
Il trattamento manuale osteopatico aiuta a ristabilire l’armonia nel sistema nervoso e riequilibra le tensioni. Induce l’autoguarigione ed è adatto a tutti.
La cantoterapia è una disciplina olistica che riesce ad accedere alle aree del profondo, liberando le emozioni negative che possono dare il là a disturbi psicosomatici.
In un mondo che
Non ci vuole più
Il mio canto libero sei tu
E l’immensità
Si apre intorno a noi
Al di là del limite degli occhi tuoi
Così cantava Lucio Battisti, a sottolineare il senso liberatorio e catartico del canto, che come poche altre attività è in grado di far emergere le emozioni più nascoste. Quelle solitamente trincerate nell’inconscio. “Il canto è il primo atto liberatorio, istintivo, spontaneo, comune a tutti gli esseri umani: rappresenta l’esplosione controllata del grido interiore, che preme per uscire e per alleggerirci. Il canto, infatti, ha la capacità di accedere alle aree del profondo e di attivare il sistema parasimpatico, che presiede al riequilibrio e all’omeostasi. In sostanza, riesce a intercettare e a dare una direzione costruttiva a quelle emozioni negative, come rabbia, paura, dolore, che diversamente possono cristallizzarsi nel corpo, trasformandosi in malesseri o in vere e proprie malattie psicosomatiche”, spiega Claudia Pastorino, cantautrice, insegnante di canto e cantoterapia, docente di Laboratorio di linguaggi della canzone all’università degli Studi di Genova.
Non a caso, il canto è (anche) una vera e propria terapia olistica, che affonda le sue radici in epoche lontanissime. “Nelle diverse culture e società, da sempre il canto viene utilizzato per l’orientamento delle emozioni negative e delle somatizzazioni che ne derivano. Nasce per la cura, non per la performance, come testimoniano i canti sciamanici di guarigione, ma anche le slave e prison song e i canti di lavoro, a sottolineare come questa attività sia anche una forma di resistenza e, in alcuni casi, di sopravvivenza”, spiega Pastorino, osservando che va riconosciuta a Pitagora non solo la paternità della teoria musicale, ma anche della cantoterapia come disciplina coordinata e indirizzata.
“Pitagora promuoveva la catarsi, l’armonia interiore e il benessere psicofisico, vale a dire quello che oggi definiamo l’omeostasi, attraverso la creazione e l’esecuzione di canti con specifiche melodie, seguendo fondamentalmente tre linee terapeutiche principali: energizzante, calmante, riequilibrante”. Un ruolo importante è affidato al canto (kirtana, in lingua sanscrita) anche dallo yoga e in particolare da una delle tecniche meditative più efficaci ad esso riconducibile: la meditazione trascendentale. “La meditazione trascendentale, oggi insegnata in oltre duemila scuole di tutto il mondo – soprattutto negli Stati Uniti, in America Latina, Asia ed Europa -, è una tecnica riferibile alla tradizione vedica, che si basa sulla ripetizione dei mantra, i quali possono corrispondere all’om, ma anche a un verso dei Veda, a una preghiera e a un canto sacro. L’emissione di questi suoni – di questa particolare forma di canto – consente di raggiungere “la trascendenza”, uno stato di consapevolezza che rilassa profondamente il corpo e purifica la mente dai pensieri “tossici”, apportando diversi benefici psicofisici. Esistono più di 500 ricerche scientifiche che comprovano i benefici della meditazione trascendentale, tra i quali la riduzione degli stati d’ansia e di stress”, aggiunge Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta a indirizzo psicosomatico, che ricorda come i testi risalenti alla fine del secondo millennio a.C. e inerenti al Samaveda affermino che l’importanza dei mantra non risiede solo nel loro significato, ma anche nella loro sonorità.
La cantoterapia affonda dunque le sue radici in una ricca contestualizzazione storica-antropologica, scientifica, in cui antiche conoscenze delle medicine etniche, popolari, sciamaniche d’Oriente e d’Occidente incontrano le più moderne evidenze scientifiche sui benefici dell’azione canora a livello psicologico, neurologico, endocrinologico, immunologico.
