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Sul Nilo per “toccare” l’impatto della plastica di uno dei 10 fiumi più inquinati al mondo

Per il suo progetto 10 Rivers 1 Ocean, l’esploratore Alex Bellini ha navigato il Nilo su una zattera in compagnia di Nick Pescetto, fotografo e videomaker, per seguire il percorso della plastica che si riversa nel Mar Mediterraneo.

La costruzione della zattera procede a rilento. Sporcizia se ne trova in abbondanza ma è difficile trovare un rifiuto che sia buono da utilizzare per l’assemblaggio di un’imbarcazione, per quanto semplice: servirebbero camere d’aria, fusti o grosse bottiglie di plastica per il galleggiamento e assi di legno per la struttura. “In questi luoghi le persone sono attente ad estrarre tutto il valore dagli oggetti, non li abbandonano”, osserva l’esploratore Alex Bellini, raccontando la sua ultima impresa in Egitto. “Al contrario da noi le cose perdono valore velocemente e le sostituiamo non appena ci sia un oggetto che ci affascina perché più nuovo o appena messo sul mercato. È come se non riconoscessimo più il valore delle cose e questo è frutto di una cattiva educazione”.

Da anni Bellini si occupa e si preoccupa dell’inquinamento da plastica e della condizione delle acque del nostro pianeta. Anni di esplorazioni negli ambienti più diversi e remoti della Terra e per lo più in solitaria gli hanno permesso di conoscere innanzitutto gli aspetti più profondi di se stesso fino a che, più recentemente, ha rivolto la propria attenzione anche all’esterno. Partito con il chiedersi “Chi sono?” ora lo stimolo per Bellini arriva dalla domanda “Chi siamo e dove stiamo andando?”. La ricerca di una risposta passa attraverso l’osservazione dei cambiamenti che il pianeta sta subendo soprattutto per mano dell’uomo e del rapporto che questo ha, anzi, non ha con il mondo intorno a sè.

L’essere umano si è disconnesso dall’ambiente in cui vive ed è l’unico caso esistente in natura: nessun altro animale si è mai permesso di fare questo.

Alex Bellini

Il progetto: 10 Rivers 1 Ocean

“Mi sono reso conto che le campagne di informazione e sensibilizzazione ponevano attenzione all’ecosistema marino. Ma da dove viene tutta questa plastica?”. I grandi fiumi fungono letteralmente da nastri trasportatori che, dalla terra, portano la plastica e i rifiuti verso gli oceani. Si stima che più dell’80 per cento della plastica presente negli oceani abbia origini terrestri.

Qualche anno fa, da un’intuizione di Francesca Urso, moglie di Alex, è nato il progetto 10 Rivers 1 Ocean: navigare i dieci fiumi più inquinati al mondo su zattere costruite in loco con materiali di scarto per risalire all’origine della plastica che si riversa negli oceani e attraversare il Great Pacific garbage patch, l’isola fatta di plastica, microplastica e reti da pesca situata nell’oceano Pacifico, dove confluiscono le correnti oceaniche.


Le spedizioni di 10 Rivers 1 Ocean:

  1. Great Pacific garbage patch
  2. Gange
  3. Fiume delle Perle
  4. Nilo
  5. Mekong
  6. Indo
  7. Yangtze
  8. Niger
  9. Fiume Giallo
  10. Amur
  11. Hai He


Quando arriva in Egitto, a febbraio 2021, Bellini ha già navigato il fiume Gange, in India, e il fiume delle Perle, in Cina, e si è addentrato nella “zuppa” di plastica che si trova in mezzo all’oceano Pacifico. Ora si accinge a percorrere l’ultimo tratto del Nilo, attraversando zone agricole e industriali, la capitale Il Cairo e infine l’ampio delta del fiume, con i suoi innumerevoli rivoli e canali, fino al mar Mediterraneo, verso est, lungo il ramo di Damietta, come a seguire con la sua zattera il viaggio che la plastica compie prima di riversarsi nelle acque del Mare Nostrum. Nel primo tratto di navigazione fino al Cairo, Bellini è accompagnato da Nick Pescetto, un creativo sportivo e amante dell’avventura che lo ha accompagnato e ha documentato insieme a lui questa spedizione.

