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Franca, gli agricoltori custodi e la Garfagnana: una storia agricola di matematica resistenza

Da matematica a imprenditrice agricola: follia? No, è Franca. Nel suo agriturismo Il Corniolo, Franca Bernardi coltiva e trasforma varietà agricole antiche della Garfagnana, per salvaguardare il territorio e la biodiversità. E sì, la sua è una storia matematicamente possibile.

In matematica, un sistema è in equilibrio quando le variabili rimangono costanti nel tempo. Ecco, da anni ormai, le variabili uomo e natura non sono più in equilibrio. Apparteniamo all’era dell’Antropocene, dove l’uomo è alla costante ricerca del suo benessere, incrinando la delicata relazione con la natura.

Eppure, esistono luoghi in cui questo equilibrio è rimasto faticosamente costante, come la Garfagnana. La popolazione garfagnina è stata per secoli “la guardiana” della biodiversità del territorio, preservandolo dalla distruzione incontrollata. Anche la diversità dei sistemi agricoli, ovvero l’agro-biodiversità, resiste. E Franca ha deciso di salvaguardarla. Da informatica ad imprenditrice agricola, Franca Bernardi ha fiducia. Ha fiducia nell’agricoltura, nella matematica e nella comunità. Come gli altri agricoltori custodi, recupera, conserva e valorizza le varietà agricole a rischio estinzione, per non perdere traccia di un patrimonio bio-diverso che ci ha reso ciò che siamo. 

Dai calcoli alla semina: l’agriturismo di Franca

“Una volta due ospiti sono fuggiti perché c’era troppo silenzio”, racconta Franca. “Probabilmente non si aspettavano una natura così silenziosa”, ci scherza su.

Dottoranda al Cern e prestata con soddisfazione all’informatica milanese per trentacinque anni, Franca ha aperto l’attuale agriturismoIl Corniolo nel 2015. Una garfagnina a Milano, quasi per caso: “dovevo star su due settimane, ci sono rimasta qualche annetto in più”. Durante il periodo milanese, si confrontava quotidianamente con numeri, calcoli e sistemi, ed era contenta. I sistemi informatici di cui si occupava erano molto particolari e la soddisfazione era tanta.

Franca e gli alberi di mele da varietà antiche ©Silvia Moroni

Dopo trent’anni di lavoro ai vertici però, la carriera di Franca subisce un arresto. L’azienda ridimensiona la sua area. Sfortuna o segno del destino, da Milano Franca torna alle origini. “Ho fatto come quei milanesi che hanno il sogno di aprire un agriturismo in Toscana. Ma non ho solo preso in mano le chiavi, ho iniziato una nuova carriera: l’imprenditrice agricola”.

In realtà, la vita l’aveva già preparata. Nel 2000, insieme all’ex marito, aveva comprato Il Corniolo, allora un centro ippico. “Quando sono tornata in Garfagnana nel 2015, ho chiuso con i cavalli (nonostante tutti mi dicessero che avrei fatto una pazzia), ho chiuso la storia d’amore ho aperto l’agriturismo”, racconta con decisione. Franca ha quindi iniziato a recuperare terreni, piantare alberi e creare orti, per dar spazio alle varietà antiche della Garfagnana. Inizia così la sua avventura da imprenditrice agricola. Con i suoi quattordici ettari, il Corniolo è un’oasi di agro-biodiversità, e lei è un agricoltore custode.

Essere agricoltori-custodi 

Custodire deriva dal latino custos, custode. Il custode della scuola non perde di vista gli alunni, noi custodiamo i sogni nel cassetto, la Costituzione custodisce i nostri diritti e doveri. I coltivatori custodi custodiscono l’agro-biodiversità. Provvedono alla conservazione “in situ” delle risorse genetiche a rischio estinzione, iscritte nei Repertori regionali della Regione Toscana. In pratica, questi agricoltori riproducono i semi antichi per l’anno successivo, salvaguardando la genetica del seme da alterazioni o distruzioni, ne portano avanti la cultura. La biodiversità agricola è a rischio. Da tempo infatti l’uomo ha selezionato le varietà che generano più profitto: mele grandi e rosse, pere regolari e perfette. Tante piccole varietà sono state abbandonate perché non rispettavano gli standard di mercato, non erano vendute. Interi habitat naturali sono stati convertiti in monocolture, causando erosione genetica vegetale e animale. 

Nel 2010 quando è nato il gruppo degli agricoltori custodi mi si è aperto un mondo.”

