo del suo avvocato, di aver avuto un arresto cardiaco che lo avrebbe spinto in punto di morte. Ciononostante, poco dopo il malore i tribunali di sorveglianza di Milano e Sassari hanno rigettato la richiesta di differire la pena per gravi ragioni di salute e di essere trasferito ai domiciliari, in attesa di ristabilirsi, a casa di una delle due sorelle, a Viterbo. La ragione, per i due tribunali, è la medesima: lo stato di salute precario di Cospito è dovuto al suo sciopero della fame che ha scelto in modo “lucido e determinato” di portare avanti.

Interrogare la Costituzione

È impossibile non attribuire alla storia penitenziaria di Cospito un significato che vada oltre il qui ed ora. Ma in fondo è ciò che succede quando una singola vicenda arriva a interrogare lo Stato nel profondo, nella sua ossatura valoriale, nella Costituzione. In base all’articolo 27: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Per anni, influenzati dall’onda emotiva degli Anni di piombo prima e dello stragismo mafioso poi, l’applicazione del 41bis, così come quella dell’ergastolo ostativo, ha di fatto permesso che il nostro ordinamento accettasse misure che derogano ai principi costituzionali. Come se lo stato di emergenza prevalesse sullo stato di diritto.

“Quando lo Stato difende sè stesso, mantenere la linea dell’obiettività e l’equilibrio tra le garanzie è più difficile”, dice Verdolini, che aggiunge come “la buona salute della democrazia sta nella misura in cui siamo in grado di mantenere le garanzie di difesa anche nei confronti di coloro che sfidano lo Stato stesso. Quando parliamo di penitenziario non parliamo mai di una persona sola perché quello che accade su una singola vicenda riguarda tutti”, conclude. Cospito noi non lo vediamo. Eppure, percepiamo lo scomparire del suo corpo come si fa con l’esaurirsi di una clessidra. È il tempo che ci è dato per chiederci quale tipo di giustizia desideriamo per questo Stato, e fino a che punto la sua difesa debba prevalere sulla vita umana, non solo quella di Cospito.