Violenza contro le donne

Questo non è amore, ogni 15 minuti un reato contro una donna. Quasi sempre dal partner

Dati inquietanti sul femminicidio nell’ultimo rapporto della Polizia. 88 violenze sulle donne al giorno, soprattutto da parte di chi ha le chiavi della casa in cui vive. Un fenomeno culturale da sconfiggere anche e soprattutto con prevenzione e cultura.

Nonostante tutti gli interventi giuridici e gli strumenti di intervento, tra cui negli ultimi anni la legge sul femminicidio e il cosiddetto Codice rosso, le donne vittime di violenza continuano ad essere troppe. E la cosa più inquietante è che i carnefici, troppo spesso, sono le persone che dicono di amarle: in più di otto casi su dieci, infatti, a commettere violenza su una donna è una persona che vive con lei o che comunque ne possiede le chiavi di casa.

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A dirlo un report pubblicato dalla Polizia di Stato, che fa parte del progetto di prevenzione Questo non è amore e che anticipa di qualche giorno la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebrerà lunedì 25 novembre. Secondo i dati della Polizia, è evidente come nel tempo le vittime di sesso femminile risultino in aumento, passando dal 68 per cento del totale delle violenze domestiche circa del 2016 al 71 per cento del 2019. La lettura di questo dato potrebbe avere anche un risvolto positivo: una maggiore coscienza dei delitti subiti, una rinnovata propensione e fiducia nel denunciare quanto accaduto, essendo aumentato il numero di vittime che considerano gli atti violenti un reato.

Quei falsi stereotipi sul Sud e gli stranieri

È vero però che i numeri, in assoluto, rimangono altissimi: in Italia 88 volte al giorno, una ogni 15 minuti, avviene una violenza su una donna, che siano maltrattamenti in famiglia, percosse, violenze sessuali e atti persecutori. Il rapporto della Polizia aiuta anche a demolire qualche stereotipo piuttosto radicato: che al Sud le violenze di genere siano più frequenti che al Nord (“l’incidenza per 100.000 abitanti di sesso femminile mostra i medesimi valori in Piemonte ed in Sicilia” dice il report) e che gli stranieri siano più violenti degli italiani: i presunti autori di questo tipo di reato sono in percentuale maggiore di origine italiana, e se nel 2018 rappresentavano il 73 per cento dei soggetti segnalati all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia, nel 2019 il dato sale al 74 per cento.

L’ex partner è indicato dalla vittima come presunto autore degli atti persecutori nel 60 per cento dei casi: è per questo che, negli ultimi anni, è invalso il termine femminicidio, a indicare il vero e proprio fenomeno di donne uccise per aver messo in discussione il loro ruolo: la donna viene uccisa in quanto donna, o perché non è la donna che la società vorrebbe che fosse, o per un’idea malata di possesso, mancanza di accettazione di una separazione, gelosia incontrollabile anche successivamente al divorzio, non accettazione di una nuova storia d’amore.

Una questione prima di tutto culturale

Proprio per questo, negli ultimi si è cercato di affrontare il problema non soltanto a livello repressivo, ma anche di prevenzione e culturale: verso gli uomini ovviamente, ma anche a tutela della donna che, spiega il capo della Polizia Franco Gabrielli “una volta vittima di violenza si sente sola, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per sé stessa e per i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta, di essere giudicata”.

Secondo la Polizia è stato efficace finora in particolare il provvedimento di ammonimento, che scatta quando alla Questura arriva da parte di una persona estranea al nucleo famigliare una segnalazione di una avvenuta violenza non denunciata dalla vittima: nel 2018 le recidive per i soggetti ammoniti per atti persecutori si attestano sul 20 per cento mentre salgono al 30 per cento per gli ammoniti per violenza domestica. Poi ci sono i programmi per i soggetti ammoniti, finalizzati al trattamento dell’uomo violento: il Protocollo Zeus sottoscritto nel 2018 dalla Divisione anticrimine della Questura di Milano con il Centro italiano per la promozione e la mediazione ha coinvolto in questo primo anno l’80 per cento delle persone ammonite, con una evidente ricaduta positiva: infatti, solo il 10 per cento dei soggetti ha realizzato ulteriori condotte dopo l’ammonimento.

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