Franca Bernardi

I coltivatori custodi ne hanno cura, sono dei veri e propri vettori: non matematici, ma di biodiversità, con un’intensità (valoriale), una direzione (comune) e un verso (al futuro). Sono agricoltori che custodiscono piccoli resti di biodiversità agricola, perché un sistema vario e variegato è più resiliente, più stabile e a lungo andare più produttivo. Ed è tradizione e cultura di un territorio, tanto quanto l’architettura e il paesaggio. Far parte di un luogo è anche far parte delle sue tradizioni gastronomiche. Franca avrebbe potuto riprodurre semi antichi e piantine anche da sola. Eppure, solo il gruppo degli agricoltori custodi ha dato il senso e la forza di poterci riuscire, insieme.

Numeri, somme e differenze: la produzione dell’agriturismo Il Corniolo

La matematica di Franca è ancora ovunque. Non è mai stata solo sui libri, ma sempre applicata alla vita reale, adesso a quella agricola. Tante operazioni agricole sono guidate dalla matematica: la struttura dell’impianto di semina, il trapianto dei pomodori, l’irrigazione senza sprechi, lo stoccaggio dei prodotti. Consciamente (e inconsciamente) Franca applica regolarmente il pensiero analitico per la creazione di un’agricoltura libera, ma pragmatica.

La logica che sta dietro alla matematica è meravigliosa. La sequenzialità, l’insiemistica, tutto. Io la applico in tutta l’agricoltura.

Franca Bernardi

Franca custodisce nove varietà a rischio di erosione genetica: il melo perrussetto, il susino coscia di monaca garfagnina, il pero zucchero, il ciliegio marchiano, il pomodoro fragola, la zucca luna, il granturco nostrato del palazzaccio, il fagiolo turco grigio e il fagiolo mascherino. In più, coltiva altre otto varietà antiche di mele: la mela rosa, la mela ruggine senese, la mela musona appenninica, il melo del sangue, il melo unto, il melo morto, il melo di San Michele e la mela casciana. Non sono le solite mele rosse, lustre e perfette. Sono mele più piccole, con forme, colori e dimensioni diverse. Hanno una loro geometria: le mele della Garfagnana sono proprio dei poliedri poco regolari. Sono anche profumate e succose, alcune aspre, altre dolcissime. Spesso si possono mangiare crude, alle volte meglio in marmellate, essiccate o spremute, come fa Franca.

Mela bevo e mela mangio

Le mele di Franca hanno destini diversi. Alcune vengono portate a nord-est, in Friuli, dove sono trasformate in succo, in sidro e in aceto di mele. Lo chiama il “mela bevo”. Il “mela mangio” sono invece confetture, buonissime nei dolci e mele disidratate, da mangiare come snack. In realtà, Franca disidrata tutto: ortica, rosa canina, bucce di piselli per fare la farina. Con le mele disidratate fa addirittura la farina di mele, da usare come starter al lievito o per fare “crepes delicatissime”. Essiccare è come custodire più a lungo, conservare in dispensa e nella memoria. Preservare ogni aspetto della propria cultura.

Le mele antiche essiccate, in forma di snack. ©Silvia Moroni

La storia della zucca luna

Questa sì che stava scomparendo. L’origine della zucca luna (così chiamata per il colore, lunare) è sconosciuta. Negli ultimi cinque anni, è stata Franca a recuperare i semi e a custodirli, salvandola dall’estinzione. Una bella responsabilità, che si percepisce dal suo umile sorriso. “La zucca luna non si può impiegare in cucina perché non ha un buon sapore. Eppure non mi son data per vinta e l’ho provata essiccata. Ed ha funzionato”. Ad oggi, Il Corniolo è l’unica azienda agricola a coltivarla e a produrne i semi. Un terzo dei semi rimane all’azienda agricola per l’anno successivo, mentre la restante parte va là dove verrà conservata: la Banca del Germoplasma.

La zucca luna, adesso in piena produzione ©Silvia Moroni

Il centro La Piana: la nursery della biodiversità garfagnina

Non soldi, ma semi. Potrebbe diventare uno slogan da ricordare. Sicuramente è la missione della Banca del Germoplasma del Centro La Piana di Camporgiano, gestito dall’Unione Comuni Garfagnana.

1957 il Centro La Piana diventa un vivaio forestale per i rimboschimenti

2008 nasce la sezione locale della Banca Regionale del Germoplasma

2,7 ettari di superficie agricola

36 varietà erbacee locali tra fagioli, cereali, pomodori, patate, cipolle, bietola, insalata e zucche

186 varietà di alberi da frutta

50 vitigni tradizionali in una collezione di 1200 viti

La Banca del Germoplasma è un raccoglitore di biodiversità. Oltre a essere il più importante dei tre vivai pubblici della Regione Toscana (la nursery delle foreste), la Banca del Centro La Piana accoglie le antiche varietà orticole e frutticole del territorio garfagnino. Nata nel 2008, conserva i semi e le piante di 36 varietà erbacee (cereali, ortaggi e legumi), 186 varietà di alberi da frutta e 50 vitigni autoctoni locali. Spesso, sono gli agricoltori custodi a donare i semi antichi alla Banca del Germoplasma, così che possa conservarli per l’anno successivo. In più però, la Banca stessa è un coltivatore custode. Coltiva infatti i terreni circostanti, a sostegno delle sementi agricole in via di estinzione.

