Il clima secondo Giobbe Covatta

In teatro con “6 gradi”, il comico Giobbe Covatta ha deciso di raccontare a modo suo il clima che cambia e la febbre del pianeta.

Mentre i rappresentanti dei Governi si incontrano alla Cop 20 di Lima per discutere di clima e per prepararsi alla Cop 21 di Parigi nel 2015, in cui dovrà essere presentato un nuovo accordo vincolante, in molti esprimono le proprie opinioni, preoccupazioni, strategie. Anche i comici.

 

Come Giobbe Covatta, che proprio in questi giorni ripropone sul palco del Teatro Manzoni di Milano, fino al 4  dicembre, lo spettacolo 6 gradi per raccontare a modo suo la febbre del pianeta.

 

Perché hai deciso di parlare del riscaldamento globale partendo proprio dallo scenario peggiore?

Perché i modelli scientifici sui cui lo spettacolo è in parte basato ci dicono questo. Quello che io ho fatto è stato comprimere tutto in 100 anni. Ho scelto questo lasso di tempo perché dietro a 100 anni c’è il sentimento di chi conosce personalmente i propri bisnonni e i propri pronipoti, per cui salvare il pianeta diventa un fatto personale, non più qualcosa che riguarda altri. Spero per i miei nipoti e pronipoti che non succeda tutta questa catastrofe!

 

Quale argomento ti ha divertito di più raccontare?

Quello che mi diverte di più è quando racconto del Padre Eterno, inteso come uno sguardo un po’ distante, un po’ seccato, un po’ paterno sul mondo. Quando mi metto a raccontare di lui che ci guarda dal paradiso mentre facciamo tutte le nostre stupidaggini, mi diverto, mi diverte immaginare le sue reazioni. Ovviamente non so quali siano davvero le reazioni del Padre Eterno… giuro che non ci ho mai parlato!

 

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Foto: © Gabriele Gelsi

Ma tu cosa fai per il pianeta, per abbassargli la febbre di cui parli nello spettacolo?

Io ho i difetti della mia generazione: sono un sessantenne, per cui sono stato abituato a trattare il pianeta in un certo modo. Ma ho la volontà di intervenire sui miei difetti. Mi sono accorto che trattandolo in quel modo le cose vanno male e faccio il possibile per evitarlo. Non faccio niente di straordinario: differenzio i rifiuti, non uso mai un foglio di carta da una parte sola, magari lo riuso per gli appunti della spesa o per scriverci le cose che devo fare domani. Sono cose sciocche. Ma se tutti facessimo le cose sciocche probabilmente andrebbe meglio. Se dobbiamo ridurre del 30 per cento le emissioni, cominciamo a ridurre il 2 per cento da una parte, l’1 per cento dall’altra, e gira che ti rigira si arriva al 30!

 

Se tu oggi fossi a Lima, alla Cop 20, coi rappresentanti dei Governi che devono prendere decisioni sul clima, cosa diresti loro?

Quello che penso è che il modello sia fallito, per cui vorrei un cambio di passo, non solo ecologico, ma anche solidale, che potesse in qualche maniera rimettere ordine sul pianeta. Non mi piace parlare di utopia, non c’è nulla di utopico, ma di difficile sì, perché ci si scontra con infiniti interessi economici. Quando sui 100 pil più alti del pianeta, il 60 per cento appartiene alle multinazionali, capisci che è difficile. Per questo i capi di stato dovrebbero trovare soluzioni accettabili e condivisibili. La mia sarebbe una richiesta di onestà, soprattutto intellettuale. Mi piacerebbe che dicessero pubblicamente: “Non è possibile che l’Africa possa avere le nostre condizioni. Perché se le avesse, il pianeta non sopravvivrebbe”. Se volessimo davvero che i Paesi in via di sviluppo campassero un po’ meglio, dovremmo rinunciare noi a qualcosa. E la rinuncia è sempre la cosa più difficile…

 

Pensi che parlare in modo comico del clima possa far cambiare rotta?

La comicità incuriosisce. Io non penso di poter risolvere alcun problema, ovviamente, ma penso di incuriosire, di far venire voglia di informarsi e quindi di affrontare la questione in modo diverso. Molte cose le diamo per scontate. Se chiedi a qualcuno per strada se sa come funzioni un termovalorizzatore, ti risponde non lo sa. Ci sono meccanismi e logiche che noi affrontiamo senza sapere minimamente di cosa stiamo parlando. Se non conosci il presupposto, quello che viene dopo è basato sul nulla. E allora mi farebbe piacere che la gente traesse dal mio spettacolo questo: la curiosità.

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