Pierfrancesco Favino si racconta a L’Automobile e parla del suo rapporto con l’auto, del senso profondo del viaggio, della sua Roma e di quel sogno ricorrente…
Talkie Walkie: on Air su LifeGate
Le origini degli Air vanno tracciate all’uscita del loro primo disco “Moon Safari” del 1998, da quel momento in poi il duo francese ha seguito varie ispirazioni, spaziando dalla musica creata per il film “The Virgin Suicides” di Sofia Coppola, all’ipnotico “10.000Hz Legend”, all’esperimento di sonorizzazione di una serie di racconti del nostro Alessandro Baricco
Le origini degli Air vanno tracciate all’uscita del loro
primo disco “Moon Safari” del 1998, da quel momento in poi il duo
francese ha seguito varie ispirazioni, spaziando dalla musica
creata per il film “The Virgin Suicides” di Sofia Coppola,
all’ipnotico “10.000Hz Legend”, all’esperimento di sonorizzazione
di una serie di racconti del nostro Alessandro Baricco (City
Reading), ma non è tutto.
Il nuovo carico di ossigeno ha un nome: Talkie Walkie. Questo
album è un best of delle migliori atmosfere create dai loro
precedenti album, il risultato è convincente oltre ad essere
una piacevole fuga dalla realtà che porta in atmosfere calde
e dilatate create da sintetizzatori dal suono alla crema.
Abbiamo intervistato gli Air presso un confortevole albergo
milanese.
Talkie Walkie è esattamente come lo
volevate?
Jean-Benoit: Il risultato finale non è mai come lo si
immagina, questo è l’aspetto più interessante, si
desidera una cosa e se ne ottiene un’altra, a quel punto si
è sorpresi per quello che si è fatto! Quando si fa
arte, non si sa mai dove porterà la strada che si sta
percorrendo. Ci piace sorprenderci, non programmiamo mai nulla, ed
è molto importante non essere soddisfatti completamente, in
questo modo rimane il desiderio di fare un altro album, rimediare
gli errori fatti, è solo esperienza per altri album. Non
cerchiamo mai di rifare una canzone per renderla migliore, se
dovessimo farlo, preferirei fare una nuova canzone, ci sono molte
cose che non mi piacciono in “Moon Safari”, in “10.000 hertz” e
molte cose che non mi piacciono in questo album, non vediamo l’ora
di tornare in studio e fare meglio.
Mi piacerebbe sapere quali sono le cose che non ti
piacciono nei precedenti album…
J-B: Ci sono molte cose che non mi piacciono, è un po’
come guardarsi allo specchio, c’è spesso qualcosa che non
piace di se stessi. Nel nostro caso, cerchiamo molto di essere noi
stessi, non cerchiamo il produttore per fare il miglior disco del
mondo, per questo motivo in Talkie Walkie cantiamo noi stessi le
canzoni, e non c’è alcun ospite, cerchiamo di essere il
più possibile noi stessi.
Credo sia infatti molto interessante chiedersi come
mai abbiate cominciato solo adesso a cantare i vostri pezzi, cosa
che non è avvenuta nei vostri precedenti
album.
J-B: Ci sono voluti sei anni per fare questo passo, prima
scrivevamo le canzoni e pensavamo “ok a chi potremmo far cantare
questa canzone”, poi Nigel (Godrich n.d.a.) ci ha detto
“perché non le cantate voi le vostre canzoni, sarebbe molto
più cool!”, io ho detto “ma io ho l’accento francese quando
canto” e lui mi ha detto “E’ proprio per questo che è molto
più cool!”
Nel registrare questo album, vi siete chiusi in studio
per tanto tempo o avete scritto le canzoni e siete stati in studio
solo a registrare tutto di un botto.
