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Si spiegano così il tasso di motorizzazione elevato e la vetustà del parco circolante. Uno studio Unrae fotografa il rapporto tra gli italiani e le auto
Gli italiani schiavi dell’auto? Vero, ma solo in parte. Uno studio condotto da Unrae, l’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, ribalta alcuni luoghi comuni. A partire dall’utilizzo medio del proprio mezzo, che è più contenuto rispetto a quello degli automobilisti europei. Un dato positivo solo in apparenza: percorrendo meno chilometri, infatti, i nostri connazionali tendono a tenere l’auto più a lungo, esponendola ad un’obsolescenza tecnologica più marcata. Un uso meno efficiente sotto il profilo economico, data la maggiore incidenza dei costi fissi per chilometro, con importanti conseguenze ambientali e sociali dovute all’invecchiamento del parco circolante.
Lo studio “L’automobile: italiani a confronto” parte dall’analisi di due primati italiani poco invidiabili nel confronto con gli altri quattro principali paesi continentali (Regno Unito, Francia, Germania e Spagna): il tasso di motorizzazione più elevato – con 642 auto per 1.000 abitanti contro una media di 553 – e il parco più vetusto a eccezione della Spagna, con una età media di 12,2 anni. Gli italiani, con più di un veicolo in famiglia, usano un numero di vetture superiore rispetto agli automobilisti dei maggiori paesi europei, tenendole per più tempo. Meno noto è il fatto che gli italiani vantino una più bassa percorrenza media, sia per persona che per vettura: 6.680 chilometri l’anno a testa rispetto a una media di 7.052 chilometri, e 10.712 chilometri l’anno per vettura contro 12.743 chilometri di media fra gli altri quattro paesi. I tedeschi si collocano al primo posto, con 7.811 chilometri l’anno pro-capite e 13.602 per vettura.
La modalità e la diversa frequenza di utilizzo dell’auto da parte degli italiani derivano da più fattori: socio-economici, geomorfologici e urbanistici. Ma al di là delle possibili spiegazioni, i dati dello studio confermano ancora una volta quanto il nostro parco circolante sia vetusto, inquinante e insicuro: oltretutto la situazione è in progressivo degrado, con l’età media delle auto italiane salita nell’ultimo decennio addirittura del 44 per cento. In prospettiva, la situazione è tutt’altro che rassicurante: ai volumi di mercato attuali, il ciclo di sostituzione avrebbe una durata di 27 anni, 5 in più della media degli altri principali paesi europei. Il tutto mentre la decarbonizzazione dei trasporti imporrebbe una netta accelerata: nel 2050, 15 anni dopo il previsto stop alla vendita di auto endotermiche, circolerebbero ancora vetture presenti oggi sulle nostre strade.
Questi dati, evidenzia il direttore generale dell’Unrae Andrea Cardinali, “dimostrano la necessità e l’urgenza di robuste politiche di sostegno ad un cambiamento radicale del parco auto: dallo stimolo alla domanda di privati e aziende sino alla capillare infrastrutturazione per la ricarica elettrica, pubblica e privata, e per il rifornimento di idrogeno, passando per una revisione strutturale della fiscalità sia privata che aziendale, senza dimenticare le esigenze di equità sociale e coesione territoriale”. È infatti noto il ritardo dell’Italia in tema di auto con la spina: nel parco circolante l’Italia ha una quota di vetture elettriche dello 0,3 per cento, la più bassa insieme alla Spagna, lontana dall’1,4 per cento di Germania e Francia e dall’1,1 per cento del Regno Unito. In Italia, inoltre, si registrano fortissime disparità territoriali per tutti gli indicatori: rispetto al Trentino-Alto Adige, la regione più virtuosa, l’età media del parco circolante risulta più alta del 50 per cento in Campania, mentre la quota di vetture con oltre 15 anni di età è quasi doppia in Calabria. Sempre in Calabria, la quota di elettriche è poco più di un decimo di quella in Trentino-Alto Adige, mentre la quota di vetture comprese tra Euro 3 ed Euro 0 è 2,3 volte più alta.
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