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Un film documentario con giovani artisti e un grande concerto per raccontare il vero volto delle periferie di Milano: tutto questo è Blues in Mi.
“Le periferie di Milano vengono spesso dipinte come un luogo quasi simile al West. Io, che conosco bene la mia città, perché l’ho girata, ci sono nato e ho scritto tante canzoni su di lei, sapevo che non era esattamente così. Sapevo che si poteva fare delle periferie una narrazione diversa. Per questo è nato il mio ultimo progetto”. Queste sono le parole di Folco Orselli, cantautore e ideatore di Blues in Mi: quartieri, identità di Milano, che ha l’obiettivo di dare spazio, corpo e voce alle persone che vivono nei quartieri periferici spesso vittime di una narrazione distorta e alle iniziative artistiche e culturali che lì si svolgono.
“Mi è venuta voglia di raccontare che le periferie non sono solo luoghi selvaggi tipo Bronx, ma sono luoghi che ospitano energie potenziali da andare a riscoprire e da valorizzare, a partire dai giovani artisti che in quei luoghi risiedono. Siamo partiti con la musica, ma daremo spazio a diverse forme d’arte e di sport”.
Obiettivo del progetto è realizzare cinque docufilm, che confluiranno in un unico film-documentario e in un grande evento concerto per restituire alla comunità gli sforzi di circa due anni di “ricerca identitaria”. A costituire il fil rouge di tutta la narrazione è la musica blues. “Primo, perché è lo stile che mi accompagna da quando ho iniziato a suonare e secondo perché il blues non è soltanto un genere musicale: rientra più nella sfera dei sentimenti,” racconta Folco. “Si tratta di uno di quegli stili musicali che rendono difficile fingere. Il blues è qualcosa che si ha dentro, se non ce l’hai, si vede. E poi, il blues nasce nei campi di lavoro, come musica di liberazione dalla schiavitù. Ecco, forse ci sono ancora delle schiavitù mentali dalle quali bisogna liberarsi, quando si parla di periferie. Per questo, penso sia il genere più adatto per il progetto”.
Il primo docufilm è già stato pubblicato lo scorso 27 ottobre, si svolge nei quartieri dell’Ovest milanese, Baggio, Giambellino e San Siro, e si intitola Hip hop, rap e trap, la musica dei quartieri. Protagonisti sono i giovani artisti Lokita, Islam Malis e Jay Dee e l’obiettivo è far dialogare attraverso la musica tre culture: italiana, egiziana e filippina.
“Per il primo docufilm, ho svolto io stesso le ricerche su Instagram su Facebook. Per il secondo episodio abbiamo invece lanciato una ‘call to action’ in radio e in metrò. In particolare, nelle stazioni della Metropolitana di Milano abbiamo ottenuto, grazie a IgpDecaux nostro media partner, 240 spazi per due settimane per pubblicizzare il progetto attraverso dei cartelloni con un QR code che rimanda alle informazioni sul secondo docufilm. Stavolta abbiamo scelto come tema la danza e lo sport, in particolare quelli che si praticano di più in periferia, come il parkour, lo skate, il pattinaggio a rotelle, insomma gli sport più ‘urban’”.
La ricerca ha riguardato i ragazzi e le ragazze dai 18 ai 25 anni, che risiedono nella periferia di Milano. “Parallelamente, abbiamo contattato anche le scuole di ballo e le palestre di periferia, facendoci mandare dei filmati dei ragazzi. L’obiettivo finale è stato portare 40 giovani, 20 ragazzi 20 ragazze, ai casting effettivi svolti poi a gennaio a The DAP – dei Missaglia art park di Urban Up |Unipol, nostro sponsor”. Obiettivo di Orselli, però, non è stato solo selezionare talenti, tre per la danza e tre per lo sport, ma soprattutto ascoltare le voci dei giovani, le loro idee sulla città e sul futuro. Il secondo episodio è stato girato in primavera 2023.
La speranza, è che il progetto contribuisca in maniera concreta a superare il pregiudizio che grava sulle periferie di Milano e sui suoi abitanti. “Questa è l’azione che mettiamo a disposizione della città”, conclude Orselli. “I giornali e i media preferiscono raccontare l’aspetto malavitoso delle periferie, le baby gang, le situazioni di degrado. Con questo progetto, noi cerchiamo invece di dare voce ai ragazzi che non si riconoscono soltanto in quella narrazione. Quello che facciamo con Blues in Mi è dare la possibilità ai giovani di esprimere i propri ideali, la propria visione del mondo, raccontando un’altra storia della periferia. Chi la guarderà, valuterà”.