J-B: Abbiamo lavorato a tre differenti progetti nello stesso
tempo, abbiamo lavorato con Alessandro Baricco, abbiamo scritto la
musica per un balletto “Near Life Experience”, e abbiamo lavorato
per l’album, noi però non lavoriamo durante i weekend, ci
fermiamo ogni mese e mezzo per prenderci due settimane di pausa, e
non lavoriamo al mercoledì, non abbiamo dunque avuto tanto
tempo per essere in studio. E’ stato un processo da settembre a
giugno, l’album era pronto a febbraio, ma poi la prima del balletto
era alla fine di aprile, quindi a maggio abbiamo ripreso in mano il
disco e l’abbiamo mixato, a giugno, quindi era pronto.
L’avete mixato a L.A. con un grande produttore, uno
con cui già avete lavorato in passato…
J-B: Sì, con Nigel Godrich. Con lui avevamo già
lavorato per il progetto con Baricco, è stata una storia
strana, abbiamo fatto il progetto più underground del mondo,
lavorando con il più grande produttore del mondo. Baricco
non si rendeva conto della fortuna che aveva mentre veniva mixato
da questo ragazzo!
Come avete cominciato a lavorare
insieme?
J-B: Noi e Nigel ci conosciamo sin dai tempi di Moon Safari,
credo fosse il marzo del 198 quando andammo a trovare Beck in
studio mentre registrava “Mutations”, ci siamo conosciuti in
quell’occasione, inoltre, durante il nostro ultimo tour ha suonato
con noi Jason Falkner, il bassista di Beck. Jason ha fatto un album
solista con Nigel, sono quindi molto amici, così Nigel era
sempre con noi durante il tour. Siamo diventati pian piano molto
amici e abbiamo passato dei giorni insieme in Grecia. Quando
abbiamo cominciato a lavorare al progetto con Baricco (City n.d.a.)
abbiamo cominciato a lavorare insieme e a vedere che cosa sarebbe
successo, Nigel inoltre era la persona perfetta per quel lavoro,
perché non avevamo soldi e Nigel l’unica persona che riesce
a mixare un disco in una sola giornata.
Cosa è in grado di aggiungere ad un vostro
disco Nigel Godrich?
J-B: Prima che lui lo toccasse il disco era molto più
freddo, in quanto lo abbiamo registrato in un home studio, lo ha
reso più organico, più caldo. Nigel suona il mixer
come se fosse una chitarra!
Voi non avete mai avuto il problema di avere un sound
freddo comunque!
J-B: Sì questo è vero!
…entra Nicolas Godin
Potremmo farti le stesse domande e vedere chi
mente!
Nicolas: Probabilmente avresti le stesse risposte
Cosa è in grado di aggiungere ad un vostro
disco Nigel Godrich?
N: E’ un gentleman inglese molto intelligente, è come
un dottore in grado di curare gli artisti. Perché gli
artisti, quando vanno in studio, sono malati e cercano qualcosa,
Nigel li aiuta a registrare qualcosa che sia legato a quello che
loro vogliono fare. Lui non cerca di dare una forma al disco che
l’artista vuole fare, è molto rispettoso verso quello che
vuoi fare e ti lascia essere te stesso.
Abbiamo detto anche che avete lavorato con Nigel, il
più grande produttore al mondo al progetto più
underground, è stato dunque per conoscenza o perché
lui è la persona giusta?
N: Non so, è una questione di feeling, di
affinità, è come se vivessimo nello stesso mondo e
parlassimo lo stesso linguaggio, noi infatti usiamo delle parole
specifiche per descrivere gli stili musicali e lui capisce sempre,
anche quando parliamo in inglese Nigel è in grado di
capirci, e a volte non è per nulla evidente quello che
vogliamo dire! Con lui riusciamo a varcare le barriere del
linguaggio!
Anche in questo album c’è una traccia fatta per
Sofia Coppola, quindi vi piace lavorare con lei!
J-B: Quella canzone non doveva essere nell’album, ma Brian
Eirtzel doveva fare la colonna sonora del film con Kevin Shields
non avevano idee per quella scena, così ci hanno fatto
andare in studio e ci hanno chiesto un parere facendoci vedere una
scena, siamo andati a Parigi e abbiamo scritto quella canzone, poi
Nigel L’ha mixata e ha detto questa canzone è perfetta per
finire l’album, così l’abbiamo messa ma non sarebbe dovuta
essere nell’album.