“Dal 2019, quando navigai con Folco Terzani su fiume delle Perle in Cina, mi resi conto che avrei voluto fare i miei viaggi in compagnia di un ospite e amico, affinché l’esperienza venisse vista attraverso gli occhi di qualcun altro che potesse aggiungere dettagli importanti”. Questa volta l’invito è andato a Nick Pescetto. “Nick è un ragazzo giovane, con un’audience e un’esperienza diverse dalle mie ma con la mia stessa passione. Mi aveva detto di avere molto a cuore il tema dell’inquinamento. ‘Allora vieni con me a vedere il problema da in mezzo al problema’, gli ho detto”. Nick ha accettato subito l’invito: “Volevo vivere in prima persona quelle situazioni, vedere le cose con i miei occhi insieme un esperto come Alex, che per me è un portavoce di questo problema, soprattutto in Italia”, racconta. “Con la conoscenza di Alex e il mio pubblico abbiamo unito le forze per far conoscere a tante persone giovani fatti e situazioni che vivevamo in prima persona”.

Pescetto e Bellini sulla zattera al Cairo © Nick Pescetto

Chi è Nick Pescetto

Classe 1990 di origine brasiliana e cresciuto in Liguria, Nick Pescetto è un amante dei viaggi, degli sport estremi e dell’outdoor. Si definisce un content creator, creatore di contenuti, sempre in cerca di adrenalina. Ogni sua avventura lo porta a stretto contatto con la natura e questo ha forgiato in lui una sempre maggiore consapevolezza della necessità di avere stili di vita sostenibilii. Grazie alla sua creatività e bravura con foto e video si è costruito sui social media una nutrita community di persone con le sue stesse passioni alle quali cerca di trasmettere un messaggio positivo di rispetto dell’ambiente.

Spronato sin da piccolo a fare sport e viaggiare, Nick Pescetto inizia con la bicicletta freeride e il surf da onda ma i suoi video lo ritraggono mentre fa immersioni, si tuffa da rocce altissime, scia in una neve fresca mozzafiato, vola con il parapendio e arrampica in falesia.

A 23 anni dopo l’università e una breve esperienza lavorativa capisce subito che il lavoro d’ufficio non fa per lui, lascia il posto e si butta nell’ignoto in cerca della propria strada. Oggi si guadagna da vivere inseguendo le proprie passioni e raccontando agli altri le proprie avventure, facendo dello sport in tutte le sue forme uno stile di vita.

La zattera

La costruzione della zattera è un modo per raccogliere rifiuti e trasformarli in qualcosa di valore, ma anche per creare un’occasione di scambio e confronto. Infatti Bellini e Pescetto entrano in contatto con le persone del luogo, il loro sapere e si avvalgono della collaborazione della comunità locale. “Una volta compresa la situazione e quello che stavamo cercando di fare, gli abitanti del posto ci hanno dato dei barili e ci hanno portato nei luoghi dove potevamo trovare il legno che ci serviva”, racconta Nick. “Alla fine, da tre che eravamo, alla costruzione della zattera ha contribuito una decina di persone”.

Costruzione della zattera per navigare sul Nilo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Costruzione della zattera per navigare sul Nilo © Alex Bellini
Costruzione della zattera per navigare sul Nilo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini

“È stato un grande sforzo mentale riuscire a visualizzare quello che stavamo facendo, con la grande incognita se avrebbe funzionato oppure no” racconta Pescetto. “Mi chiedevo: ‘Ma perché lo sto facendo?’, poi fermandomi a ragionare mi rendevo conto che stavamo mandando un messaggio positivo per l’ambiente ed ero un ambasciatore per una causa nobile. Allora riconquistavo la forza di impegnarmi al 100 per cento”.

