Talento e passione. Gli azzurri del basket con sindrome di Down sono campioni del mondo

La nazionale italiana di basket degli atleti con sindrome di down vince i Mondiali per il secondo anno consecutivo. Battuti in finale i padroni di casa del Portogallo con il punteggio di 36-22.

È una squadra che mette il noi sempre prima dell’io. Sia nella propria metà campo, difende di gruppo, che nella metà campo avversaria, perché quando attacca è come un coro. Prima di raccontare la loro nuova impresa sul parquet, è doveroso chiamarli per nome, uno per uno: Davide Paulis, Antonello Spiga, Emanuele Venuti, Alessandro Ciceri, Andrea Rebichini, Alessandro Greco, giovani atleti guidati in panchina da Giuliano Bufacchi e Mauro Dessì.

Sono gli atleti della nazione italiana di pallacanestro con sindrome di Down che per il secondo anno di seguito è campione del mondo. A Guimarães, in Portogallo, gli azzurri sono tornati al successo, a un anno di distanza dall’altra cavalcata iridata. A Madeira – sconfiggendo in finale i padroni di casa per 36-22 – i ragazzi allenati da Giuliano Bufacchi e Mauro Dessì hanno vinto con una prestazione straordinaria: dove lo stesso Davide Paulis, autore di ben 28 punti in ciascuno dei minuti passati sul campo ha messo il noi della squadra azzurra, prima dell’io.

Le sfide prima del trionfo dell’Italbasket

Nella prima partita del torneo la nazionale italiana si era imposta sulla Turchia per 26-11 con 16 punti realizzati dal mattatore del torneo – fresco campione d’Italia con l’Atletico Aipd Oristano – Davide Paulis. Un esordio speciale il suo, considerato il fatto che era alla sua prima convocazione in azzurro. Tutto in discesa il prosieguo della kermesse internazionale che ha visto i nostri alfieri addirittura strapazzare i padroni di casa nel secondo incontro con il punteggio di 40-4, e la Turchia, con il risultato finale di 26 a 11.   La striscia di successi nell’ultimo anno e mezzo racconta anche della vittoria di un campionato Europeo, oltre ai due Mondiali conquistati.  

“Un dream team”

“Complimenti alla nazionale italiana di basket composta da ragazzi con sindrome di Down. Un dream team che si è laureato per la seconda volta campione del mondo! Bravissimi. Applausi a scena aperta”, si esprime con queste parole su Twitter, il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli. La notizia era arrivata in Italia, nella serata di domenica 1 dicembre,  ad opera di una assai soddisfatta Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali, che si è espressa paragonando i giovani campioni italiani al mitico team a stelle e strisce targato Michael Jordan, Larry Bird e Magic Johnson: “Il dream team dell’Italia di basket, battendo per 36 a 22 il Portogallo, si laurea per la seconda volta nella storia campione del mondo di categoria”.

Perché il basket è uno sport inclusivo

“Ci sono ragazzi con sindrome di Down che hanno una propensione, diciamo così, innata allo sport e la passione è talmente tanta che spesso apprendo per imitazione, gesti tecnici complessi”, spiega Davide Fustinoni che lavora tutti i giorni con i ragazzi con disabilità intellettive e relazionali della Polisportiva Sole di Lissone in Lombardia, che aggiunge: “Il gesto atletico dei ragazzi con sindrome di Down è quasi da professionisti: manca loro soltanto la schiacciata”. L’aspetto che colpisce degli azzurri di questa nostra selezione neo-iridata è infatti l’altezza. Quando si guardano partite di basket a livello nazionale o internazionale, l’arbitro è quasi sempre di statura inferiore rispetto ai giocatori. Nel caso dei nostri campione accade il contrario, ma non ci si faccia ingannare: a parte l’assenza di schiacciate, è la passione che spinge questi ragazzi a mettere grinta e sudore su ogni pallone giocato.

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Questa bellissima storia che arriva da Madeira è per Davide Fustinoni eccezionale perché “se da un lato aumenta la conoscenza di questa realtà sportiva, dall’altro accresce la sensibilità non solo degli addetti dei lavori, delle famiglie, dei fratelli e degli amici, ma della collettività intera che si appassiona alle vicende sportive di questi ragazzi”. Storie di sport, senza alcun aggettivo “minori” prima o dopo. Storie umane.

E allora non è un caso se dalla pallacanestro è nato il baskin, che permette la partecipazione attiva di giocatori con qualsiasi tipo di disabilità – fisica e/o mentale – che consenta il tiro in un canestro. È dallo sport, dal basket che arriva la messa in discussione della rigida struttura tra sport ufficiali e minori. Perché prima dell’aspetto sportivo e di quello sociale, in campo vale il fatto che tutti possono divertirsi al massimo delle proprie possibilità. A ogni giocatore è restituita la propria identità.

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