L’anarchico Alfredo Cospito trasferito in ospedale in attesa della decisione sul 41bis

L’anarchico Alfredo Cospito, dopo quasi 4 mesi di sciopero della fame, trasferito in ospedale. Il 24 febbraio la decisione della Cassazione sul 41bis.

Ultimo aggiornamento del 13 febbraio 2023

“Fuori Alfredo Cospito dal 41bis”, e poi la A inscritta in un cerchio, il simbolo degli anarchici: all’inizio era qualche scritta sparuta su muri di città, oggi è uno slogan, una richiesta politica espressa sempre più forte, con toni sempre più gravi. E con manifestazioni anche violente, come le decine di auto date alle fiamme a Roma, a Milano, Atene, Berlino, Barcellona, Madrid, perfino La Paz, dall’altra parte del mondo.

Un manifesto anarchico per Alfredo Cospito © Laura Lezza/ GettyImages

La questione di Alfredo Cospito, l’anarchico attualmente in carcere a Opera, Milano, sotto il regime speciale riservato di solito ai mafiosi, in poche settimane è diventato un caso che preoccupa la politica e rischia di minare la pace sociale, rievocando gli anni più bui della nostra Repubblica. Ma chi è Alfredo Cospito, e perché lui e il suo caso sono tanto importanti, per gli anarchici italiani che ci sono risvegliati nel suo nome?

Le origini della vicenda 

Pescarese di nascita e torinese di adozione, 55 anni, Alfredo Cospito è un militante anarco-insurrezionalista, attivo dalla metà degli anni Novanta e noto alla giustizia dal 2012, quando fu autore della gambizzazione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato della Ansaldo Nucleare, insieme al sodale Nicola Gai.

Nel corso del processo a carico dei due (rintracciati a partire dalla targa dello scooter a bordo del quale erano i due anarchici, che Adinolfi riuscì a leggere, e arrestati mentre si  preparavano a lasciare l’Italia), Cospito lesse una dichiarazione in cui spiegava che “siamo solo io e Nicola, nessun altro ha partecipato al nostro progetto”, attuato comunque per conto del Fai, la Federazione anarchica informale. “Non riconosciamo questo ordine democratico. Io sono anarchico e sono nichilista perché agisco e non aspetto una rivoluzione”. Un anno dopo, venne condannato a 10 anni e 8 mesi di reclusione.

ilDalla dichiarazione resa, e dall’errore commesso nel farsi identificare (“fummo ingenui, peccammo di inesperienza”, fu l’ammissione) si evince chiaramente come Cospito non fosse, e non sia mai stato, un leader di un movimento che, per sua stessa definizione, non ha mai avuto una struttura ben organizzata e verticistica. Se la figura di Cospito è diventata oggi, improvvisamente, così importante, si deve a un altro motivo. Mentre era già in carcere per l’attentato ad Adinolfi, Cospito fu infatti condannato ad altri 20 anni anche per lattentato del 2006 contro la scuola allievi Carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, che fortunatamente non causò vittime.

Cosa è cambiato nel 2022

La vicenda giudiziaria di Cospito, a quel punto, sembrava definitivamente completata, ma nel 2022 di colpo la questione si è riaperta, con un duplice inasprimento della pena per il militante anarchico. Il primo arriva da parte del ministero della Giustizia che, nella persona della Guardasigilli Marta Cartabia decide di sottoporlo al regime del 41bis, anche per evitare il fatto che Cospito, come sempre fatto fino ad allora, continuasse a scrivere regolarmente anche dal carcere su riviste anarchiche.

Il 41bis, noto anche come carcere duro, è un regime introdotto nell’ordinamento italiano nel 1986 per impedire le comunicazioni in carcere tra affiliati della criminalità organizzata: di fatto, per impedire ai boss mafiosi di continuare a comandare anche da dentro. Prevede, tra le altre cose, l’isolamento in cella, la limitazione delle ore d’aria, la possibilità di ricevere solamente una visita al mese, l’impossibilità di fare telefonate nei primi sei mesi di detenzione. Il regime del 41bis è stato più volte contestato, negli anni, per la sua particolare durezza e perché in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Finché la Corte europea dei diritti umani, chiamata a esprimersi in due casi, non ritenne la disciplina, in linea di principio, in contrasto con le convenzioni internazionali, pur censurandone alcuni aspetti: nella sentenza riguardante la detenzione di Bernardo Provenzano, contestò il mancato accesso alle cure per il boss mafioso, che era malato di cancro; in quella riguardante Marcello Viola, altro ex boss mafioso, la negazione di un percorso riabilitativo. All’ottobre 2022, in Italia ben 728 detenuti, di cui 12 donne, erano sottoposti al regime del 41bis. Tra loro, per esempio, c’è Matteo Messina Denaro, il superlatitante mafioso appena catturato dopo 30 anni di latitanza e condannato per diversi omicidi.

