
Ha dato il via ai concerti ad alta quota ben 28 anni fa distinguendosi sin dall’inizio per il rispetto delle terre alte. Sancito anche da un manifesto.
Protagonisti della dodicesima puntata di Venticinque sono i Camillas. Ricordi e aneddoti ricchi di emozioni, tra successi e difficoltà.
“Avevamo una regola: i locali li chiudevamo noi, sempre. Se stai in un posto, stacci bene. Goditela”. In questa frase c’è tutta la filosofia dei Camillas, e il motivo per cui – al di là di ogni numero e altri parametri di valutazione del tutto irrilevanti – sono stati una delle band più importanti degli ultimi vent’anni per la musica italiana, capace di seminare ricchezza per chiunque ami la musica.
La nuova puntata del podcast prodotto da LifeGate Radio e Rockit è ambientata a Pesaro, una città fondamentale per la scena underground italiana (da… Gioacchino Rossini ai Soviet Soviet, i Be Forest e mille altri nomi). Lì ci accoglie Vittorio “Ruben” Camillas, la metà del duo che con la sua simpatia, naïveté e la sua energia travolgente ha conquistato tutti quanti. Il nostro viaggio con lui lungo la città adriatica parte dalla stazione, un luogo del cuore per la band, visto che da qui sono partiti migliaia di volte, per andare a suonare ovunque in Italia (e in Svizzera). Date di ogni tipo, in ogni posto e per ogni cachet: festival e locali, feste, matrimoni e pure qualche funerale. Sempre presi bene, sempre in grado di fare prendere bene chiunque fosse sotto il palco (quando ne esisteva uno). Camminando per la città, i Camillas sono ovunque. Nelle luminarie che riportano i versi della Canzone del pane, nei ricordi commossi (e un po’ annebbiati) di Momi, fan di vecchissima data della band (come il pesarese più celebre, Valentino Rossi!) che si concede una lacrima a ricordare Mirko, la metà del duo che oggi non c’è più. Ci torneremo.
L’anno al centro di questo episodio dell’audiodocumentario – scritto da Dario Falcini, Giacomo De Poli e Marco Rip – è il 2004. Allora, nel periodo delle feste di Natale, il gruppo fu fondato, con l’idea di durare un paio di serate o poco più. Il nome del gruppo venne fuori in quella circostanza, una versione “casereccia” e parecchio situazionista dei fratelli Ramones. Accompagnati da Vittorio Ondedei (già, si chiama così) ci muoviamo su e giù per la penisola mille volte, come facevano loro per raggiungere chiunque li invitasse. Ripercorriamo un’epoca storica e facciamo rivivere un mondo musicale che, in realtà, non è affatto estinto. Ma sommerso, quello sì. Obiettivo di questa puntata speciale di Venticinque è descrivere un altro percorso possibile in un’industria che va sempre più verso l’omologazione, rappresentato da una band unica, diversa. I Camillas sono sempre stati la vera essenza della musica, quella che proviene dal basso, quella che è un atto d’amore e profonda passione, estranea a ogni compromesso e paraculata. Un mondo parallelo, in cui, tra versi del bisonte e cori motivazionali, sarà bello ancora una volta perdersi.
Andiamo davanti al Plastic, il negozio di dischi gestito da Mirko, un luogo di ritrovo per tutti gli appassionati della città e di tanta gente che arrivava da fuori, perché se accadeva qualcosa in zona di bello Zagor lo sapeva. Ripercorriamo quella volta a Italia’s Got Talent. Raccogliamo le voci e l’amore per loro di Calcutta e Pop X, due artisti con cui hanno suonato e che non smettono di ringraziarli. I due, a cui si aggiungeva Giacomo Laser, nel 2014 diedero vita a Un pacchetto di plastica, viaggio di questo folle gruppo di artisti per i locali italiani per portare in giro assieme canzoni e delirio. Dopo aver mangiato un “cassone”, raggiungiamo il lungomare, sotto la villa di Pavarotti, che qua si faceva i famosi giri in scooter e camicia hawaiana che tanti meme avrebbero ispirato. Nell’auto di Vittorio – che è esattamente come potreste immaginarvi l’auto di Vittorio, con tanto di tappezzeria del tetto sfondata, e tenuta su con delle graffette – è il momento più difficile, quello di tornare al 2020 e di parlare del momento in cui i Camillas hanno smesso di essere in due, e tutta l’Italia “indipendente” si è accorta di aver perso uno dei suo maestri (che, ovviamente, riderebbe di questo appellativo).
Con il cuore in mano, in maniera del tutto inedita, Vittorio ci racconta la perdita del socio di una vita, Mirko “Zagor” Bertuccioli, morto per Covid nei primi mesi della pandemia. Ci racconta la reazione di una città, con l’incredibile rassegna Luccichini dappertutto organizzata in suo onore. A Venticinque consegna tutta la sua volontà di non fermarsi, di portare avanti la sua eredità e le loro canzoni, con la sua nuova band, i Crema, e nei mille progetti che ogni giorno gli passano per la testa. Se siete pronti ad affrontare un’altalena di emozioni molto forte – si ride molto, poi lo stomaco si stringe un po’ –, correte sulle piattaforme di streaming.
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