Preferite lavorare per i vostri album o per le colonne
sonore?
N: E’ diverso ma ci piacciono entrambe le cose, ma si tratta
di lavori completamente differenti. Il processo creativo è
molto diverso, le immagini di un film ispirano, mentre quando si
scrive una canzone dal nulla non si ha un punto di partenza, l’idea
viene dall’interno, è un processo molto più profondo.
La colonna sonora è un esercizio, un lavoro di traduzione
delle immagini in musica.
Devi dunque amare le immagini per poter scrivere per
un film?
J-B: Sapevamo già che ci sarebbe piaciuto il film di
Sofia, è molto affine a noi, fa le cose con stile e nello
stesso tempo molto profonde.
Così quando vedete le scene sapete già
come sarà la musica.
J-B: Questa esperienza l’abbiamo vissuta così, anche
perché noi stessi abbiamo vissuto l’esperienza della ragazza
nel film, come la ragazza del film abbiamo camminato a Kyoto e come
la donna nel film ci siamo ritrovati depressi in albergo, è
stato quindi molto facile portare a termine questo lavoro.
N: Credo che fare una colonna sonora sia come creare un
profumo, perché le immagini sono molto più importanti
della musica, la musica deve fare da catalizzatore, deve fornire un
buon ambiente per le immagini, quando capisci questo particolare,
ti senti molto più libero perché puoi fare quello che
vuoi, quando vediamo delle immagini dunque noi sappiamo esattamente
quello che non dobbiamo fare sappiamo cosa evitare, quindi
improvvisamente ci sentiamo più liberi di creare qualcosa di
interessante, non ci sono regole nel creare una colonna sonora. Ci
sentiamo più liberi nel fare una colonna sonora rispetto a
quando dobbiamo fare una canzone pop, perché nelle canzoni
pop hai delle regole da seguire e le regole sono belle da
infrangere, ma prima di poterle infrangere devi capire quelle
regole.
Nel futuro quindi possiamo dire che nel futuro
cercherete di fare sia delle canzoni pop, che delle colonne
sonore…
N: Magari faremo delle colonne sonore pop!
E’ vera la storia che vi è successo negli Stati
Uniti quando vi si è rotto l’autobus?
J-B: Sì quella storia è vera, è successa
in Oregon, ci si è rotto il tour bus, un ragazzo ce l’ha
sistemato e ci ha offerto ospitalità, erba, droghe, qualcosa
da bere, e poi ci ha detto che se volevamo avremmo potuto
divertirci con sua moglie. Era una specie di compagnia, lui era un
po’ anziano, il figlio avrebbe pensato alle droghe, mentre la
moglie avrebbe pensato al sesso!
Vi sentite responsabili per aver influenzato la musica
di altri artisti e la musica elettronica in
generale?
J-B: No perché noi siamo parte del movimento, e non
credo che nessuna band cerchi di fare la musica che facciamo noi,
questo in Francia, sono stati i Daft Punk a iniziare tutto, dopo di
loro molte band hanno tentato di suonare come loro. In Inghilterra
invece molte band credo che ci abbiamo ascoltato con attenzione nel
preparare i loro album, band come gli Zero7 per esempio, ma non in
Francia.
Spero che nel futuro riusciate a stupirci con altri
progetti coraggiosi come il reading con Baricco.
N: Se venissi in Francia saresti sorpreso in gennaio, intanto
durante tutto dicembre ci sarà il balletto Near Life
Experience a Parigi per cui noi abbiamo fatto la musica, non ne
uscirà il disco perché è necessario vedere i
ballerini per poterlo apprezzare, sarà in tour per tutto il
mondo per due anni quindi questo è un grande side project. A
gennaio faremo la musica per una televisione privata chiamata pink
tv, una televisione gay, faremo tutte le musiche e gli spot. Saremo
a marzo in tour in Italia e magari vi faremo una sorpresa, magari
un’apparizione con Baricco suyl palco, vedremo.
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