Il secondo intervento, a luglio 2022, è per mano della Corte di Cassazione, che in ultima istanza ha modificato il reato attribuito a Cospito per l’attentato del 2005: “Da strage contro la pubblica incolumità” a strage contro la sicurezza dello Stato. Questo ha portato a un inasprimento della condanna: da 20 anni all’ergastolo ostativo.

Anche l’ergastolo ostativo è stato, recentemente, molto dibattuto. Introdotto nel 1991, anche in questo caso per contrastare le mafie e fortemente voluto dai giudici antimafia Falcone e Borsellino che per mano delle mafie persero la vita l’anno seguente, rispetto all’ergastolo “semplice” impedisce alla persona condannata per reati di accedere a misure alternative o ad altri benefici nel caso in cui si rifiuti di collaborare con la giustizia.

Peccato però che nell’aprile del 2021 la Consulta l’abbia giudicato incostituzionale, perché in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” e ovviamente il suddetto articolo 27. Proprio nelle scorse settimane il Parlamento, modificando un decreto del governo, è intervenuto sull’ergastolo ostativo prevedendo che toccherà al giudice stabilire se il condannato potrà o meno accedere agli sconti di pena prevista per i condannati per reati “normali” anche sulla base delle informazioni ottenute circa la possibilità che egli sia ancora, o meno, in contatto con il contesto criminale di provenienza.

L’inizio delle proteste

È proprio dalla seconda metà del 2022 che si accende il caso Cospito. Dapprima qualche scritta sui muri di varie città, poi le minacce, e in breve si è passati agli attentati dimostrativi. Che già a partire dal 2020, sparuti, si erano verificati a Torino, Livorno, Genova, nel nord-est del Paese. Ma è proprio quanto sta succedendo a Cospito, per gli inquirenti, ad aver alzato il livello di scontro, contribuendo a quella saldatura tra le diverse cellule anarchiche presenti in Italia abituate solitamente ad agire in modo autonomo. In questo senso, si può affermare che Cospito sia diventato per la prima volta davvero il leader, se non il “martire” della protesta.

La data chiave è quella del 20 ottobre 2022: quel giorno, come riporta anche la pagina “anarcopedia”, una specie di diario dell’anarchismo mondiale degli ultimi anni, Cospito inizia lo sciopero della fame, che continua tuttora, più di 100 giorni dopo. L’8 dicembre il gruppo anarchico “Carlo Giuliani Revenge Nuclei” rivendica un attacco incendiario alle auto della funzionaria dell’ambasciata italiana ad Atene Susanna Schlein, sorella di Elly, candidata alla segreteria del Partito democratico. È l’inizio dell’escalation, anche mediatica.

Attacchi analoghi si verificheranno nel mese e mezzo successivo al consolato generale italiano a Barcellona e a Berlino. Auto incendiate anche a Milano e Roma: nel mirino le stazioni di Polizia, ma anche il parcheggio della Tim nella Capitale. Diversi militanti, nell’ultimo mese, sono stati arrestati dalle forze dell’ordine, in flagranza di reato o in seguito a indagini. Sabato , 4 febbraio si sono tenute due manifestazioni anarchica a Roma e Milano che destavano molte preoccupazioni per l’ordine pubblico, anche perché già alcuni cortei non autorizzati sono terminati in scontri: quella di Roma si è conclusa con due feriti e tre persone fermate.

Lo stato di salute di Cospito

Mentre cresce la tensione politica, peggiorano le condizioni di salute di Alfredo Cospito, che a causa dello  sciopero della fame è giunto a pesare appena 73 chili, su un’altezza di circa 1,95 metri. Solamente al giorno numero 103 di sciopero, Cospito è stato infine trasferito, in 30 gennaio, su espressa indicazione dei medici della Asl di Sassari,  città dove era detenuto, nella casa circondariale di Opera, a Milano, individuato come il luogo di detenzione più idoneo ad essere curato e tenuto sotto osservazione.

Nei giorni precedenti anche il Garante per le persone private della libertà personale aveva chiesto pubblicamente il trasferimento, ricordando che “la tutela della salute di chi è nella disponibilità dello Stato, in quanto privato della libertà personale, è responsabilità dell’amministrazione che lo ha in carico e ritiene che un trasferimento di Alfredo Cospito non sia più procrastinabile”.

Anche Amnesty Italia, due giorni prima, aveva chiesto “che il regime di detenzione speciale, noto come 41-bis, applicato ad Alfredo Cospito abbia immediatamente fine e che egli abbia accesso senza indugio a tutte le cure mediche necessarie a garantire la sua sicurezza fisica e psicologica”. E molte altre personalità si erano espresse a tal riguardo, attraverso un appello firmato anche da vip come Zerocalcare che ha realizzato un fumetto apposito, Jasmine Trinca, Ascanio Celestini, Paolo Calabresi. Ma soprattutto Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, ex presidente della Commissione Diritti Umani in Senato, che ha scritto una lettera aperta anche al Papa per chiedergli di intervenire sulla questione.

