
Il presidente in carica Museveni è stato dichiarato vincitore delle elezioni in Uganda dalla commissione elettorale, ma non mancano le denunce di irregolarità.
Per decenni i banani delle Antille francesi sono stati trattati con il pesticida chlordecone. Ora il suolo contaminato per 700 anni e la salute compromessa.
“L’inquinamento provocato rappresenta uno scandalo ambientale, frutto di un’epoca ormai superata”, nel corso della quale “abbiamo assistito ad un accecamento collettivo”. Dopo decenni di scarso impegno, il presidente della Francia Emmanuel Macron ha annunciato l’avvio di una procedura che permetterà di riconoscere l’esposizione al chlordecone come una malattia professionale: “Lo stato deve assumersi le proprie responsabilità”.
La vicenda risale ad un lungo periodo, tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, e riguarda uno dei pesticidi più tossici in assoluto mai utilizzati in campo agricolo. Il chlordecone, noto anche come kepone, per anni ha rappresentato l’arma utilizzata alle Antille francesi (Guadalupe e Martinica) per combattere un coleottero parassita, capace di attaccare i banani indebolendoli fino, in alcuni casi, ad ucciderli.
Quando l’insetto, originario del sud-est asiatico, si presentò in massa nelle isole francesi, centinaia di tonnellate di questo pesticida ultra-tossico, della famiglia del Ddt, vennero sversate sui bananeti. Così, una produzione fondamentale per l’economia delle Antille – ogni anno vengono raccolte 270mila tonnellate (e il 70 per cento finisce nella Francia europea) – fu salvata. Ma ad un prezzo ambientale e sociale catastrofico.
I primi utilizzi risalgono al 1972. Eppure, uno studio pubblicato nove anni prima negli Stati Uniti già metteva in guardia sui rischi per la salute umana. La stessa Francia, nel 1968, aveva inizialmente rifiutato l’omologazione sul territorio europeo, per poi approvarla poco dopo. Nel 1975, poi, in una fabbrica americana – nello stato della Virginia – si scoprì che gli operai avevano sviluppato gravi problemi neurologici e ai testicoli dopo essere stati esposti al pesticida. Così, un anno dopo, l’industria viene chiusa. E il chlordecone fu vietato dal governo di Washington.
Ma non da quello di Parigi. Che dopo il primo via libera (limitato ad un anno) decise di continuare, per via dell’estrema efficacia del prodotto nel combattere il coleottero parassita. A contribuire, il fatto che il 1979 e nel 1980 due potenti uragani colpirono Martinica e Guadalupe, radendo al suolo la quasi totalità dei bananeti. Il che fece proliferare l’insetto. Combattuto, ancora una volta, con un uso massiccio di chlordecone.
Emmanuel Macron reconnaît le scandale de la pollution au chlordécone aux Antilles pic.twitter.com/Ei75wLBRT9
— BFMTV (@BFMTV) 28 settembre 2018
Bisognerà aspettare il 1990 perché la Francia decida di vietare il pesticida. Ma con alcune deroghe proprio per le Antille. Il motivo? Il fatto che l’impresa (francese) che produceva il pesticida ne aveva ancora enormi scorte nei magazzini. E il presidente dell’azienda era un certo Yves Hayot, imprenditore della Martinica che dirigeva anche il consorzio locale dei produttori di banane. Lo stop definitivo, di conseguenza, arriverà soltanto il 30 settembre 1993. Quattordici anni dopo la decisione dell’Organizzazione mondiale della sanità di classificare il chlordecone come possibile cancerogeno.
Il risultato è raccontato dai numeri. Oggi, si stima che 6.500 ettari di terre agricole a Guadalupe e 14.500 nella Martinica siano contaminati dal pesticida. Si tratta di un quarto della superficie agricola utile delle due isole. Lo rimarranno, secondo gli esperti, per 700 anni. Ma la sostanza è finita anche nei fiumi, e di conseguenza nei mari. Così, in enormi tratti di costa vige da decenni il divieto di pesca. “È come in Ucraina e Bielorussia dopo Chernobyl”, ha affermato uno storico.
Le chlordécone, un empoisonnement français https://t.co/lRhVAie6I2 pic.twitter.com/7ieDfYsSAA
— RFI (@RFI) 27 settembre 2018
Anche una parte del bestiame allevato a terra risulta contaminato. Così come le verdure, soprattutto patate e carote. Ma soprattutto, il chlordecone è ormai parte degli organismi della popolazione locale. La quasi totalità degli abitanti delle due isole è contaminata dalla sostanza, che è anche un interferente endocrino, anche a dosi minime. Altera lo sviluppo cognitivo e motorio dei neonati, ha un impatto sulla fertilità ed è fortemente sospettato di essere la causa di un gigantesco aumento dei casi di cancri alla prostata.
Le Antille francesi detengono infatti il triste record del mondo per tale patologia: 227,2 nuovi casi all’anno ogni 100mila uomini. Per questo le associazioni locali hanno organizzato proteste, depositato denunce. Ma la giustizia, sul tema del chlordecone, è stata finora estremamente lenta.
Il presidente in carica Museveni è stato dichiarato vincitore delle elezioni in Uganda dalla commissione elettorale, ma non mancano le denunce di irregolarità.
Preservare i fiumi e la loro biodiversità lungo i confini tra Russia, Cina e Mongolia. È questo l’obiettivo del water defender russo Eugene Simonov.
La Lombardia è in piena zona rossa: per le misure di contenimento del coronavirus, e per lo smog salito ben oltre i livelli di guardia.
Uno studio canadese ha analizzato le particelle di plastica presenti nell’Artico, scoprendo che nel 73 per cento dei casi si tratta di poliestere.
Da più di vent’anni Cardona si batteva per proteggere le più rare specie di pappagalli del suo paese, la Colombia. Un paese che però l’ha tradito.
Gli Stati Uniti registrano la più significativa riduzione delle emissioni dal secondo dopoguerra, ma tutto potrebbe cambiare con il ritorno alla normalità.
Uno studio italiano esclude l’ipotesi che gli animali domestici possano trasmettere la Covid-19 agli esseri umani. Facciamo il punto con l’esperto.
L’attacco dei miliziani Mai-Mai che ha causato la morte di sei ranger del Parco nazionale di Virunga non è un incidente isolato.
Un tempo le acque della Drina, in Bosnia-Erzegovina, erano cristalline. Ora nel fiume navigano gigantesche isole di rifiuti che minacciano l’intero ecosistema.