Una distesa di alberi da frutto quasi sconosciuti, come il pero zucchero ©Silvia Moroni
Il granturco nano di Verni ©Silvia Moroni
Le vigne autoctone, scomparse e recuperate ©Silvia Moroni
I semi antichi conservati in frigo, in attesa di vivere ancora un anno ©Silvia Moroni

Lo scopo della Banca del Germoplasma è preservare il patrimonio genetico territoriale. Spesso queste varietà sono state abbandonate perché poco produttive o poco competitive nel mercato. Eppure, fanno anch’esse parte del territorio e anzi, rafforzano il senso di identità territoriale della comunità locale. Franca, gli agricoltori custodi, l’Unione Comuni Garfagnana: sono tutte realtà depositarie di scienza e conoscenza tradizionale, un insieme finito di elementi che porta avanti l’infinita cultura naturale.

Uno più uno non fa due: La Comunità del Cibo della Garfagnana

Dal 1997, in Toscana, esiste un sistema di tutela di molte razze e varietà locali a rischio estinzione, la Comunità del Cibo. La Comunità del Cibo è uno strumento per salvaguardare il territorio e l’agricoltura tradizionale, creando legami tra tutti gli attori della filiera. Agricoltori, ristoratori, centri di ricerca, scuole, enti locali: un’unione di soggetti che vogliono migliorare il sistema alimentare locale, in modo sostenibile. 

È inutile far troppo rumore intorno a me, se sono sola

Franca Bernardi

La Comunità del Cibo e della agro-biodiversità della Garfagnana è stata formalmente istituita il 3 novembre del 2017. “Un gran bello sforzo”, dice Franca, un percorso partito dal basso.

CIT “La comunità del cibo include gli agricoltori, io sono un agricoltore custode, per la proprietà transitiva sono entrata della comunità. E ne sono diventata presidente, ma senza troppi calcoli matematici, solo grazie a chi mi ha votato e ha avuto fiducia in me.”

L’obiettivo della Comunità del Cibo della Garfagnana è far parlare il territorio e creare un mercato per l’agro-biodiversità locale. I 50 kg di fagioli mascherini de Il Corniolo sono “buoni, puliti e giusti”, ma finiscono velocemente. Franca e tutti i produttori ne sono consapevoli: per riuscire a creare sostenibilità economica ad un progetto già sostenibile a livello ambientale e sociale, la soluzione è unirsi. 

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La Comunità del Cibo ha acquistato credibilità commerciale, oltre che ideologica. Perché la Comunità è più della somma delle parti: è l’unione di realtà diverse e complementari, che offrono sì i loro prodotti, ma anche idee, menti e grandi speranze per il futuro.

“Un’equazione matematica dura per sempre”

La matematica dell’essere umano è semplice: più sfrutto, più ottengo, più guadagno. L’equilibrio è decisamente antropocentrico, poco incline ad ascoltare i veri numeri della natura. La matematica della natura invece, non vuole solo massimizzare i profitti: la natura ricerca il suo equilibrio, quello degli ecosistemi e della biodiversità.

L’essere umano affannosamente ricerca le incognite dell’equazione della sua esistenza eppure forse, dovrebbe smettere di cercare. Si dovrebbe affidare alla natura, che da sola, se non ostacolata, trova tutto ciò che le serve. Anche l’equilibrio. In Garfagnana, Franca e gli agricoltori custodi della Comunità del cibo hanno dimostrato che riescono a produrre la fagiola giallorina, il pomodoro fragola o il grano rossetto. Insieme, hanno fatto comunità, hanno protetto varietà antiche a rischio di estinzione e hanno dato loro un mercato. La biodiversità agricola è ancora in pericolo, ma resiste sempre di più. Ha fortunatamente riconquistato l’importanza che merita, grazie a Franca e a tutti gli attori di questa storia agricola.

In una parola, hanno tutti imparato ad essere sostenibili. Per loro stessi, gli altri, per il pianeta. 

L’equilibrio è ristabilito. La natura non perderà verità antiche. L’agro-biodiversità è salva.

È solo matematica. O quasi.

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