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Smartify, lo Shazam delle opere d’arte
Quante volte capita di imbatterci in schiere interminabili di adolescenti ignari di qualsiasi elementare nozione di storia dell’arte, eppure tenacemente abbarbicati al proprio smartphone. O magari in comitive di turisti in gita, che si aggirano tra pinacoteche e musei con sguardo incuriosito ma un po’ spaesato. È sicuramente pensando anche a loro che una compagnia
Quante volte capita di imbatterci in schiere interminabili di adolescenti ignari di qualsiasi elementare nozione di storia dell’arte, eppure tenacemente abbarbicati al proprio smartphone. O magari in comitive di turisti in gita, che si aggirano tra pinacoteche e musei con sguardo incuriosito ma un po’ spaesato.
È sicuramente pensando anche a loro che una compagnia londinese ha ideato, e reso gratuitamente scaricabile sul proprio telefonino, l’applicazione Smartify che consente di scannerizzare attraverso la fotocamera del cellulare l’immagine, cartacea o dal vivo, di un’opera d’arte e di svelarne, automaticamente e all’istante, il titolo e l’autore, ricevendo inoltre una serie di informazioni storico-critiche e contributi audiovisivi correlati.
Insomma, come recita lo slogan promozionale nell’era dell’iperconnessione internet ininterrotta arriva uno strumento finalizzato a “connettere” gli individui con il patrimonio artistico circostante, capace al tempo stesso di apparire innovativo e alternativo rispetto ai vari dispositivi tecnologici già ampiamente diffusi in ambito museale e non.
Un database personalizzabile e in continua espansione
Smartify, disponibile da un paio di mesi per entrambi i sistemi operativi Android e iOS, rivela fin dalla propria denominazione l’intento di associare in un prodotto inedito le prerogative di altre due app divenute ormai celebri, ovvero Shazam, che ha già introdotto il riconoscimento automatico per i brani musicali, e Spotify, che prevede la possibilità di creare una playlist personalizzata in base ai suggerimenti digitali calibrati sui precedenti ascolti dell’utente.
Trasponendo entrambe le funzioni dal contesto musicale a quello artistico, Smartify aggiunge all’identificazione dell’opera tramite scanner la possibilità di raggruppare i propri capolavori preferiti in una sorta di “collezione” virtuale personalizzata.
Dunque attraverso un simile dispositivo siamo ormai ampiamente oltre la già collaudata idea del museo virtuale o della visita “a distanza”, e il livello di interattività comincia a diventare decisamente più sofisticato, se consideriamo che negli ultimi tempi l’universo della telefonia mobile pullula di strumenti informatici abbastanza simili, come le due app Magnus, espressamente orientato sul mercato dell’arte e sulle aste, o Arts&Culture di Google.
Ma rispetto ad altri prodotti concorrenti, Smartify lascia presagire una più rapida e consistente espansione, potendo già avvalersi della collaborazione di alcune prestigiose istituzioni museali internazionali, quali il Louvre di Parigi, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Metropolitan museum di New York, il Laguna art museum di Los Angeles, la Wallace collection di Londra e, in Italia, il Museo San Donato di Siena.
Grazie all’adesione graduale delle varie sedi espositive, e al loro consenso all’utilizzo dei diritti di riproduzione delle opere, Smartify potrà contare su un database sempre più ampio di capolavori e i musei, dal canto loro, avranno a disposizione una preziosa fonte di rilevazioni statistiche riguardo a tempi e modi di fruizione delle opere (ad esempio su quali tra di esse attraggano il maggior numero di visitatori).
L’opera come finestra sul mondo e sulla storia
Se mai servissero ulteriori lampanti dimostrazioni riguardo ai possibili proficui impieghi delle tecnologie informatiche in favore della cultura e della conoscenza, Smartify può rappresentare il classico esempio da manuale.
Se si pensa infatti al cosiddetto “ipertesto” digitale e al gioco di rimandi, link o “finestre” virtuali in cui esso consiste, non è difficile accorgersi di come l’opera d’arte rappresenti la struttura ipertestuale per antonomasia.
Ogni opera, infatti, rinvia automaticamente ad un’inesauribile quantità di informazioni e collegamenti, dal periodo storico alla biografia dell’artista, dall’identità del personaggio/evento eventualmente ritratto alla tecnica di realizzazione del manufatto o alla corrente artistica di appartenenza, e così via.
Smartify sfrutta dunque questa naturale complessità degli oggetti d’arte guidando gradualmente l’utente ad acquisire dati dapprima elementari (come titolo e autore) e poi sempre più dettagliati sulla loro genesi e sul loro significato.
Se allora ogni immagine artistica è, come acutamente sintetizzava il filosofo italiano Nicola Abbagnano, un “progetto di osservazioni possibili”, tentare di deviare verso di essa una piccola percentuale di tutta l’attenzione quotidiana profusa nella nostra simbiosi con lo smartphone, può rischiare davvero di ampliare il nostro sguardo sul mondo.
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