Covid-19

Riprendono anche i lavoratori del sesso, “ma nessuno ci considera”

La crisi legata al coronavirus ha colpito tutti i lavoratori del sesso. Chi più, chi meno, perché ci sono diversi tipi di prostituzione.

“Ci sono due tipi di prostituzione: da un lato c’è quella coatta, da marciapiede, dall’altro quella di lusso”. Roberto Dolce, in arte Roy gigolò, marchigiano di origine, è uno degli accompagnatori più noti d’Italia. Ha cominciato come spogliarellista in discoteca, poi ha capito che la prostituzione d’élite sarebbe potuta diventare una professione. E così è stato. Ma il coronavirus ha colpito anche il suo mestiere, i lavoratori del sesso: “Sono stato fermo tre mesi, mi sono imposto di ricominciare a lavorare il 3 giugno. Nel frattempo mi sono occupato del sito. Però, vedi: io me lo potevo permettere”.

La differenza sta tutta qui: tra chi è riuscito a risparmiare e chi no. “Le prostitute da strada hanno subito ingenti danni con il coronavirus, perché si sono trovate a dover comunque pagare un affitto, magari a dover mantenere dei figli, ma guadagnando circa 60 euro al giorno hanno messo ben poco da parte. Quelle di lusso invece hanno sofferto un po’ meno, perché le entrate arrivano a 20 o 30mila euro al mese e, capisci bene, se anche si sta fermi due o tre mesi non succede nulla”.

lavoratori del sesso
Quartiere a luci rosse © Dean Mouhtaropoulos/Getty Images

Essere lavoratori del sesso durante il lockdown

Tra chi ha patito di più la quarantena c’è Gabriella, 32 anni, una trans che si prostituisce a Napoli per vivere e che per la prima volta nella sua vita non è riuscita ad arrivare alla fine del mese. 300 euro di affitto sono troppi quando si è costretti a non lavorare. “Sono andata a mangiare alla Caritas. Faccio questo lavoro da otto anni, ho cercato altri impieghi, ma nessuno mi ha mai dato una possibilità. Non ho scelta: qui non si assumono trans, siamo discriminate. Certo, non mi piace quello che faccio, sono stata aggredita e rapinata più volte, ma almeno prima della pandemia riuscivo a sopravvivere. Adesso, quando vado in giro, tutti mi evitano come se fossi infetta, come se noi trans fossimo automaticamente delle prostitute e quindi veicolo del virus”. Tra le prostitute da strada ci sono quelle dell’est, che spesso hanno un “protettore”, e che durante il lockdown in molti casi sono state costrette a uscire lo stesso, mettendo a rischio loro stesse e i clienti.

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Una prostituta in un night club © Andreas Rentz/Getty Images

Poi ci sono le ragazze cinesi, cui è stato ordinato di rimanere in casa e di non avere contatti con gli italiani, considerati infetti. Infine ci sono le donne nigeriane, tra le più fragili, totalmente sparite dalla strada. “Spesso non sanno leggere e scrivere, non sanno accedere a strumenti online e non hanno clienti fissi che le cercano – spiega Andrea Morniroli della cooperativa Dedalus, portavoce della Piattaforma nazionale antitratta –. E così non riescono a guadagnare nulla: non ripagano il debito, ma più di tutto non hanno i soldi neanche per mangiare”.

Durante i mesi delle forti restrizioni imposte dal governo andavano molto di moda le chat e le webcam ma, spiega Roy, non è per tutti: “Questo è un altro tipo di prostituzione ancora, con un altro tipo di clientela. Io, per esempio, ho una clientela diversa, che non andrebbe mai in cam. Io lavoro da vicino, con gli sguardi, le parole, le carezze, con il sesso, con un contatto in generale più umano e più fisico, si instaura proprio una relazione”.

 

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L’assenza di aiuti

A peggiorare ulteriormente la situazione dei lavoratori del sesso, continua Roy, c’è il fatto che “in Italia la prostituzione non è riconosciuta dallo Stato. Nulla ci è dovuto. Siamo degli indicibili”. Nessun ammortizzatore sociale né aiuto economico è destinato a loro, che pure devono versare le tasse. “La prostituzione qui è invisibile, non è riconosciuta e non la vogliono riconoscere. Però lo Stato ti tassa il denaro che guadagni prostituendoti, allora potresti lavorare in nero ma se, per esempio, ti compri una casa, ci devi pagare le tasse e se non dimostri come l’hai comprata e facendo cosa, te la ritirano. Io ho una causa ormai da sette anni con lo Stato: l’ho denunciato per sfruttamento della prostituzione. I soldi che incasso sono dichiaratamente guadagnati prostituendomi. E allora se tu, Stato, prendi una percentuale di questi soldi guadagnati attraverso la prostituzione, non fai altro che sfruttarla. Il problema è che finché non finisce il processo io non posso intestarmi nulla, non una casa, non una macchina”.

In generale in Europa, le associazioni per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso si sono mobilitate per chiedere ai governi di mettere in campo delle misure di sostegno all’economia anche in questa categoria. In Italia, il Comitato per i diritti civili delle prostitute ha lanciato una petizione per chiedere aiuti economici. In Irlanda la Sex workers alliance ha attivato un crowdfunding per sostenere i sex workers, raccogliendo finora più di 25mila euro. Anche in Francia il Syndicat du travail sexuel si sta battendo affinché le prostitute siano tutelate in questa emergenza, e sul suo sito ha pubblicato un decalogo per chi non può permettersi di smettere di lavorare.

 

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Over 100 NGOs in Europe have signed this statement calling for emergency supports to be extended to sex workers in Europe during this pandemic. Check out @sexworkeurope for more details and to read the full statement

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Un nuovo inizio

Ora che la ripresa è stata avviata e gli spostamenti tra regioni sono consentiti, la situazione del settore è quasi tornata alla normalità. “Vedo molto ottimismo. Ora che si riprende a muoversi, anche nella prostituzione coatta è tornato movimento. La prostituzione di élite, invece, ci metterà un po’ di più a ripartire: comunque la crisi economica ha colpito e colpirà tutti. Una donna manager che prima lavorava e adesso magari sta patendo la crisi, non va a spendere 600 o 700 euro. Poi c’è chi magari ha ancora paura e preferisce tenersi lontano. Però io ho tutto giugno prenotato. Anzi ho dovuto rimandare degli appuntamenti perché c’era chi voleva vedermi anche prima del 3 giugno, quando gli spostamenti tra regioni non erano ancora consentiti. Ma francamente non mi andava di rischiare”. Si riparte, quindi, e lo si fa in sicurezza: “Non sono preoccupato, la maggior parte delle mie clienti le conosco, di quelle nuove in qualche modo cercherò di fidarmi, mi assumerò il rischio. Alla fine anche quando prendi l’autostrada rischi la vita. Io, dal canto mio, ho fatto il test sierologico, che è risultato negativo. Bisogna solo capire quanto sia attendibile”.

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