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Vintage e second hand non sono la stessa cosa, ma entrambi fanno bene al pianeta
Si parla di vintage se un capo ha più di 20 anni, è definibile second hand invece è qualsiasi oggetto abbia già avuto un precedente proprietario.
- Vintage e sencond hand sono due categorie che in parte si sovrappongono, ma non sono la stessa cosa. Entrambi però sono abitudini di acquisto salutari per il pianeta.
- Si parla di vinage quando si ha a che fare con abiti prodotti più di venti anni prima e che sono riferibili, anche esteticamente ad un’epoca precisa.
- Fa parte invece della macro categoria second hand tutto quello che ha già avuto un proprietario, sia questo un capo datato o nuovo. Il second hand oggi ha preso molto piede anche nel segmento del lusso.
Vintage, retrò e antico sono tutti termini usati per descrivere abiti del passato, ma questi concetti non sono sovrapponibili tra loro ed è facile fare confusioni. Non si tratta però solamente di una questione semantica: vintage e second hand sono due categorie di “usato” diverse tra loro ma entrambe espressione di un tipo di shopping responsabile. Alcuni sostengono ad esempio che un capo di abbigliamento sia considerato antico se prodotto prima del 1920, vintage se risale al periodo tra il 1920 e il 1960, e retrò se è stato realizzato dopo il 1960, ma non tutti i player del settore concordano con questa definizione. Estetica retrò, ad esempio, si usa anche per riferirsi a capi realizzati in tempi recenti per assomigliare a quelli di un’epoca passata. Per second hand, come suggerisce il termine stesso, si intende qualsiasi capo di abbigliamento che è stato posseduto e indossato da qualcun altro. In pratica, tutto ciò che si acquista e che ha avuto un proprietario precedente è di seconda mano. Il vintage d’altra parte si riferisce ad una categoria specifica all’interno del second hand, ossia quella dei capi che, anche se prodotti tempo fa, hanno una valenza estetica e un valore intrinseco data proprio l’epoca di appartenenza. Gli abiti, in generale, hanno una durata di vita molto breve. Un capo, anche se firmato o acquistato in un negozio di lusso, perde il 50 per cento del suo valore una volta acquistato e indossato. Detto questo gli abiti datati possono essere divertenti e ancora utilizzabili, ma soprattutto hanno un forte valore culturale. Gli abiti e gli accessori che mantengono molto valore dopo il loro utilizzo sono generalmente capi di alta moda e pezzi che hanno un’estetica senza tempo e una qualità che ne permette l’uso anche molti anni dopo.
Vintage VS second hand
Diciamolo subito: non c’è una categoria migliore di un’altra, entrambe costituiscono una valida alternativa di acquisto responsabile. Ma alcuni potranno rimanere disorientati da una forte discrepanza nei prezzi o nei capi che si trovano nell’uno o nell’altro caso. Per entrambe le categorie poi bisogna distinguere tra il segmento del lusso e il resto. Detto questo entrambe le opzioni fanno una cosa molto importante, e cioè estendono il ciclo di vita degli abiti andando ad impattare anche sulla sovrapproduzione. Più persone acquistano vintage o second hand e meno ci sarà necessità di ricorrere al nuovo, scoraggiando i brand dal realizzare collezioni enormi che poi restano invendute. Questo significa che lo shopping di seconda mano può aiutare a prevenire lo sfruttamento eccessivo di risorse come plastica, acqua e fibre tessili in generale per produrre nuovi capi di abbigliamento. Fatta eccezione per abiti e accessori di brand high end o particolarmente lussuosi, acquistare vintage o second hand consente di risparmiare notevolmente. Non solo, spesso si parla di pezzi unici: per molti, il punto forte di questo tipo di acquisti è l’opportunità di scoprire articoli non venduti nei negozi delle più popolari catene che, oltre a ripetere fino allo sfinimento quanto dannose siano per il pianeta, offrono abiti e stili piuttosto massificati.
Una boutique vintage è una macchina del tempo
Entrare in una boutique vintage è un po’ come salire su una macchina del tempo: oltre a vestiti, gioielli e accessori, alcune boutique vintage possono offrire anche articoli di arredamento o mobili in linea con il periodo storico di specializzazione, creando un’esperienza unica e immersiva per i clienti. «Credo che ogni negozio vintage abbia in qualche modo la sua peculiarità, a partire dal tipo di ricerca che viene fatta» spiega Anita Ottaviano, founder della boutique Nomad vintage roots in via Ignazio Ciaia a Milano. «La mia ricerca parte dal viaggio, io e il mio van viaggiamo in giro per l’Italia e l’Europa per scovare capi. Io li seleziono uno ad uno: è importante per me che abbiano una storia, un vissuto e che appartengano ad epoche diverse, è anche per questo che il mio negozio si chiama Nomad. I kilt ad esempio li prendo in Scozia, non avrebbe senso cercarli altrove. Il risultato della mia ricerca è un buon mix di capi e accessori vintage e second hand uomo e donna che vanno dagli anni 60 agli anni 90». Ottaviano colloca infatti come vintage tutto quello che è stato realizzato prima del 2004, in epoca pre-fast fashion se così si può dire. «Passati i 20 anni un capo può considerarsi vintage».
