Il filosofo è un tafano

Socrate ci mostra come sia vero filosofo solo colui che, come “un tafano”, sottopone agli altri e se stesso una serie di martellanti domande.

Egli invita l’uomo a “conoscere se stesso”, a non aver paura a
porsi e a porre continuamente domande su ciò che lo
circonda, senza, tuttavia, la pretesa di arrivare sempre alla
risposta incontrovertibile.

Occorre essere fastidiosi come “tafani”, per evitare
“l’incantesimo” delle apparenze, spesso comodo per chi ha paura di
attraversare “il mare della vita” da solo e da uomo libero.

Ma ecco le precise parole di Socrate: ” Ché se voi
ucciderete me, non sarà facile troviate un altro al pari di
me il quale- non vi sembri risibile il paragone – realmente sia
stato posto dal dio ai fianchi della città come ai fianchi
di un cavallo grande e di buona razza, ma per la sua stessa
grandezza un poco tardo e bisognoso di essere stimolato, un tafano.
Così appunto mi pare che il dio abbia posto me ai fianchi
della città; nè mai io cesso di stimolarvi, di
persuadervi, di rampognarvi, uno per uno, standovi addosso tutto il
giorno, dovunque.”

Il Socrate – tafano diventa, allora, l’emblema del filosofo a tutto
tondo: stimolare se stessi e gli altri ad interrogarsi
sull’esistenza in un fecondo alternarsi di domande e risposte. Fino
al vero e proprio fastidio.

Fabio Gabrielli

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