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I cambiamenti climatici stanno influenzando le migrazioni degli uccelli determinando un problema sempre più marcato all’ecosistema. La parola agli esperti…
I cambiamenti climatici stanno provocando fenomeni importanti anche per quello che concerne la migrazione degli uccelli. Lo dimostra uno studio coordinato da Andrea Romano, ricercatore presso il dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’Università degli studi di Milano e recentemente pubblicato su Ecological Monographs. La ricerca ha raccolto oltre 5.500 serie storiche di dati fenologici (variazioni temporali di attività come la migrazione e la riproduzione), compresi tra il 1811 e il 2018, e relativi a 684 specie di uccelli a livello mondiale. I dati sono stati poi rianalizzati complessivamente per valutare possibili differenze nei trend temporali tra specie con caratteristiche diverse e tra regioni geografiche differenti. I risultati sono evidenti. È stato confermato, infatti, che sia la migrazione primaverile verso i siti di nidificazione che la riproduzione degli uccelli sono anticipate di circa 2-3 giorni per decennio. E si osservano grosse differenze tra specie con caratteristiche ecologiche e biologiche: i volatili che migrano su lunghe distanze (i migratori trans-continentali) hanno evidenziato anticipi meno marcati rispetto a quelle che si spostano solo entro continente, mentre negli uccelli residenti si osservano i cambiamenti più accentuati. Questa differenza potrebbe derivare dal fatto che le specie residenti, e in misura minore quelle che si spostano poco, sono in grado di tracciare meglio le alterazioni del clima e dell’ambiente dei luoghi di riproduzione, fatto che risulta difficoltoso per i migratori a lungo raggio, che sono inoltre vincolati dall’attraversamento di barriere ecologiche, come il Sahara o il Mediterraneo.
Lo studio a livello globale sottolinea diversi modelli di variazione di fenologica (ovvero relativi alla modifica delle tempistiche delle attività annuali) nel tempo che prima erano stati solo ipotizzati o verificati a scala locale, mostrando che le caratteristiche ecologiche e biologiche possono influenzare fortemente il modo in cui le specie stanno rispondendo ai sempre più pervasivi effetti dei cambiamenti climatici. Questi risultati potrebbero anche essere utili per identificare le specie più suscettibili agli effetti futuri del riscaldamento globale per eventuali interventi di tutela e conservazione.
Per meglio evidenziare il fenomeno del cambiamento delle migrazioni degli uccelli dovuto al clima impazzito abbiamo rivolto alcune domande a Marco Gustin, responsabile specie e ricerca della Lipu (Lega italiana protezione uccelli). Ecco cosa ci ha spiegato.
È vero che i cambiamenti climatici stanno influenzando le migrazioni degli uccelli?
I cambiamenti climatici stanno sicuramente influenzando la migrazione degli uccelli sia per quanto riguarda la flyway paleartico-africana che le quattro principali flyways americane (Atlantic, Mississippi, Central e Pacific). L’impatto dei cambiamenti climatici non si limita solo alle specie migratrici. Coinvolge anche le specie stanziali, in particolare quelle legate alle praterie montane. Per esempio, la pernice bianca è minacciata oltre che per la riduzione del suo habitat a causa dell’incremento altimetrico della tree line che dall’impossibilità fisiologica di adattarsi al clima impazzito che, se non ci fosse stato, gli avrebbe permesso di sopravvivere grazie a una muta idonea alla singola stagione (completamente bianca d’inverno e screziata-rossiccia in estate) e quindi rendendola meno mimetica e aumentandone la predazione. A questo problema si aggiunge anche l’espansione delle stazioni sciistiche che comportano una importante riduzione di habitat e un aumento del rischio di collisione contro i cavi degli impianti di risalita.
Ma tornando ai migratori, ormai molte ricerche effettuate nell’ultimo ventennio confermano che a causa del cambiamento climatico la migrazione primaverile degli uccelli verso i siti di nidificazione sono anticipate di circa 2-3 giorni ogni decennio, a partire dall’inizio del 1800.
Sia le specie residenti che i migratori cosiddetti parziali (ovvero quelli che si muovono all’interno della regione Paleartica) tendono ad anticipare maggiormente le loro attività riproduttive. Al contrario, le specie che migrano su lunghe distanze (i cosiddetti migratori transhariani) hanno evidenziato anticipi meno marcati, anche perché maggiormente vincolati dall’attraversamento di barriere ecologiche, come il Sahara o il Mediterraneo. Inoltre la direzione e l’intensità dei venti favorevoli o contrari, possono avere un impatto significativo sugli spostamenti. L’adattamento alle mutazioni dei venti è più alta quando i cambiamenti avvengono in maniera graduale, ma nonostante ciò molti uccelli migratori, sebbene non tutti, stanno già adattando le loro strategie di sopravvivenza alle condizioni attuali.
Poi c’è l’aumento della siccità e delle temperature…
Infatti. A causa dell’aumento delle temperature medie, è stato evidenziato che gli uccelli migratori spesso raggiungono i luoghi deputati alla riproduzione in anticipo o troppo tardi, provocando un disaccoppiamento tra l’arrivo nei siti riproduttivi e la quantità di cibo sotto forma di insetti disponibile. Inoltre, molte specie migratrici, soprattutto quelle a lungo raggio si trovano a corto di nutrimento durante la migrazione, esaurendo prima del dovuto le scorte di grasso indispensabili al viaggio. In Europa un quarto delle oltre 500 specie di uccelli studiate è già impattato negativamente dai cambiamenti climatici, con un evidente calo di abbondanza e distribuzione geografica. Ma le cose sono destinate a peggiorare. Secondo un recente studio, nel 2050 le specie di uccelli migratori colpiti dai cambiamenti ambientali causati dal riscaldamento climatico potrebbero essere destinate a salire a oltre l’80 per cento del totale. Dal 1500 si sono estinte oltre 150 specie di uccelli, un tasso di estinzione di gran lunga superiore a quello naturale. Oggi, una specie di uccelli su otto è minacciata di estinzione globale e le cose stanno peggiorando. Particolarmente allarmanti sono i forti cali di volatili un tempo comuni e diffusi.
Cosa comporta a livello di ecosistema questo fenomeno?
Molti se non tutti gli habitat e gli ecosistemi presenti nel nostro pianeta, sono in fase di alterazione a causa dei cambiamenti climatici, e tali impatti molto probabilmente si sommeranno ad altri fattori di degrado ambientale, causati dall’uomo, come la deforestazione e le nuove infrastrutture dovute all’incremento della popolazione umana con effetti sinergici. Tali cambiamenti che si verificano ogni giorno, minacciano la sopravvivenza di molte specie di uccelli, costrette a modificare i loro comportamenti per adattarsi alle nuove condizioni ambientali, con la conseguenza che la sopravvivenza stessa di molte specie sarà notevolmente ridotta.
Una brutta prospettiva, quindi, che ancora una volta sottolinea l’urgenza di una presa di posizione concreta in merito al clima che cambia e alle sue conseguenze.
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