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Schiacciati dal rincaro di bollette e beni primari, imprenditori, artigiani e cittadini sono scesi in piazza il 20 settembre.
20 settembre 2022: Soverato, Calabria. L’evento comincia alle 19:30 e in piazza sono già centinaia le persone che circondano Giovanni Sgrò, imprenditore locale che ha organizzato tutto. Imprenditori, artigiani, sindaci, rappresentanti di tutte le istituzioni. Tante famiglie che devono scegliere se pagare le bollette o fare la spesa.
La crisi energetica qui ha già cominciato a picchiare duro perché – come tutte le crisi – colpisce innanzitutto le fasce più deboli. Prima di me prendono il microfono artigiani e piccoli imprenditori che hanno appena dovuto chiudere o che saranno costretti a farlo nelle prossime settimane.
Un pescatore, un panettiere, una pasticceria, un gelataio. A turno riversano nel microfono la loro rabbia snocciolando i numeri delle bollette impazzite che hanno infranto i loro sogni. Chi aveva aperto da pochi mesi, chi era in piedi da 20 anni. E proprio ora che gli affari stavano decollando, dopo la pandemia, sono arrivate le bollette a buttar giù tutto come fossero birilli. Ogni storia arriva dritta allo stomaco come un pugno.
Le urla di dolore e gli applausi di incoraggiamento lasciano il posto al silenzio e allo sguardo perso di un’imprenditrice coraggiosa che ha appena chiuso l’attività. Non regge il pubblico, cede il microfono dicendo “sono ancora frastornata, non mi viene da dire niente, non dormivo più la notte”. Poche parole che emozionano. Perché fanno capire che chiudere significa sentirsi sconfitti, togliere il lavoro a quelle due o tre persone che si sono affidate a te. Sentire di tradire la loro fiducia.
Parlano le istituzioni, arriva qualche parola di conforto ma si capisce che un piano per risolvere la situazione non c’è ancora, neanche all’orizzonte. Non bastasse, gli speaker di peso aggiungono preoccupazioni alle preoccupazioni. Comincia Pippo Callipo, storico imprenditore del tonno, oltre 400 dipendenti. Anche le grandi aziende soffrono. Loro chiuderanno un giorno alla settimana riducendo gli orari per mantenere tutti i posti di lavoro.
E poi gli occhi luminosi di un grandissimo don Giacomo Panizza, fondatore di Comunità progetto sud, sotto scorta per il suo impegno contro la criminalità. Anche le comunità che ha fondato soffrono il caro energia e il rincaro dei beni primari. Soffrono forse più degli altri perché disabili, migranti e persone fragili rappresentano bene la categoria dei più deboli, di quelli che hanno meno armi per combattere e far sentire la propria voce.
E poi Don Giacomo spiega che in queste terre l’insidia è doppia. Le aziende in crisi – se non vengono aiutate subito – possono finire in mano alla ‘ndrangheta. Queste parole, pur ammorbidite dal tono pacato di don Giacomo, risuonano nella piazza facendo scorrere brividi freddi lungo la schiena di tutti i partecipanti. Mi si squarcia un velo e rivedo gli occhi ansiosi degli imprenditori che mi chiedevano consigli nelle ore prima dell’evento. “Ottimizzare la produzione, ridurre il numero di referenze per ridurre gli sprechi”, dicevo, ma ora realizzo che non avevo capito fino in fondo quale fosse la posta in gioco per loro, quale pressione si sentono sulle spalle.
Mi passano il microfono e le aspettative sono altissime. Pur essendo all’aperto, in una piazza, non vola una mosca. Vorrebbero che in qualità di esperto del mondo dell’energia spiegassi cosa è successo ma soprattutto fornissi soluzioni semplici e rapidissime. Spiegare cosa è successo è abbastanza semplice. Paghiamo 40 anni di scelte sbagliate. Abbiamo vissuto la crisi energetica del 1973-74, abbiamo visto cosa significa dipendere dall’estero per la propria energia e non siamo stati capaci di imparare la lezione, diventando ancor più legati a paesi lontani da noi per valori e democrazia. Come non bastasse, il mercato dell’energia di oggi è ancor più complicato e si basa su regole che non funzionano più. In un epoca di grandi tensioni internazionali queste regole prestano il fianco a speculazioni finanziarie ignobili. Pochissimi stanno macinando profitti incredibili e il resto del mondo finisce in ginocchio.
Le soluzioni? Vanno cambiate immediatamente queste regole e perseguite società e persone che hanno commesso abusi o ne hanno approfittato in maniera spregiudicata. Poi va sbloccata la burocrazia e indirizzato con decisione un piano nazionale di efficienza energetica e diffusione delle rinnovabili. Di nucleare si può anche discutere, ma deve esser chiaro che questa discussione non risolve la crisi energetica e climatica né nel breve né nel medio termine: anche partendo oggi in questa direzione non si produrrebbe un solo kilowattora prima di vent’anni. È una questione di tempi, e noi vent’anni non ce li abbiamo.
In piazza non ci sono addetti ai lavori ma hanno capito tutti: la soluzione strutturale al problema non sarà rapida quanto avrebbero voluto.
È un paradosso che si viva questa frustrazione in una regione, la Calabria, che produce 3 volte il proprio fabbisogno energetico. A guardar meglio sembra proprio una beffa: con le sue pale eoliche la Calabria produce il 76 per cento del proprio fabbisogno in maniera pulita ed economica, ma paga le bollette impazzite come tutti gli altri.
Si arriva al termine, Giovanni Sgrò chiude l’evento riordinando il fiume di parole ed emozioni che hanno attraversato la piazza. L’evento è riuscito, il grido di dolore ha raggiunto le istituzioni locali, le spiegazioni hanno chiarito la situazione. Capannelli di persone rimangono a parlare, tanti vengono a ringraziare e chiedere chiarimenti. Anche una deputata si presenta per approfondire. Pur essendo in campagna elettorale né lei né altri hanno cercato il microfono per farsi pubblicità e già questo sembra un miracolo, segno che forse hanno capito davvero la portata del problema.
Fa più freddo di prima ma perlomeno ci si sente meno soli. Sarà un caso, ma noto che era anche l’ultima sera d’estate, da domani comincia l’autunno astronomico. Quello “economico” in Calabria è arrivato con qualche settimana di anticipo.
Probabilmente da noi, nel ricco Nord, queste dinamiche arriveranno con un paio di mesi di ritardo perché in media le spalle degli imprenditori sono un pochino più larghe. Ma non facciamoci illusioni, se non si risolve il problema siamo tutti sulla stessa barca. Le soluzioni tecniche esistono, la Provvidenza ci ha aiutato con un paese ricco di sole e di vento, oltre che di cervelli e grandi imprenditori. È l’ora del coraggio e dell’azione per non arrenderci a scenari troppo cupi.
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