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Europa/2

protesta anticarbone germania
Protesta contro la realizzazione di un nuovo impianto a carbone in Germania © Lukas Schulze/Getty Images

Era il 2015 quando il Regno Unito divenne il primo stato al mondo ad annunciare il proprio programma di decarbonizzazione. Volontà ribadita nel 2018, con l’obiettivo di farcela prima entro il 2025, ora entro il 2024, secondo le indicazioni del premier Boris Johnson. Inoltre, il Regno unito sta dimostrando che l’introduzione di una carbon tax (in Inghilterra in vigore dal 2013) serve a ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili più inquinanti.

Ma ancora più ambiziosi sono i piani del Portogallo, il quale sta per diventare il quarto paese europeo a chiudere definitivamente i conti con il carbone: dopo aver anticipato la chiusura del suo primo impianto, Sines, a gennaio del 2021 (era infatti prevista per il 2023), il governo portoghese ha annunciato la chiusura anche del secondo e ultimo impianto, Pego, a novembre di quest’anno, puntando a diventare carbon-neutral (quindi a zero emissioni di CO2 in atmosfera) entro il 2030.

A seguire la cronologia degli annunci, c’è la Francia: prima l’annuncio datato 2016 dall’allora presidente François Hollande, il quale parlò di phase-out da raggiungere entro il 2023, seguito da quello di Emmanuel Macron che ha anticipato di un anno gli impegni, fissando inoltre al 2050 il raggiungimento della carbon-neutrality. Per cui, dal 2022 tutte le centrali a carbone della Francia chiuderanno, a eccezione di Cordemais, che potrà continuare a bruciare carbone oltre il 2022, a patto che il carbone venga mischiato con la biomassa. Polemiche, tuttavia, sono sorte in merito alle centrali di proprietà di compagnie controllate dallo stato francese ma situate all’estero, che per ora continuano a funzionare a pieno regime.

Infine, ci sono quattro paesi che hanno fissato al 2025 l’anno in cui chiudere le porte al carbone. In particolare, parliamo di Ungheria, Irlanda, Grecia e Italia. Per quanto riguarda il nostro paese, i primi impegni sono arrivati nel 2017, quando il governo presentò la sua prima Strategia energetica nazionale (Sen) dopo gli accordi di Parigi, che dettava la linea sul phase-out italiano, poi confermato dal premier Giuseppe Conte nel 2019. Tuttavia, l’accordo sull’uscita dal carbone non è vincolante.

Chi punta invece al 2030

Ci sono poi diverse nazioni che hanno annunciato l’uscita dal carbone tra il 2025 e il 2030. Tra queste ci sono la Danimarca (2028) e la Spagna (2030). La prima ha già elencato la data di chiusura per ciascun impianto presente sul territorio, mentre la seconda ha già chiuso sette centrali (ne restano operative sei) che non riuscivano a garantire gli standard europei sull’inquinamento. La prossima chiusura è programmata per il 2025 e riguarda la centrale a carbone di Alcúdia, sulle isole Baleari.

In seguito a un anno di pressione da parte delle organizzazioni civili, il governo della Finlandia ha approvato una legge che impone l’uscita dal carbone entro il primo maggio del 2029. Sempre in quell’anno è previsto il phase-out dei Paesi bassi: dal 1 gennaio 2030 il carbone sarà vietato ed entro quella data anche le ultime due centrali entrate di recente in funzione (2015 e 2016) dovranno convertirsi.

Completano la lista Macedonia del nord (2027) – che realizzerà un mega parco solare al posto della centrale a carbone in funzione – e Slovacchia (2030) che ha pubblicato la sua Low-carbon development strategy.