Pink Martini: la fantasia al potere

La loro musica probabilmente è più conosciuta del loro nome; ancor meno noti sono i loro volti, e sì che all’eleganza (ovviamente vintage) ci tengono! Sembrano molto più un’orchestra latina, che una band americana. Cantano in più lingue: inglese, francese, spagnolo, russo, serbo-croato, perfino giapponese. E anche in italiano la pronuncia della cantante, China Forbes,

La loro musica probabilmente è più conosciuta del
loro nome; ancor meno noti sono i loro volti, e sì che
all’eleganza (ovviamente vintage) ci tengono! Sembrano molto
più un’orchestra latina, che una band americana. Cantano in
più lingue: inglese, francese, spagnolo, russo,
serbo-croato, perfino giapponese. E anche in italiano la pronuncia
della cantante, China Forbes, è perfetta. Sono i Pink
Martini, la cui musica è stata fatta conoscere qualche anno
fa al pubblico europeo grazie allo spot di una casa automobilistica
francese. Abbiamo intervistato il leader della piccola orchestra di
Portland, Oregon: Thomas M. Lauderdale.


A noi europei sembra strano che voi siate americani, anzi una delle
definizioni che vi viene data è quella del più
europeo dei gruppi americani, che suona come un’orchestra cubana
anni ’40. Vi riconoscete in questa definizione? E che rapporto
avete con il vostro Paese?

È un misto di cose essere statunitensi. Considero un
complimento l’essere considerati più una band europea che
americana. Penso che ogni gruppo musicale americano stia cercando
di riparare ai danni arrecati dal Presidente Bush. Cerchiamo in
qualche modo di rappresentare un’immagine diversa dell’America, che
rifletta i diversi aspetti del Paese.

 

Come mai avete scelto questo nome, Pink Martini, che
è il nome di un vermouth, il Martini Rosè, che in
Italia non si trova più da anni, io sono dovuto andare in
Francia per comprarne una bottiglia.

Davvero?! (ride) Beh, è un nome favoloso che mi riporta
indietro nel tempo. Era il 1994, bevevamo un sacco di cocktail e ci
sembrava un nome favoloso per un gruppo.

 

Ci sono altri gruppi o altri artisti che negli Stati
Uniti seguono la vostra ispirazione artistica?

Nessuno che mi venga in mente! Stupisce anche me che non ci
siano altre band americane che provino a scrivere canzoni in lingue
diverse dall’inglese, che mi sembrerebbe una cosa interessante. Una
volta, negli anni ’50 e ’60, c’erano nomi come Connie Francis o
Caterina Valente che cantavano in diverse lingue. Ora mi pare che
non ci siano più molte band che cantino in più
lingue, al massimo si limitano a una lingua in più, di
solito spagnolo o francese, non come noi. D’altro canto sia io che
la nostra cantante, China Forbes, abbiamo alle spalle studi
multiculturali e linguistici; quindi per noi è abbastanza
naturale scrivere in diverse lingue, anche perché viaggiamo
molto in tutto il mondo.

 

La gente balla nei vostri concerti o vi guarda e vi
ascolta?

In generale balla, ma dipende. Noi preferiamo se la gente
balla, ma talvolta suoniamo in teatri storici, dove l’atmosfera
è più formale. Comunque tutti noi preferiamo quando
c’è qualcuno che balla… almeno c’è qualcosa da
guardare!

 

Ballano da soli o in coppia?

Oh, non importa… in terzetti!

 

In che paese il pubblico balla di
più?

Sorprendentemente in Svizzera! Nessuno di noi si aspettava di
trovare un pubblico così vivace. Anche turchi e greci sono
molto inclini a ballare; i francesi non molto; gli spagnoli
sì.

 

Avete fatto solo due dischi in 8 anni.
Perché?

Beh, sai, abbiamo viaggiato molto e perciò…
cioè… non lo so… la tua è una buona
domanda! Comunque stiamo per registrare un terzo album, che
sarà pubblicato entro la fine dell’anno.

 

Che parola useresti per definire la vostra musica?
Lounge?

Io penso a retrò, cosmopolita, gioiosa, elegantemente
frivola. Sì, giusto! Se posso dirne un’altra la nostra
musica è come una festa con tanti tipi di torte
diverse.

 

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