Inni alla bellezza delle dee dei campi

Gli antichi sapevano che le forze della Natura sono dominate da una Grande Madre, una dea che, se venerata con la giusta enfasi, concede ricchi raccolti e prosperità.

Nella leggendaria città di Ebla (regione siriaca)
già nel III millennio a.C., s’inneggiava a
Ishkara, Signora dello Scorpione, dea della
fertilità: “La regina, stella della sera che sorge
raggiante… appare, altissima, e in tutte le terre le genti levano
il volto verso di lei, l’uomo si consola, la donna si rallegra, il
bue nel suo giogo volge la testa verso casa, pecore e capre si
radunano… Gli innumerevoli asini e le capre di Shakan, gli
animali del deserto, i prati e gli orti, i verdi boschi di canne, i
pesci degli abissi, gli uccelli del cielo… Tutti gli esseri
viventi, genti senza numero, s’inginocchiano davanti a lei”.

Gli antichi Egizi veneravano Iside. Leggiamo nel
‘Libro dei Morti’: “Grande Signora, datrice di vita… La divina,
l’unica, Signora della Nuova Era, che fa levare il sole… Regina
della terra, la più possente, Signora del tepore e del
fuoco… Signora della vita, dei raccolti, del pane,
dell’abbondanza, della gioia e della serenità”.

Nell’antica India echeggiavano canti di gioia a
Gangashtakam, dea del Gange: “Le proboscidi degli
elefanti e dei loro piccoli giocano con la Tua acqua, fragrante di
sciami d’api impazzíte, gocciolante dalla fronte degli
elefanti che vi si bagnano. La Tua corrente, bruna per il sandalo,
gocciola dal seno delle donne Siddha che vi si bagnano. Le Tue rive
son coperte d’erba sacra e di fiori, che l’acqua del Gange ci
protegga!”.

Gli antichi Greci esaltavano Gea
(Gaia) con gli Inni omerici: “Canterò Gea,
madre universale, dalle salde fondamenta, antichissima, che nutre
tutte le creature del mondo”. Sempre i Greci, testimonia Apollonio
Rodio, celebravano riti d’offerta negli altari di Cibele, e se la
dea frigia gradiva “ne apparivano limpidi segni: gli alberi davano
frutti infiniti, la terra da sé, sotto i loro piedi,
generava fiori dall’erba tenera i fiori; le belve, abbandonate le
loro tane nella foresta, venivano incontro scodinzolando…”.

Infine i bellissimi versi di Callimaco, nel III secolo a.C.:

“Salve, Demètra, grande, ricca di messi,
nutrice!…
Bianca così primavera, bianca l’estate ci rechi,
bianchi l’inverno e l’autunno la grande dea sovrana,
anno per anno a noi serbando i suoi doni…
E come le vergini portano canestri ricolmi d’oro,
d’oro abbondante così possiamo noi sempre gioire…
Salve, o Demètra: difendi la pace, felice proteggi
questa città; dei campi gli annui raccolti produci,
fertili fa le greggi, i frutti e le spighe e le messi;
anche la pace nutri, ché chi ha seminato raccolga”.

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