L’intero sistema Pnei (psiconeuroendocrinoimmunologico), infatti, viene coinvolto dall’azione canora. “Durante il canto si accendono diverse aree del cervello, da quella del linguaggio a quella del movimento, dalla creatività alla memoria. Ma, soprattutto, cantando aumenta la secrezione di analgesici endogeni come le catecolamine, e in particolare l’ossitocina, l’ormone dell’amore e dell’empatia. Diversi studi scientifici hanno confermato come le canzoni cantate dalla madre durante la gravidanza calmino e riassicurino il feto”, osserva la psicoterapeuta, ricordando che, tra l’altro, musica e canto vengono sempre più spesso impiegati come strumenti di mappatura anche nell’awake surgery, la tecnica di neurochirurgia endocranica a paziente sveglio, che permette la rimozione chirurgica di un tumore o di una malformazione cerebrale salvaguardando le funzionalità delle aree eloquenti.
Cantando migliorano le capacità comunicative, espressive e verbali, la conoscenza di sé e la plasticità cerebrale. “Il canto e la pratica musicale in genere aumentano le connessioni sinaptiche tra i neuroni e stimolano le regioni uditive e sensomotorie del cervello”, osserva Carloni. Le attività corali, in particolare, sviluppano la capacità di integrarsi nei gruppi e il senso di appartenenza in generale. “Come dimostrano le numerose evidenze scientifiche internazionali pubblicate negli ultimi dieci anni, il therapeutic choir, il canto corale, offre un ulteriore impulso ai già sorprendenti benefici indotti dal canto, potenziando l’attivazione di specifiche aree cerebrali. Per questo, i cori terapeutici sono sempre più largamente diffusi nella pratica clinica internazionale”, spiega Pastorino. Ma non solo psicologici ed emotivi: diversi sono anche i vantaggi prettamente fisici indotti dal canto, che rappresentando un vero e proprio allenamento per il diaframma, ma anche per gli addominali, i dorsali e il pavimento pelvico, produce benefici diretti sulla capacità respiratoria e la postura, oltre a proteggere il sistema cardiovascolare e a potenziare quello immunologico. Non a caso, la cantoterapia è utilizzata a scopi preventivi, terapeutici, riabilitativi, oltre da chi usa la voce per professione come i cantanti e gli insegnanti, anche per la cura complementare dei postumi dell’ictus e di malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer.
“Il canto è straordinariamente efficace nella riabilitazione della memoria e del linguaggio”, dice Pastorino. Alcuni studi, come quello pubblicato sulla rivista scientifica Disability and rehabilitation hanno dimostrato che i vocalizzi e le canzoni sono utili per migliorare la qualità della vita nei malati di Parkinson e in particolare per recuperare parte della deglutizione compromessa.
L’obiettivo della cantoterapia è recuperare la dimensione sia ludica sia terapeutica dell’attività canora, cercando di superare l’ansia da prestazione che induce a chiederci per esempio se siamo intonati e se la nostra esecuzione sarà gradita a chi ci ascolta. “In un percorso di cantoterapia, come quello della scuola che dirigo, lo scopo non è performativo: non vi è giudizio, business, competizione. Lo scopo è sviluppare la confidenza con la propria voce e il proprio canto per vivere meglio e imparare l’arte di autocurarsi. Si parte dall’acquisizione di una respirazione piena e naturale, vale a dire costo-diaframmatica-addominale, e si procede con altre serie di esercizi che includono, tra l’altro, attività esperienziali che migliorano la percezione del proprio corpo, in particolare del diaframma e della postura.
È prevista anche l’esecuzione di esercizi di “canto controllato”, con l’emissione di suoni vocali di cura, di mantra, di meditazioni vocalizzate, ma anche di canto carnatico maternale (canto tradizionale del Sud dell’India utilizzato in gravidanza e durante il parto), di canti di guarigione e in movimento. La cantoterpia propriamente detta, infatti, integra dinamicamente diverse attività: respirazione, canto, movimento e creatività”, ricorda Pastorino, che svela come eseguire alcuni esercizi di respirazione costo-diaframmatica-addominale, i primi a essere insegnati nei corsi di cantoterapia. Esecuzione:
Non solo benefici psicofisici: con la pratica della cantoterapia si sviluppano naturalmente anche la competenza vocale, l’intonazione, il ritmo e la sonorità e si migliorano la comprensione della musica, della sua struttura e del fraseggio. E, aspetti più “leggeri” ma non meno importanti, il canto agisce sia come una sorta di massaggio addominale profondo, grazie gli esercizi di respirazione, sia da face gym tonificante e liftante, poiché attiva tutti i muscoli del viso, da quelli della fronte, agli zigomi, passando per guance, bocca, linea mandibolare e collo.
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