Veniamo alla questione del prezzo «Il numero scritto sul cartellino lo stabilisco in base al valore intrinseco del capo, al tipo di impegno nella ricerca che ho fatto e, chiaramente, anche in base al tipo di tessuto, alla manifattura e al periodo o all’epoca nel quale è stato prodotto». Il vintage è un settore che sta guadagnando sempre più successo e i numeri sembrerebbero confermarlo «Ho aperto a giugno di quest’anno, in media adesso posso dire di avere circa un centinaio di clienti a settimana». Da una parte la recessione economica e dall’altra una consapevolezza ambientale più diffusa hanno determinato la congiuntura perfetta per far sì che questo settore stia conoscendo il suo momento migliore. Stando ai dati pubblicati nel Rapporto nazionale 2024 pubblicato dall’Osservatorio sul Riutilizzo, solo nel 2021 sono state 232 mila le tonnellate di beni che hanno trovato una seconda vita.
Second hand, dal lusso pre-loved ai thrift shop
Come abbiamo detto per guadagnarsi la categoria di second hand l’unico requisito è quello di essere giù stato posseduto da qualcuno e poi essere stato messo di nuovo sul mercato. Questa categoria, a priori, non dà indicazioni né di qualità né di fascia di prezzo, ma generalmente si parla di capi e accessori recenti, che non si possono tecnicamente definire vintage insomma. In questo cluster sono racchiusi quindi tutti quegli abiti o accessori che sono già stati utilizzati ma che sono ancora in buono stato e possono essere destinati ad una nuova vita. Va da sé quindi che la definizione di second hand sia applicabile tanto a prodotti di marchi del lusso quanto ad abiti e accessori molto meno costosi. Ai secondi di solito sono destinati i thrift shop, ovvero negozi in cui si trovano abiti e accessori di qualunque genere e il cui costo generalmente è molto contenuto, per i secondi invece esistono dei rivenditori qualificati, in primo luogo digitali, che si occupano di valutare le condizioni e certificare l’autenticità degli articoli messi in vendita e che hanno contribuito sensibilmente al successo del segmento del luxury second hand.
Studi condotti da Boston Consulting Group hanno evidenziato come il mercato del second hand stia crescendo a ritmi doppi rispetto a quello primario: le proiezioni della società indicano una crescita annua del 20-30 per cento nel giro di pochi anni: il mercato del second hand di alta gamma è oggi valutato tra i 100 e i 120 miliardi di dollari per quanto riguarda abbigliamento, calzature e accessori. In parte questo successo è dovuto anche a piattaforme come Vestiaire Collective, The Real Real e Rebelle, che hanno reso cool e desiderabile l’acquisto dei prodotti di seconda mano. Con l’invenzione del termine pre-loved, Vestiaire Collective ha innescato il meccanismo del desiderio per quanto riguarda tutti quegli oggetti, abiti o accessori, appartenenti a maison blasonate o a brand del lusso, che sono già stati utilizzati da qualcun altro. In poche parole comprare abiti e accessori second hand non è più considerato qualcosa che si fa per necessità economica, ma per scelta, tanto ambientale quanto di stile.
Il business del resell
Gli abiti lo abbiamo detto, perdono valore in fretta. Non tutti però e, soprattutto per quello che riguarda i beni di lusso, il margine per rivendere abiti e accessori è molto ampio e nel caso ad esempio di retailer come Vestiaire Collective, gli acquisti di second hand di alta gamma sono protetti da un processo di controllo e autenticazione molto rigido. Per quanto rguarda Vestiaire Collective, ad esempio, gli autenticatori sono 90 in tutto il mondo, mentre i controllori di qualità 50 dislocati in 6 centri di autenticazione worldwide. La società garantisce infatti la conformità agli standard del marchio del quale si sta vendendo un prodotto, con rimborsi se tali standard non dovessero venire soddisfatti. Ogni articolo viene infatti sottoposto a un meticoloso esame, sia fisico sia digitale, e a un rigoroso controllo di qualità.
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