Pur se trasferito, però, il regime carcerario di Cospito non è cambiato. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio infatti ha fatto sapere che, pur se “la tutela della salute di ogni detenuto costituisce un’assoluta priorità”, il detenuto “resta sottoposto al regime detentivo speciale di cui all’articolo 41bis”. Il governo, la sera del 30 gennaio, ha convocato un Consiglio dei ministri appositamente per il caso del militante anarchico, rassicurando che “gli accresciuti rischi per la sicurezza hanno determinato un innalzamento dell’attenzione e delle misure necessarie per fronteggiarli” e ribadendo “la volontà di non scendere a patti con chi usa violenza e minaccia come strumento di lotta politica”.

A decidere sul futuro regime carcerario di Cospito sarà la giustizia: Nordio infatti “nel pieno rispetto dell’autonomia di valutazione della stessa autorità giudiziaria, ha rilevato che la Corte di cassazione è chiamata a rendere una decisione in merito nel prossimo mese di marzo”: precisamente, per il 24 febbraio è prevista la decisione sul ricorso presentato dai legali di Cospito.

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il 9 febbraio ha respinto la richiesta di revoca del regime speciale presentata dall’avvocato di Cospito.

Nordio, nel suo provvedimento, ha tenuto conto dei pareri espressi, prima di lui, dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e dalla Procura generale di Torino: entrambe avevano giudicato infondata la richiesta di revoca presentata dal difensore di Cospito. Secondo il ministro della Giustizia non ci sarebbero i presupposti per la revoca del 41 bis a Cospito. E soprattutto, secondo Nordio ci sarebbe il pericolo che Cospito possa tornare a comunicare con l’esterno, qualora fosse posto nuovamente nel normale regime carcerario.

Il trasferimento in ospedale e la richiesta della Procura generale 

Sabato 11 febbraio Alfredo Cospito è stato trasferito dal carcere all’ospedale, mentre in previsione della sentenza della Corte di Cassazione sul 41bis, anticipata al 24 febbraio, la Procura generale ha depositato una richiesta di annullamento del regime di carcere duro. Su indicazione dei sanitari, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha disposto sabato scorso il trasferimento – in via precauzionale – di Cospito, anarchico condannato all’ergastolo ostativo, dal carcere milanese di Opera all’ospedale San Paolo. Dalle 18.39 di sabato, Cospito si trova in una delle camere riservate ai detenuti in regime di 41bis. Il ministero della Giustizia, in una nota, ricorda che “la salute di ogni detenuto costituisce priorità assoluta”.

In concomitanza con il trasferimento per il peggioramento dello stato di salute, a Milano è andato in scena un altro corteo non autorizzato in sostegno della posizione di Cospito, che osserva uno sciopero della fame da ormai quasi 4 mesi. Negli scontri con la polizia, con lanci di bombe carta, schegge, botte, danni gravi a locali e automobili, sei agenti sono rimasti feriti e undici persone sono state fermate.

Intanto si avvicina il giorno della decisione della Cassazione sul ricorso presentato dai legali di Cospito contro il regime del 41bis cui l’anarchico è sottoposto dalla seconda metà del 2022: in previsione dell’udienza, che è stata anticipata dal 7 marzo al 24 febbraio, la Procura generale (di fatto l’accusa nella Cassazione) ha chiesto l’annullamento del regime di carcere duro.

Quei colloqui in carcere

Che il clima politico sia molto caldo lo testimonia quanto avvenuto nella seduta della Camera del 31 gennaio, casualmente convocata per l’istituzione della Commissione d’inchiesta Antimafia. In quell’occasione Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, è intervenuto affermando che “Cospito è un terrorista e lo rivendicava con orgoglio dal carcere. Dai documenti che si trovano al ministero della Giustizia, Francesco Di Maio del clan dei casalesi diceva, incontrando Cospito: ‘Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato’, che sarebbe l’abolizione del 41 bis. Cospito rispondeva: ‘Dev’essere una lotta contro il 41 bis'”.

Parole che hanno creato scalpore perché – fanno rilevare dall’opposizione – provenienti da documenti riservati, di cui solo il ministro della Giustizia avrebbe dovuto essere informato. Ma anche secondo una ricostruzione del quotidiano La Repubblica del giorno prima, l’obiettivo di Cospito sarebbe non tanto la propria uscita dal 41bis, quanto l’eliminazione stessa del regime di carcere duro, per tutti. L’idea che sorge è dunque quella di una ipotetica saldatura di interessi tra mafia e anarchici per l’abolizione di un istituto che fu addirittura al centro della trattativa Stato-mafia nella prima metà degli anni Novanta. Semmai, quanto rivelato da Donzelli, qualora rispondesse al vero, porrebbe una questione importante: perché, nonostante sia al 41bis, Cospito sarebbe riuscito comunque a parlare in carcere con due esponenti mafiosi?

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