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L’urlo dei Massive Attack contro il genocidio a Gaza e l’inazione climatica
I Massive Attack hanno chiuso l’edizione 2024 del Todays festival con uno show unico, dove la musica si è mescolata alla mobilitazione politico-sociale.
Più che un concerto, quello dei Massive Attack al Todays festival di Torino è stato un manifesto politico. Dal genocidio in corso nella Striscia di Gaza alla guerra in Ucraina, passando dal negazionismo climatico e sanitario fino alle tecnologie di sorveglianza di massa, lo show musicale della band di Bristol è stato accompagnato da immagini e messaggi che hanno trasformato l’evento in una sorta di documentario sui mali che affliggono il Pianeta. E sull’importanza di prendere posizione e alzare la voce.
Niente di nuovo per i Massive Attack, che per tutta la carriera hanno accompagnato la loro arte all’attivismo politico, sociale e ambientale. E che a fine agosto, nella loro Bristol, hanno dato vita al concerto più green di sempre.
Il concerto più green di sempre
Prima del concerto-manifesto di Torino i Massive Attack erano nella loro Bristol per fare una cosa unica nel mondo della musica. Almeno fino a ora.
Act 1.5 è stato definito il concerto più green della storia. Uno show alimentato al 100 per cento da energia rinnovabile, dove tanto gli artisti quanto gli spettatori sono arrivati con mezzi di trasporto sostenibili, dove il cibo era vegano, gli spettatori dovevano portarsi bicchieri da casa e dove i bagni erano in materiale compostabile. Il nome del concerto non è casuale e fa riferimento alla necessità di mantenere l’innalzamento delle temperature globali entro 1,5 gradi centigradi, come stabilito dall’accordo di Parigi del 2015.
“Siamo pienamente consapevoli dell’inquinamento che abbiamo causato in passato, ed è per questo che ora stiamo facendo tutto questo”, ha sottolineato il frontman dei Massive Attack, Robert “3D” Del Naja. Che ha definito l’evento un “acceleratore di azioni per il clima”, ma anche un modo per far comprendere ai fan come un evento sostenibile non comporti delle perdite in termini di godibilità, anzi. L’idea del concerto più green di sempre è nata nel 2018 e ci è voluto parecchio per renderla realtà. Ma il fatto che abbia funzionato costituisce un caso pilota. Il mondo della musica e dei live show è pronto alla rivoluzione verde. Raccomandando i Massive Attack, che il 2 settembre sono arrivati a Torino.
I Massive Attack tra musica e politica
Una fascia al braccio con scritto “Palestina” e una kefiah. Così si sono presentati sul palco Robert “3D” Del Naja e Grant “Daddy G” Marshall, i leader della band musicale trip hop.
Il concerto di Torino ha richiamato 8mila persone, facendo segnare il sold out. Tra il pubblico sono comparse le prime bandiere della Palestina già prima dell’inizio dello show, perché chi conosce i Massive Attack sa che per loro la musica è anche politica e per quanto ci si possa godere la serata, se c’è un genocidio in corso difficilmente la band di Bristol non userà il palcoscenico per fare sensibilizzazione al riguardo.
Più che un concerto, la loro tappa al Todays festival è stato un manifesto politico. Un’ora e mezza di prese di posizione e denunce sui mali che affliggono il Pianeta in una sorta di documentario audiovisivo proiettato sugli schermi dietro al palco. Le foreste e le città ucraine distrutte e i cieli illuminati dai raid della Russia di Vladimir Putin, il complottismo e il negazionismo climatico made in QAnon tanto caro a Donald Trump, la sorveglianza di massa che ci ha proiettato tutti dentro un enorme Grande Fratello dove si arriva a schedare ogni cosa, anche i sentimenti.
Colori acidi e immagini distopiche che alternavano realtà e finzione hanno proiettato gli 8mila spettatori in una sorta di allucinazione collettiva, una distopia che è il mondo in cui viviamo. Il mondo capitalista, quello dove l’ordine mondiale regge sugli Stati Uniti, costantemente al centro della critica dei Massive Attack. Soprattutto quando il loro concerto-denuncia si è focalizzato sul tema palestinese.
Stop al genocidio a Gaza
“Questo brano lo dedichiamo alla Palestina”, ha annunciato a un certo punto Del Naja e sulle note di Safe from harm è partita una lectio magistralis su cosa sia, e cosa sia stata, l’occupazione israeliana dei territori palestinesi dal 1948 a oggi. Una sequenza infinita di dati sulle azioni di Israele in Palestina negli ultimi decenni, tra villaggi distrutti, aree disboscate, terreni assimilati, risorse idriche depredate. E quanto tutto questo si sia portato dietro in termini di rifugiati palestinesi, milioni e milioni dalla Nakbah in poi.
Mentre scorrevano i dati e le immagini sugli schermi del palco, tra il pubblico sono comparse diverse bandiere palestinesi e si è levato il coro “Free palestine”, riproposto più volte nei secondi di silenzio tra un pezzo e l’altro. Così come i Massive Attack sono tornati più volte sull’attualità più stretta legata alla Striscia di Gaza, mostrando la distruzione causata dall’offensiva israeliana ma anche i rastrellamenti e le umiliazioni messe in pratica dall’esercito.
Fino a un appello finale, che dallo schermo ha squarciato il buio torinese: bisogna mettere in pratica la risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sul cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. A inizio 2024 i Massive Attack avevano peraltro pubblicato Ceasefire, un Ep i cui proventi sono stati destinati per intero al popolo palestinese.
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