Quel che conta è che la zattera si è rivelata essere molto solida e ha accompagnato i due viaggiatori per tutta la loro spedizione, nonostante questa sia stata bruscamente interrotta prima del tempo e non abbia mai raggiunto il mare, destinazione finale. Come vedremo, non tutti hanno accolto bene la spedizione, forse porprio per il suo obiettivo principale che era quello di osservare e capire le cose vivendole dall’interno.

Per quel che è durata comunque è stata sicuramente un’avventura che ha unito scoperta, cultura, attivismo ambientale e un’immersione a pelle nuda negli elementi della Terra.

Costruzione della zattera © Alex Bellini
Costruzione della zattera © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Costruzione della zattera © Gabriele Galimberti/Alex Bellini

La spedizione

Il viaggio è iniziato un centinaio di chilometri a sud della capitale. “Il Nilo attraversa delle aree industriali dove si concentrano raffinerie, cementifici, depuratori e cantieri navali dove si eseguono manutenzioni sulle imbarcazioni”, racconta Bellini. “In particolare c’è una zona, prima di arrivare al Cairo che si chiama Helwan dove ricordo che l’acqua era particolarmente sporca”.

Al mattino la sveglia suona presto. I due viaggitori si dirigono al fiume per riprendere la navigazione dove l’hanno interrotta il giorno precedente. Recuperano la zattera, la fanno scivolare sulle acque calme del Nilo, sistemano i remi e via con la corrente che li sospinge dolcemente verso nord e il mar Mediterraneo. Chiacchierano tra loro, ma spesso rimangono in silenzio, a volte interagiscono con altre persone, incuriosite da questi due personaggi che remano su una piccola zattera fatta in casa. 

“La giornata di navigazione si concludeva con l’arrivo presso il luogo scelto dal nostro assistente egiziano Mostafa che ci precedeva in auto. Uno dei suoi compiti più delicati era quello di definire, giorno per giorno, il luogo dove ormeggiare la zattera. La scelta cadeva non solo sul luogo più sicuro, ma anche sul luogo abitato dalle persone più ospitali e collaborative.

Il giorno prima di arrivare al Cairo, quando ormai i grandi palazzi svettavano all’orizzonte, ci siamo fermati in luogo abitato dalla famiglia di un pescatore. Ricordo che c’erano tanti bambini curiosi, gli adulti erano ospitali e gentili. Prima di salutarci e darci appuntamento al giorno seguente, ci siamo accordati per lasciare loro la zattera in custodia per la notte, come eravamo soliti fare. Ma per la prima volta, quel giorno, il pescatore non accettò i nostri soldi e disse che si sarebbe preso cura della zattera per il piacere di farlo. Il giorno seguente, prima di tornare al loro villaggio, ci fermammo in una pasticceria e comprammo una grande confezione di biscotti e glieli portammo in segno di ringraziamento”.

Alex Bellini

“Per la prima volta, quel giorno, il pescatore non accettò la nostra mancia dicendo che si sarebbe preso cura della zattera per il piacere di farlo”. Foto © Nick Pescetto.

Intanto Alex Bellini e Nick Pescetto raggiungono la capitale: passano sotto ponti stradali, intravedono scorci della città che si affacciano sulle sponde, osservano la sporadica attività sulle rive e i rifiuti che l’acqua porta con sé.

“Il viaggio in zattera non è stato particolarmente faticoso, benché si dovesse remare per molte ore al giorno e il vento fosse costantemente contrario. Speravamo di poter utilizzare una vela rudimentale che avevamo imbarcato ma non ci è mai stato possibile”, commenta Bellini. Nick Pescetto, invece, ha altri ricordi: “Pensavo che la zattera sarebbe stata più pesante, ma più che altro era scomoda. Non amo stare seduto a lungo quindi all’inizio è stato un po’ faticoso mentalmente”.

