Cop28

Il tour per i fossili di Sultan Al Jaber, presidente della Cop28

Il sultano Al Jaber, capo della compagnia petrolifera di Abu Dhabi e presidente della Cop28, vuole puntare ancora su petrolio e gas.

Se qualcuno fosse rimasto possibilista dopo la nomina di Sultan Ahmed Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera di stato di Abu Dhabi, alla presidenza della ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la speranza sembra già essere perduta. Gli Emirati Arabi Uniti avevano infatti tentato di sottolineare il fatto che l’imprenditore è sì a capo di un colosso delle fonti fossili, ma che è allo stesso tempo dirigente della società pubblica dedicata allo sviluppo delle fonti rinnovabili, la Masdar. Ma i primi passi diplomatici da presidente della Cop28 prevista a dicembre a Dubai appaiono decisamente in direzione del business as usual.

Il sultano Ahmed Al Jaber cop28
Il sultano Ahmed Al Jaber, chief executive officer della Abu Dhabi National Oil Co. (ADNOC), è il presidente della Cop28 di Dubai © Stefan Wermuth/Bloomberg via Getty Images

Secondo Al Jaber le fossili saranno ancora fondamentali in futuro

Come riportato dall’agenzia Bloomberg, Al Jaber ha reiterato ciò che aveva già avuto modo di affermare: anche nel contesto di una transizione verso le energie pulite, le fonti fossili continueranno a suo avviso a ricoprire un ruolo cruciale. Una posizione in aperta contraddizione con quanto indicato dagli scienziati di tutto il mondo, secondo i quali occorre al più presto affrancarsi da carbone, petrolio e gas. Smettendo soprattutto di investire in nuovi giacimenti e miniere.

Ciò nonostante, i primi colloqui avviati con le diplomazie internazionali da parte del sultano puntano proprio a far passare il principio della transizione “graduale”. Secondo Al Jaber, altrimenti, si rischia di creare problemi soprattutto alle economie emergenti, che in molte aree presentano ancora un accesso limitato all’erogazione di energia elettrica.

Gli Emirati Arabi Uniti prevedono di aumentare la produzione di petrolio

“Il mondo – ha spiegato il numero uno della Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc) a margine di una serie di incontri organizzati in India – ha ancora bisogno di idrocarburi e ne avrà bisogno anche in futuro, per poter passare dall’attuale sistema energetico al prossimo. Non possiamo staccare semplicemente la spina senza prima aver completato la transizione”.

Se però gli Emirati Arabi Uniti avessero davvero a cuore un’accelerazione nel cambiamento, è ragionevole ipotizzare che non immaginino di, addirittura, aumentare la produzione di petrolio nei prossimi anni. Se oggi infatti vengono immessi sul mercato 3,4 milioni di barili di greggio al giorno, il piano è di aumentare il quantitativo a 5 milioni entro il 2027.

Le “soluzioni” di Al Jaber: nucleare, petrolio, idrogeno e cattura della CO2

Inoltre, dall’India Al Jaber ha sottolineato come occorra puntare su sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 (che ancora sono lontanissimi dall’essere utilizzabili su larga scala), sul nucleare (i cui tempi di costruzione e i cui costi appaiono oggettivamente incompatibili con l’urgenza di agire per limitare da subito le emissioni climalteranti) e sull’idrogeno (per il quale occorre verificare se la produzione si basi su fonti pulite o meno).

Dopo il viaggio in India, Al Jaber ha in programma visite in Europa e negli Stati Uniti. Per lui, sarà l’occasione per cercare soprattutto di convincere a limitare gli investimenti in solare e eolico, a favore del mix di “soluzioni” da lui sostenuto: “La spesa per questi fattori fondamentali per la decarbonizzazione – ha affermato – è oggi inferiore al 5 per cento di quanto viene concesso alle rinnovabili. Questo deve cambiare”. Il vecchio che avanza.

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