Il parco della rivolta in Turchia

Un parco dal destino segnato ha scatenato la rabbia dei cittadini di Istanbul, in Turchia. Una miccia che ha acceso la rivolta in tutto il paese contro la linea del governo accusato di essere poco democratico.

Tutto è cominciato a Istanbul venerdì
28 maggio quando migliaia di persone hanno cominciato a
manifestare contro la distruzione di uno dei parchi più
importanti della città, il parco di Gezi, vicino a piazza
Taksim. Nell’area del parco, infatti, è prevista la
costruzione di un centro commerciale, di una caserma militare e di
una serie di nuove strade che dovrebbero migliorare la
viabilità del quartiere di Beyoglu secondo il piano voluto dal
primo ministro ed ex sindaco di Istanbul, Recep Tayyip Erdogan,
volto a trasformare la città turca in una delle metropoli
più importanti del mondo.

 

Il parco di Gezi ha aperto al pubblico per la prima volta nel
1943 e oggi ospita circa 600 alberi. Un patrimonio che ne fa una
delle aree verdi più importanti della città, anche dal
punto di vista storico. Nel corso degli anni la sua estensione
è stata ridotta più volte per fare spazio a hotel
più o meno stellati, ma la decisione di farlo sparire del
tutto è stata presa senza fare i conti con la volontà e
l’opinione dei cittadini.

 

Un atteggiamento che ha innescato la protesta a Istanbul, ma
anche nella capitale Ankara e in diverse altre città turche.
Una goccia che ha fatto traboccare la rabbia di persone esasperate
dal modo di agire del governo guidato dal Partito per la giustizia e lo
sviluppo (Akp). Se da una parte il primo ministro Erdogan, in
carica dal 2003, è stato più volte accusato
dall’opposizione di essere troppo autoritario e di prendere poco in
considerazione il punto di vista dell’opinione pubblica, dall’altro
le sue ambizioni volte a fare della Turchia una delle principali
potenze internazionali anche attraverso un processo di progressiva
islamizzazione del paese – finora lodato per essere uno dei pochi
esempi di laicità all’interno di un contesto storico e
culturale musulmano – hanno scatenato la rabbia dei manifestanti
trasformando una protesta locale nell’espressione di un disagio
nazionale.

 

Una delle giornate più dure dal punto di vista degli
scontri tra i manifestanti e la polizia è stata quella del 31
maggio quando un centinaio di persone sono rimaste ferite a
Istanbul dopo la decisione delle autorità di sgomberare il
parco con la forza. Momenti di tensione che si sono ripetuti anche
nella notte
tra domenica 2 e lunedì 3 giugno
quando ormai la protesta,
anche grazie al coordinamento sui social network, aveva raggiunto
decine di città sparse lungo tutto il territorio turco. Social
network, in particolare Twitter, accusati da Erdogan di fornire una
visione distorta e politicizzata delle proteste a cui i
manifestanti hanno risposto definendo la rivolta sociale e
chiedendo le dimissioni del premier turco.

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