Il nuovo risultato di Blues in Mi è Green river blues dancing sport, nuovo capitolo del progetto docufilmico di Folco Orselli, stavolta articolato in sette appuntamenti. Protagonisti dei video sono sette ragazzi e sette ragazze di 14 quartieri periferici della città.
Nel primo appuntamento, il tema di cui si è parlato è “Cosa pensi del tuo quartiere”? Al centro degli interventi dei ragazzi, le opportunità, i limiti, i problemi, le possibili soluzioni. Qui le voci dei giovani artisti intervistati da Orselli.
Il secondo appuntamento di Green river blues dancing sport è dedicato alla sicurezza, reale e percepita, dei quartieri periferici della città. Un tema oltre che concreto, soprattutto politico, in cui spesso si enfatizzano o minimizzano i problemi, a seconda della convenienza. Ma cosa pensa davvero chi vive, ogni giorno, i quartieri di periferia? Quell’aura cupa che li circonda ha davvero ragione di esistere? E se sì, quali sono le possibili soluzioni? Ascoltiamole dalle parole dei giovani artisti selezionati per il progetto.
Questo il terzo tema affrontato dai ragazzi che partecipano al secondo documentario di Blues in Mi. La questione dell’integrazione è particolarmente sentita a Milano e non sempre si può considerare “risolta”. Alcuni giovani, nati e cresciuti nelle periferie milanesi, dunque italiani, per il colore della pelle o per il taglio degli occhi si sentono chiedere quali siano le loro origini, cosa che magari non accade all’estero. Per altri, si continua a vivere su linee parallele, distanti gli uni dagli altri. Quali possono essere le soluzioni. Ecco cos’hanno risposto i ragazzi a Folco.
Lo sappiamo, Milano è una delle città più care d’Italia e il costo della vita è elevatissimo. Per un giovane che studia o si sta preparando a una carriera artistica, è molto difficile prendere un appartamento in affitto, pagare le spese, a volte anche solo uscire a cena o vivere la città. Milano, poi, così ossessionata dalla “cultura della performance”, ci mette a dura prova. Vale la pena di sacrificare la propria felicità per rimanere al passo di questa corsa forsennata? Qui le risposte dei ragazzi che partecipano al progetto.
La più europea delle città italiane: così viene presentata Milano negli ultimi tempi. Ma è la verità? Davvero possiamo paragonarla a Parigi, Londra o Berlino? A che punto siamo per poter affermare che davvero Milano è una città internazionale? Ecco cosa pensano i ragazzi di Green River Blues Dancing Sport.
Si chiamano Neet – e sono i giovani tra i 15 e i 29 anni “Not in education, employment or training”, ovvero che non stranno seguendo percorsi scolastici o di formazione e che non lavorano e la pandemia ha purtroppo aggravato questo fenomeno. Gli artisti di periferia intervistati da Folco Orselli raccomandano ai loro coetanei di provare a concentrarsi su di sé, sui propri sogni, di ignorare “il fumo” che proviene dai social e che fa sembrare tutti con vite più belle della propria, per iniziare a esplorare il proprio mondo e guardarsi dentro, a volte, anche chiedendo aiuto.
Cosa chiedono i giovani che abitano in periferia al Sindaco di Milano? In questa ultima puntata del secondo capitolo di Blues in Mi, Folco Orselli ha stimolato i ragazzi a avanzare domande e proposte. Per alcuni, aiutare e supportare i quartieri periferici significa avere, tra qualche anno, una Milano più sicura; per altri, non bisogna trascurare la periferia e inserirla nel movimento di cambiamento che sta investendo tutta Milano; altri ancora chiedono edilizia accessibile e più spazi verdi. La voce della periferia è qui, ascoltiamola.
Blues in MI: quartieri identità di Milano ha il patrocinio del Comune di Milano e della Fondazione Cariplo. Il progetto è realizzato grazie al contributo di Urban Up e Unipol e in collaborazione con Play for Change. LifeGate è tra i media partner dell’iniziativa.
Per saperne di più e partecipare ai casting per i prossimi docufilm, si può visitare il sito di Blues in Mi.
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