Rifiuti sul Nilo presso Al Ayyat © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Il Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Navigazione sul Nilo nei pressi del Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Il Cairo © Alex Bellini
Ponte Al Marazeek © Alex Bellini

Il fiume, la città e i rifiuti

Il Nilo è stata la culla di civiltà antiche e millenarie e ancora oggi rappresenta un elemento imprescindibile per la vita degli egiziani: fornisce il 90 per cento dell’acqua dolce di tutto il Paese e l’80 per cento degli abitanti vive sulle sue sponde. Soprannominato il padre dei fiumi africani, è il più lungo fiume del mondo, ha diverse sorgenti e nel suo percorso lungo 6.600 chilometri bagna 10 Paesi, ma Il Cairo, con i suoi quasi 20 milioni di abitanti, è senz’altro la città più grande che incontra e da cui esce particolarmente inquinato. È qui che il fiume subisce il più forte impatto dell’attività umana ed è proprio per questo che Bellini ha scelto di percorrere questo tratto.

Il fiume non sembra essere una presenza determinante nella vita quotidiana dei cairoti. L’interazione con esso è limitata, anche se offre ristoro dal caldo e dal caos della città. “Il fiume è distante, si trova 7 o 8 metri sotto il livello stradale e se stai in città puoi anche dimenticarti che esiste. È frequentato poco dagli abitanti del Cairo, per lo più da appassionati di sport acquatici, sempre più giovani, stimolati anche dal modello europeo che propone sport, running, outdoor e vita all’aria aperta”. Ad esempio Bellini cita persone come Jomana Ismail, un’atleta egiziana di sup che ha remato per 250 km da Minya al Cairo per sensibilizzare le persone sul problema della plastica e ha percorso a piedi la lunghezza del Nilo, da Aswan al Cairo, o Omar El Galla che ha navigato in kayak per 1.500 chilometri sul Nilo, fino al delta. Questi sportivi, benché pochissimi, contribuiscono al dibattito sulla salute e sulla tutela del fiume.

“È importante osservare la città perché sarà l’ambiente in cui la maggior parte delle persone si troveranno a vivere in futuro, capire quali saranno le sfide, le minacce, ma anche le opportunità in relazione alla gestione dei rifiuti”. Proprio i rifiuti, infatti, sono al centro di questa spedizione durante la quale Alex Bellini e Nick Pescetto sono stati testimoni di esperienze preziose, sia su terra che in acqua.

Percentuale di persone nel mondo che vivono nelle città

(dati UN Habitat, “World Cities Report 2020”)

55%
oggi

68%
nel 2050

Garbage City e i rifiuti del Cairo

Una delle esperienze più toccanti di questo viaggio è stata la visita a Garbage City, la città della spazzatura, un quartiere dove vivono e lavorano circa 60mila persone, cristiani copti che sin dagli anni Settanta si occupano della gestione dei rifiuti di tutta Il Cairo. Sono gli zabaleen, così si chiamano queste persone, letteralmente “raccoglitori di i rifiuti”, che negli anni si sono affermati come netturbini informali ma a ben guardare sono dei veri e propri paladini del riciclo e prestano un servizio ineguagliabile alla comunità. bi

Gli zabaleen raccolgono porta a porta i rifiuti indifferenziati e li portano a Garbage City, separano a mano quelli organici da quelli solidi e differenziano vetro, plastica e alluminio che poi preparano per il riciclo. Il rifiuto organico viene dato ai maiali che sono allevati nel quartiere e poi macellati e venduti. L’alluminio viene fuso in piccoli laboratori e inviato già sotto forma di materiale processato alle industrie che lo acquistano per rigenerarlo. La plastica viene trasformata in pellet e venduta ad aziende egiziane ed internazionali.

Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Nick Pescetto
Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Nick Pescetto
Garbage City, il quartiere spazzatura del Cairo © Nick Pescetto

In Egitto, così come in altri Paesi musulmani, i cristiani sono spesso associati al mestiere di spazzini e netturbini. Nel caso degli zabaleen non potrebbe essere altrimenti, considerando che i maiali sono ingranaggi fondamentali del sistema, allevati e macellati e venduti esclusivamente nelle macellerie dei cristiani, visto che i musulmani non mangiano carne suina.

