In Psycho killer scorre sangue rock

Ezio Guaitamacchi firma il primo rock thriller italiano. Una trama che s’interseca con il sangue, con la storia della musica, con le strade e le persone di Milano.

“Come ogni buon poliziotto che si rispetti, anche Marco Molteni se ne fotte di regole e norme del traffico stradale. Dopo aver seguito le indicazioni del suo iPhone, al semaforo svolta a sinistra in via Stradivari” beccandosi una strombazzata dal furgoncino scalcagnato che lo affiancava e un insulto a cui risponde con “Vattene tu a fare in culo, interista de mm..”. Per l’investigatore romano stabilitosi a Milano non c’è discussione sul tifo, perché gli sfigati sono tutti “interisti”, e non c’è discussione sulla musica da quando ha litigato epistolarmente col direttore del giornale Il Mucchio Selvaggio. C’è solo l’indagine.

 

Che si dipana tra showcase, concerti live in luoghi di Milano (che chi ha amato LifeGate Radio potrebbe riconoscere, quantomeno in filigrana) e una “PJ Harvey dei Navigli”, la cantante Michelle dagli occhi color nocciola. Il filo delle indagini corre per quattro scene del crimine, evidenti ricostruzioni di celebri morti rock. Cioè, per celebrarli, irriderli o punirli, l’assassino ricrea una scena del crimine simile a quella degli idoli musicali degli assassinati. Nel contempo, una radio milanese riceve dei file audio con le cover di canzoni di Bob Dylan.

 

Chi conosce l’autore del libro, il narratore, il conduttore, il professore, il critico musicale, l’appassionato Ezio Guaitamacchi, si divertirà moltissimo sfogliando le pagine di questo giallo. Vi riconoscerà addirittura la sua propria parlata, tra il colloquiale e il tecnicismo, tra il volgare e il forbito, con qualche squarcio di Rock Files Live, di memoria, di strade dell’amata Milano. Vi riconoscerà personaggi reali, per esempio (un indizio da insider) Giò del T-Rex. Vi riconoscerà l’estrema dedizione al particolare, al più singolare tassello della storia della musica rock da cui attinge a piene mani per costruire una trama sorprendente, fibrillante, a colori. Giallo, come il genere letterario. Nero, come la tonalità dell’omicidio. Rosso, come il sangue. Non quello versato, ma quello che circola impazzito nelle vene dell’autore quando sente il rock.

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