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I ghiacciai della Groenlandia fondono, le culture scompaiono: Takkuuk dei Bicep racconta clima e voci indigene tra ghiaccio, musica e tradizione.
Può la musica trasformarsi in uno spazio di ascolto non solo sonoro, ma culturale, sociale, ambientale? Il duo elettronico dei Bicep, originario di Belfast, lo dimostra con Takkuuk (pronunciato tuck-kook): un progetto che intreccia musica, clima e identità di un territorio fragile e simbolico come la Groenlandia.
Nato tra i ghiacci (sempre meno eterni), il loro nuovo album – il cui titolo in Inuit significa “osservare a fondo” – è un invito a guardare oltre la superficie, dentro le crepe di un mondo che cambia.
Il disco è anche la colonna sonora di un’installazione audiovisiva sviluppata dall’artista visivo Zak Norman e dal regista Charlie Miller. Dopo il debutto londinese all’Outernet del 3 luglio scorso, l’opera si prepara per un tour mondiale, promettendo un viaggio immersivo tra ghiacciai che si ritirano, la resilienza della cultura Inuit e le voci delle comunità indigene che abitano da secoli queste terre estreme.
Il cuore di Takkuuk sono i cambiamenti climatici, osservati e vissuti direttamente dagli artisti in uno dei luoghi più vulnerabili del Pianeta. La Groenlandia, con i suoi paesaggi in rapida trasformazione, è un simbolo tangibile di una crisi che non è più lontana né astratta. Come ha raccontato al Guardian Andy Ferguson, che insieme a Matt McBriar forma il duo Bicep, “tutti tornano cambiati. Vedere in prima persona i cambiamenti climatici accadere in questo modo” lascia un segno profondo. Ed è proprio questo sguardo ravvicinato che Takkuuk vuole trasmettere.
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Il risultato è un racconto potente che, pur partendo dalla Groenlandia, estende le sue immagini a Svezia, Norvegia e Canada, intrecciando paesaggi, tradizioni e testimonianze. La musica elettronica dei Bicep – nota per i groove ipnotici e le melodie avvolgenti – si trasforma, fondendosi con i suoni grezzi del territorio: vento, ghiaccio che si spezza in frammenti sonori e soprattutto, gli ancestrali canti tradizionali inuit come il throat-singing.
Il duo, noto per la sua capacità di costruire atmosfere suggestive, usa questi elementi non come semplici campionamenti, ma come veri e propri layer narrativi che si integrano perfettamente con la musica.
Pochi luoghi raccontano i cambiamenti climatici come la Groenlandia, dove il riscaldamento globale avanza a un ritmo quattro volte superiore rispetto alla media planetaria. I dati del National snow and ice data center sono allarmanti: tra il 2002 e il 2021, la calotta glaciale groenlandese ha perso una media di 280 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, contribuendo all’innalzamento dei mari a livello globale. Se l’intero Ice sheet si sciogliesse, i mari salirebbero di oltre 7 metri.
E gli effetti sono già visibili: la perdita di ghiaccio accelera, il paesaggio si trasforma e nuove distese verdi – il cosiddetto “greening” – avanzano su aree un tempo permanentemente ghiacciate, alimentando ulteriormente il riscaldamento e liberando gas serra come il metano, in un ciclo preoccupante.
Ma Takkuuk non è solo un manifesto ambientale. È anche un omaggio alla cultura inuit e al sapere delle comunità locali che custodiscono conoscenze antichissime e un legame profondo con la terra e il mare.
Il progetto si impegna a dare spazio alle voci spesso invisibili delle popolazioni indigene, esplorando temi come l’emarginazione, lo sfollamento e l’impatto diretto che la crisi climatica ha sulle loro vite quotidiane. Dietro ogni paesaggio che cambia, infatti, ci sono culture, storie e comunità che rischiano di scomparire insieme al ghiaccio.
Collaborando con artisti e performer del posto – tra cui il rapper groenlandese Tarrak e il gruppo di throat-singing Silla – i Bicep hanno creato un progetto che si nutre di rispetto e ascolto. Non appropriazione, ma dialogo: un modo per portare all’attenzione globale tanto l’emergenza ambientale, quanto la ricchezza culturale di chi vive ogni giorno in queste terre di confine.
Il progetto si distingue anche per l’approccio alla produzione sostenibile. L’intero album è stato realizzato in loco, sfruttando energie rinnovabili e con un’impronta di CO2 ridotta al minimo. Un esempio concreto di come anche l’industria musicale possa ripensare i suoi processi creativi in chiave più responsabile.
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Non a caso, Takkuuk si inserisce nel quadro del progetto In place of war, organizzazione globale che utilizza le arti come strumento di cambiamento sociale nelle comunità colpite da conflitti, crisi o marginalizzazione, come parte del programma EarthSonic, che racconta la storia dei cambiamenti climatici attraverso la musica.
Nel significato profondo della parola inuit Takkuuk – “osserva a fondo” – si condensa il messaggio dell’intero progetto: guardare oltre la superficie, oltre la bellezza dei paesaggi artici, per cogliere le crepe, le fragilità, ma anche la forza e la dignità delle comunità indigene.
Un messaggio potente che unisce musica, ambiente e diritti, e che ci ricorda, ancora una volta, che i cambiamenti climatici non sono solo una questione di ghiaccio che fonde, ma di culture da preservare e storie da ascoltare.
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