Su queste persone poggia un sistema che, per quanto molto imperfetto, ricicla l’85 per cento dei rifiuti urbani e riesce a mantenere in ordine una città altrimenti caotica.

Certo le loro condizioni di vita non lasciano indifferenti.

“È il profumo dolciastro, a tratti acido della frutta in decomposizione la prima cosa che colpisce entrando nel quartiere del Cairo chiamato Garbage City”, ricorda Bellini. “Qualcuno dice che addirittura qui la gente abbia fatto fortuna… io un po’ lo trovo difficile da credere”, racconta Bellini. “Quel che so è che io e Nick ci guardavamo e non trovavamo le parole per descrivere quel che vedevamo”.

Pescetto ammette che entrare a Garbage City è stata un’esperienza traumatica. “È difficile pensare che ci siano persone che vivono in questo modo, d’altra parte questo è un sistema che li fa lavorare, un modo per guadagnarsi da vivere”. E da tutto questo ha imparato molto: “Vedere queste scene mi ha fatto cambiare attitudine verso i miei consumi quotidiani, mi ha fatto pensare a quanto facile sia comprare qualcosa di nuovo invece che sistemare e riutilizzare quello che abbiamo”. 

Visitare Garbage City genera un misto tra orrore e speranza per il futuro perché il posto sembra un girone dantesco e ha qualcosa di infernale, ma queste persone fanno davvero miracoli. Da una parte ti colpiscono la bruttezza e il degrado dei luoghi in cui vivono donne, uomini e bambini; dall’altro l’ingegno che ha portato queste persone a ritagliarsi un ruolo di spazzini al Cairo e mettere in piedi un sistema da cui tutti traggono beneficio

Alex Bellini

Garbage City, Il Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Garbage City, Il Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Garbage City, Il Cairo © Gabriele Galimberti/Alex Bellini

Le politiche di Governo sui rifiuti

L’esistenza di Garbage City è dovuta al fatto che il governo della città ha sempre avuto un ruolo marginale e ha lasciato sostanzialmente che il sistema si organizzasse in modo informale. “Non che il problema dei rifiuti e dell’inquinamento fosse fuori dal loro radar ma sono altre le sfide più pressanti: la qualità dell’aria, il sistema di fognature e il traffico”, spiega Bellini. Negli ultimi anni le cose sono un po’ cambiate, il governo ha affidato la gestione della raccolta dei rifiuti a ditte private costringendo gli zabaleen ad adattarsi alla nuova situazione. La loro competenza rimane ineguagliabile e l’obiettivo è quello di integrarli nel sistema formale. Ma gli zabaleen sono persone molto intraprendenti e non vogliono svendere l’esperienza costruita negli anni. Il panorama continua a mutare e ora dovranno anche fare i conti con la recente decisione di costruire termovalorizzatori che generano elettricità bruciando i rifiuti e che potrebbero entrare in competizione con gli zabaleen per le materie prime. Chissà che questi ultimi non trovino una soluzione ingegnosa anche in questo caso.

VeryNile: creare valore per tutti

Navigando sul Nilo, nell’area metropolitana del Cairo, è possibile imbattersi in qualche pescatore che, anziché pesci, pesca rifiuti di plastica: sono i pescatori che collaborano con VeryNile, un’iniziativa locale appoggiata anche dal governo egiziano e che punta a ridurre l’inquinamento provocato dalla plastica e a promuovere la consapevolezza ambientale. “Very Nile paga cinque volte il valore di mercato per la plastica raccolta nel fiume e così crea valore sia per l’ambiente che per i pescatori, considerando anche che il Nilo sta diventando sempre meno pescoso”, racconta Bellini. Questo progetto è iniziato nel settembre 2020 e ora coinvolge più di 30 pescatori che ogni giorno raccolgono circa 100 chili di rifiuti.

