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La voglia di vivere e di amare gli altri così come sono, nei film candidati all’Oscar 2018
Le abbiamo scelte perché parlano di tematiche importanti, ma prima di tutto di umanità e di amore. L’attesa per la notte degli Oscar è ancora lunga, ma passerà più velocemente con queste pellicole che fanno riflettere e innamorare.
Questi film raccontano storie di persone che hanno avuto e continuano ad avere coraggio, che non si tirano indietro di fronte alle sfide e, soprattutto, di fronte alla vita. Si battono perché sia migliore, o semplicemente ne assaporano ogni istante. Per questo sono candidati al premio Oscar 2018, il traguardo più ambito e più antico nella storia del cinema giunto alla 90esima edizione. Il nome ufficiale è Academy Award e viene assegnato alle opere cinematografiche che più si sono distinte in diverse categorie. Quest’anno la tanto attesa notte degli Oscar, momento in cui vengono rivelati i nomi dei vincitori nella suggestiva cornice del Dolby Theatre di Hollywood, a Los Angeles, è il 4 marzo. In attesa di quella data, lasciatevi trasportare dalle emozioni.
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Chiamami col tuo nome, Luca Guadagnino (2017)
Tratto dal romanzo di André Aciman, il film che quest’anno rappresenta l’Italia agli Oscar ci porta in un’assolata campagna lombarda degli anni Ottanta, nella villa di una famiglia colta e poliglotta. Il regista è riuscito a cogliere la bellezza struggente del primo amore, con una naturalezza disarmante e priva di qualunque stereotipo, immortalando la voglia di scoprire e di scoprirsi del giovane Elio, le sue insicurezze e la totalità del suo sentimento nei confronti di Oliver, studente americano che è arrivato in Italia per perfezionare gli studi. Non c’è bisogno di filtri, non c’è bisogno di porsi domande o affrontare una tematica, questa è la vera forza del film. Non è facile capire il significato del titolo: da vedere per scoprirlo (e per innamorarsene).
Chiamami col tuo nome ha ricevuto quattro candidature all’Oscar: miglior film, miglior attore protagonista (Timothée Chalamet nel ruolo di Elio), miglior sceneggiatura non originale, miglior canzone (Mystery of love).
https://youtu.be/kOCqNdDtCn4″]https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=sRudUWG7e7A&has_verified=1
Strong Island, Yance Ford (2017)
“William sapeva che eri gay”. Solo l’anno scorso Yance Ford ha scoperto che suo fratello non è morto senza averlo conosciuto davvero. Quando l’hanno ucciso era il 1992, Yance aveva solo 19 anni. Ammette di aver scoperto tante cose di William nel decennio in cui ha lavorato al film Strong Island, di cui è regista. Sono il suo volto e le sue parole a raccontare il silenzio che ha divorato la sua famiglia dopo l’omicidio. Lo stesso silenzio di una nazione che ha assolto il colpevole nonostante William fosse disarmato. Yance Ford prova a spiegarci com’è vivere ogni giorno con la consapevolezza che se ad essere afroamericano non fosse stato suo fratello, ma chi l’ha ucciso, a quest’ora l’assassino sarebbe stato in prigione. Perché, dice, un’America post-razziale non è mai esistita.
Strong Island è candidato all’Oscar come miglior documentario.
https://youtu.be/h64qugj_iDg”]https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=sRudUWG7e7A&has_verified=1
Last men in Aleppo, Firas Fayyad, Steen Johannessen, Hasan Kattan (2017)
Sarebbe più facile fuggire, ma non è quello che vogliono Khaled, Subhi e Mahmoud: loro hanno scelto di restare. Non si tratta solo di provare ad andare avanti, quanto di voler andare a dormire con gli incubi della guerra, certo, ma non con i sensi di colpa per essere rimasti a guardare. Per questo ogni giorno scavano a mani nude tra le macerie per recuperare i sopravvissuti ai bombardamenti. E ogni vita salvata è una vittoria, una gioia talmente grande da sovrastare per un attimo il rumore delle bombe. “La guerra tira fuori il peggio degli uomini, ma allo stesso tempo tira fuori anche il meglio di noi”, è ciò che crede il regista Firas Fayyad. Il suo film, girato sul campo, mostra il lavoro dei Caschi bianchi in Siria – volontari come Khaled, Subhi e Mahmoud. Un’occasione per provare a capire chi sono davvero, dato che la loro figura è stata più volte messa in discussione.
Last men in Aleppo è candidato all’Oscar come miglior documentario.
https://youtu.be/WrJ8zpgMGOg”]https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=sRudUWG7e7A&has_verified=1
Traffic stop, Kate Davis (2018)
L’obiettivo è quello di far nascere una conversazione… a partire da una conversazione. Breaion King, un’insegnante afroamericana, viene fermata dalla polizia e invitata ad accostare. Quella che era soltanto una banale infrazione del codice stradale si trasforma in un drammatico arresto, Breaion viene tirata fuori dall’auto con violenza, sbattuta a terra e ammanettata. Durante il tragitto verso la stazione di polizia, la ventiseienne intavola una discussione con l’agente alla guida, aprendo il suo cuore per provare a capire, anche se è difficile, perché cose come questa accadono ancora negli Stati Uniti. La breve storia vuole servire da spunto per una conversazione più ampia, che coinvolga tutti. 30 minuti di documentario riassumono una questione che va avanti fin dall’epoca coloniale, quella dei diritti civili.
Traffic stop è candidato all’Oscar come miglior cortometraggio documentario.
Watu Wote: All of us, Katja Benrath (2016)
“Uccideteci tutti, o lasciateci in pace”. Il 21 dicembre del 2015 alcuni terroristi affiliati ad al-Shabaab hanno attaccato un autobus che viaggiava da Nairobi a Mandera, in Kenya, e hanno ordinato ai passeggeri di separarsi in due gruppi. Ma i musulmani hanno detto no: hanno voluto proteggere i cristiani, rimanendo al loro fianco. Addirittura, hanno dato loro degli abiti con cui confondersi in mezzo al gruppo. Due persone sono rimaste uccise, ma i terroristi sono stati costretti ad andarsene. La regista Katja Benrath vuole dimostrare che il terrorismo non è una questione di religione, al contrario, le diverse fedi trovano un punto d’incontro nella lotta contro un nemico comune. E questa candidatura all’Oscar dimostra che il Kenya ha ancora tante storie da raccontare.
Watu Wote è candidato all’Oscar come miglior cortometraggio.
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E per concludere, un suggerimento fuori concorso
In concomitanza con l’annuncio delle nomination agli Oscar, a un migliaio di chilometri di distanza veniva presentato al Sundance film festival 2018 il film Anote’s Ark. È dedicato ad Anote Tong, ex presidente di Kiribati che ora si batte per garantire un futuro dignitoso ai suoi nipoti e a tutti gli altri abitanti dello stato isola, un luogo straordinario nell’oceano Pacifico che rischia di scomparire per sempre a causa dell’innalzamento del livello dei mari. Le immagini ci raccontano cosa significa trovarsi davvero di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici, e a dover lottare per sopravvivere.
Leggi anche: Anote’s ark, il documentario sulla figura di Anote Tong e sul futuro di Kiribati e dei suoi abitanti
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