Marko Ivan Rupnik: il cuore come “luogo dell’integrazione”

Secondo Rupnik è venuto il tempo in cui si può riscoprire il cuore come luogo dell’integrazione, come luogo in cui l’uomo è già intero

Rupnik, nella sua coinvolgente “Introduzione” al saggio, curato da diversi Autori, “L’intelligenza spirituale del sentimento”, fa questa bella riflessione: “Forse è venuto il tempo in cui si può riscoprire il cuore come luogo dell’integrazione, come luogo in cui l’uomo è già intero, non frantumato, smembrato[…]. Se l’esito dell’epoca moderna è l’atomizzazione, la frantumazione, sia del vissuto che dell’orizzonte di pensiero, c’è bisogno di un’integrazione, un’integrazione viva. La vera integrazione avviene solo nel cuore, cioè in un contesto relazionale a cui partecipano tutte le dimensioni della persona, da quella affettiva a quella razionale, da quella volitiva a quella religiosa”.

Marko Ivan Rupnik è un artista, scrittore e teologo sloveno appartenente ai gesuiti (immagine via Wikimedia Commons)
Marko Ivan Rupnik è un artista, scrittore e teologo sloveno appartenente ai gesuiti (immagine via Wikimedia Commons)

Il denso passo di Rupnik mostra con assoluto nitore come il cuore si configuri davvero come la fonte per accedere alla persona nella sua interezza e, quindi, ad un rapporto con l’altro vissuto con pienezza di senso fin nelle sue fibre più profonde, soprattutto in un’epoca in cui la tecnica impone le sue grammatiche omologanti, efficientiste, produttivistiche e calcolanti.

Riscoprire il cuore come centro unitario e dinamico della persona significa ritrovare la modalità autentica per accostarsi a quel mistero che ognuno di noi è, senza, tuttavia, mai pretendere di violarlo o di penetrarlo interamente, ma anzi avvicinandosi con pudore, poiché il fondo della nostra anima costituisce uno spazio sacrale irriducibile a qualsiasi sguardo, per quanto possa essere intriso di pura interiorità e naturale tendenza al bene.

È il cuore che rende fecondi i silenzi, ci fa prendere congedo da noi stessi per fare spazio agli altri, alimenta i gesti, i quali non concupiscono, non afferrano, non incorporano, ma sfiorano, accorciano gli spazi d’incontro con l’altro senza invaderli, sono rivestiti di pudore, non pretendono di possedere la soggettività nella sua assolutezza, ma la rispettano. E il rispetto, non dimentichiamolo, è la porta d’entrata dell’etica e dell’affettività matura.

In definitiva, il cuore è lo spazio metafisico del sentimento, il pudico movimento interiore verso l’alterità, della quale sa riconoscere in modo autentico, come dice Lèvinas, la parte più esposta e vulnerabile: il Volto.

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