Un volontario di Very Nile al lavoro © Gabriele Galimberti/Alex Bellini

VeryNile non lavora solo con i pescatori, ma promuove comportamenti virtuosi ad ampio raggio, svolgendo attività di sensibilizzazione anche nei confronti della comunità locale, delle scuole e dei rifugiati e coinvolgendo le donne nella realizzazione di prodotti in tessuto di plastica riciclata, creando in questo modo anche nuove professionalità. VeryNile ha anche aperto un centro di raccolta di rifiuti su una delle isole nel Nilo e cerca di convincere i commercianti locali a non utilizzare sacchetti di plastica. Negli ultimi anni, infatti, alcuni governatorati in Egitto, per lo più quelli sul mar Rosso, hanno vietato la plastica monouso ma con scarsi risultati. 

Bellini riflette anche su quanto accade a casa nostra con la legge SalvaMare, approvata alla Camera nell’ottobre del 2020 e bloccata in Senato. La logica è proprio quella di incentivare i pescatori a portare a terra la plastica che pescano con le proprie reti, anziché ributtarla in mare. “Questa legge premierebbe anche in Italia i pescatori che conferiscono plastica al riciclo e che invece allo stato attuale sono tassati per lo smaltimento di quei rifiuti”. Una contraddizione.

I numeri di VeryNile dalla sua nascita nel dicembre 2018

55 tonnellate di rifiuti rimossi dal fiume

3.800 volontari coinvolti

5 tonnellate in bottiglie di pet rimosse e riciclate

Entro il 2030 rimuovere e riciclare tutti i rifiuti solidi del Nilo

Anche in Egitto, quindi, la società civile si sta muovendo in modo deciso contro la plastica, ma c’è una riflessione che suggerisce Bellini: “Mentre in Europa le manifestazioni per l’ambiente sono all’ordine del giorno, in Egitto lo stato militare sopprime ogni forma di protesta. Ci sono temi che non si possono trattare pubblicamente. E se non li tratti in modo pubblico qualcuno fa finta che non esistano. Questa è la sensazione: apparentemente sembra che vada tutto bene perché nessuno dice niente. Ma non perché non ci sia niente di cui lamentarsi, piuttosto perché il costo della protesta è molto alto”. 

Il Nilo e il Mediterraneo

Tra i 10 fiumi inclusi nel progetto 10 Rivers 1 Ocean, il Nilo è quello più “vicino” all’Italia. Perché sfocia a soli 1.500 chilometri dalle nostre coste e soprattutto perché è l’unico a riversare i suoi rifiuti nel mar Mediterraneo, un grande bacino chiuso dove i rifiuti fanno fatica a disperdersi. 

Il rapporto dell’Iucn (l’Unione mondiale per la conservazione della natura) pubblicato nel 2020 Mare plasticum: The Mediterranean rivela che nel Mediterraneo finiscono più di 200mila tonnellate all’anno di plastica, principalmente a causa di una gestione errata dei rifiuti e di una grande popolazione costiera. I Paesi che contribuiscono di più sono Egitto, Italia e Turchia. In Italia il fiume Po e la città di Roma sono tra i maggiori responsabili. 

Totale plastica riversata nel Mar Mediterraneo:
più di 200.000 tonnellate/anno

(dati Iucn, “Mare plasticum: The Mediterranean”)

I tre maggiori responsabili sono:

Egitto

74.000 t/anno

Italia

34.000 t/anno

Turchia

24.000 t/anno

Il rapporto suggerisce anche alcune misure per ridurre la contaminazione da plastica che si riversa nel Mediterraneo. Come il miglioramento della raccolta e gestione dei rifiuti e un divieto di utilizzare borse di plastica. Le tredici dighe che sorgono sul Nilo offrono condizioni perfette per le attività di raccolta dei rifiuti sul fiume che potrebbero intercettare circa 44mila tonnellate all’anno. 

