Da Utøya a Suruç, c’è chi ha paura della speranza giovane

Il 22 luglio 2011 l’estremista di destra Anders Breivik uccise 69 ragazzi sull’isola di Utøya, in Norvegia. Ragazzi simpatizzanti del Partito laburista riuniti per l’annuale incontro della sezione giovanile. La loro colpa era far parte della nuova generazione liberale e progressista del paese scandinavo. Un nemico intellettuale otre che fisico, da eliminare secondo la raffinata

Il 22 luglio 2011 l’estremista di destra Anders Breivik uccise 69 ragazzi sull’isola di Utøya, in Norvegia. Ragazzi simpatizzanti del Partito laburista riuniti per l’annuale incontro della sezione giovanile. La loro colpa era far parte della nuova generazione liberale e progressista del paese scandinavo. Un nemico intellettuale otre che fisico, da eliminare secondo la raffinata mente sadica di Breivik.

 

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Quattro anni dopo, il 20 luglio 2015, 32 ragazzi sono stati uccisi da un’esplosione nel giardino del centro culturale di Suruç, in Turchia. Un attacco portato a termine da una ragazza kamikaze di 18 anni, molto probabilmente appartenente al gruppo terrorista dello Stato Islamico, mentre i giovani stavano partecipando alla riunione di un’associazione di volontari. La loro colpa? Contribuire alla ricostruzione della città siriana simbolo degli scontri tra la popolazione curda e lo Stato Islamico: Kobane.

 

Questi i nomi delle vittime: Okan Pirinç, Uğur Özkan, Kasım Deprem, Hatice Ezgi Saadet, Cemil Yıldız, Çağdaş Aydın, Nazlı Akyürek, Ferdane Ece Dinç, Mücahit Erol, Murat Yurtgül, Emrullah Akhamur, İsmet Şeker, Nartan Kılıç, Ferdane Kılıç, Serhat Devrim, Met Ali Barutçu, Erdal Bozkurt, Süleyman Aksu, Koray Çapoğlu, Cebrail Günebakan, Veysel Özdemir, Nazegül Boyraz, Alper Sapan, Alican Vural, Osman Çiçek, Dilek Bozkurt, Büşra M.ete, Yunus Emre Şen, Ayda Ezgi Şalcı, Polen Ünlü, Duygu Tuna, Nurcan Kaçmaz.

 

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A parte le date ravvicinate dei due attentati, in Norvegia e in Turchia, ciò che li accomuna è la volontà di annientare la speranza e la forza tipica della giovane età per impedire che il mondo possa cambiare, in meglio, con la ragione, con la politica piuttosto che con la violenza e con il denaro. Giovanni De Mauro, direttore della rivista settimanale Internazionale, ha identificato chiaramente la colpa dei 32 turchi: “Volevano costruire una biblioteca, piantare degli alberi, attrezzare un campo giochi. Il più giovane del gruppo si chiamava Okan Pirinç, aveva diciassette anni e veniva da Antakya”.

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