Inoltre le microplastiche, i frammenti più piccoli e insidiosi, raggiungono nel Mediterraneo concentrazioni record, quasi quattro volte superiori a quelle registrate nell’isola di plastica del Pacifico, secondo un report del Wwf pubblicato nel 2018. Nonostante il Mediterraneo rappresenti solo l’1 per cento delle acque mondiali, nelle sue acque si concentra il 7 per cento della microplastica globale.

Al Ayatt, Egitto © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Al Marazeek, Egitto © Gabriele Galimberti/Alex Bellini
Nilo, Egitto © Gabriele Galimberti/Alex Bellini

Fuori programma: spedizione interrotta

La spedizione non è mai arrivata al Mediterraneo come pianificato. Il programma prevedeva che Nick Pescetto navigasse per otto giorni insieme ad Alex Bellini e concludesse il suo viaggio al Cairo, mentre Bellini avrebbe proseguito da solo, fino al mare. Dopo soli sei giorni di navigazione i due sono stati fermati dalla polizia, portati in commissariato e interrogati. “Ci hanno fermato adducendo motivi di sicurezza, ma non sappiamo davvero se ci fossero altri motivi. Avevamo paura di essere male interpretati, ci è stato chiesto più volte se appartenevamo a qualche organizzazione e anche quando abbiamo dichiarato che lo scopo del viaggio era il viaggio stesso, non eravamo certi che avessero compreso. A quel punto la nostra spedizione è finita e siamo dovuti tornare in Italia”, racconta Bellini. “Dopo 12 ore in custodia degli agenti, in cui non sapevamo cosa sarebbe successo, siamo stati rilasciati con la promessa che non saremmo più tornati in acqua”.

È stata un’esperienza di vita unica, bella anche se è finita come è finita, che mi ha dato conferma che le esperienze vissute che lasciano segno non sono necessariamente quelle più belle ma quelle con diverse sfaccettature, problemi e difficoltà. Ho conosciuto una grande persona che mi ha insegnato tanto e mi ha aiutato a comportarmi nel modo giusto fuori dalla mia zona di comfort. Mi porto a casa una grande motivazione per affrontare anche obiettivi importanti che possono sembrare impossibili, perché con costanza e determinazione si possono davvero raggiungere. Questo ho imparato da Alex.

Nick Pescetto

Anche se il viaggio si è interrotto prima del tempo Alex Bellini ha potuto osservare moltissime cose e portare a casa nuova conoscenza e consapevolezza.

“Le idee di ambiente, natura e pulizia, o quella di rischio, non sono universalmente riconosciute, non hanno un valore assoluto. Sono costrutti sociali. Se ignoriamo questo concetto possiamo diventare molto critici e giudicare le cattive abitudini che le persone hanno a discapito dell’ambiente. Ma se queste persone non hanno la consapevolezza del rischio che l’inquinamento da plastica pone all’ecosistema e alla salute non avranno neanche l’urgenza di risolverlo. “Ho rilevato in generale nelle persone poca attenzione per l’inquinamento del fiume, uno scarso senso di interconnessione e di appartenenza al mondo intero, di amore verso ciò che le circonda. È come se dovessero ancora soddisfare i bisogni primari e quelli di amore, pace, solidarietà e rispetto per l’ambiente fossero secondari. Allora è importante che le campagne di sensibilizzazione, che puntano sull’essere un tutt’uno con l’ambiente, non rimangano un passatempo per i ricchi, ma siano rivolte a tutti, anche ai più poveri, perché sono proprio loro a pagare il prezzo più alto del degrado ambientale”.

E poi il desiderio di continuare con le spedizioni di 10 Rivers 1 Ocean sugli altri fiumi e l’intenzione di tornare in Egitto e portare a termine il suo viaggio sul Nilo.

“Tanto più viaggio quanto più trovo somiglianza nei popoli, e si innescano meccanismi mentali che mi portano a sentirmi più vicino a loro di quanto non fossi prima di partire”. Questa è la magia del viaggiare.

di Gloria Schiavi

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