Cop 26, i lavori preparatori mostrano un mondo ancora diviso

Le tre settimane di lavori preparatori della Cop 26 di Glasgow hanno mostrato ancora le solite, profonde divergenze tra i governi.

La ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop 26 in programma a Glasgow nel prossimo mese di novembre, rischia di partire con il piede sbagliato. Dopo tre settimane di riunioni quotidiane in videoconferenza, i negoziati pre-summit che si sono tenuti a cavallo tra maggio e giugno si sono conclusi con l’ennesimo, sostanziale fallimento.

Finanziamenti, trasparenza e carbon market bloccano i negoziati pre-Cop 26

“Non posso dire che ci siano stati grandi passi in avanti”, ha ammesso nel corso di una conferenza stampa Patricia Espinosa, segretaria generale dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che organizza le Cop. “È necessario – ha aggiunto – ottenere delle indicazioni a livello politico”. Un commento che appare più sincero rispetto al comunicato ufficiale, nel quale la dirigente parla di “molto lavoro da fare” ma anche di “giudizio complessivamente positivo”.

cop26 sul clima, la presentazione di conte e johnson
Il primo ministro inglese Boris Johnson e l’allora presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte in occasione della presentazione della Cop 26, poi rinviata per la pandemia © Chris J Ratcliffe-WPA Pool/Getty Images

I problemi che sono risultati di fatto insormontabili nel corso della sessione di lavori preparatori sono stati in particolare tre. In primo luogo quelli legati ai finanziamenti che dovranno essere concessi per le politiche di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Può apparire incredibile, ma ancora si discute sui 100 miliardi di dollari all’anno che avrebbero dovuto essere concessi dalle nazioni ricche del mondo a quelle più povere e vulnerabili. Un impegno che era stato assunto alla Cop 15 di Copenaghen, nel 2009, e che non è mai stato rispettato, se non parzialmente.

Il presidente della Cop 26 Alok Sharma convoca una nuova riunione

In secondo luogo, le discussioni si sono arenate sul tema della trasparenza. Ai governi viene infatti chiesto di poter monitorare gli sforzi effettuati per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, anche in relazione al calendario fissato. Infine, non c’è accordo sui termini del cosiddetto carbon market. Si tratta dello stesso tema che ha bloccato per la sua intera durata la Cop25 di Madrid, nel 2019.

Al centro della disputa c’è l’articolo 6 dell’Accordo: quello che avrebbe dovuto indicare le regole che governeranno il nuovo sistema per lo scambio delle quote di emissioni di CO2. Di fronte all’impossibilità di trovare un compromesso tra le nazioni, tutto era stato rimandato proprio alle successive sessioni di negoziati.

Il presidente della Cop 26, Alok Sharma
Il presidente della Cop 26, Alok Sharma © Justin Tallis – Wpa Pool/Getty Images

Se non si troveranno punti di incontro su tali questioni, sarà difficile – se non impossibile – rendere operativo l’Accordo di Parigi, raggiunto ormai cinque anni e mezzo fa nella capitale francese. Anche per questo il presidente della Cop 26, Alok Sharma, ha convocato una riunione ristretta, per il 25 e 26 luglio, che si terrà a Londra. Un incontro di “delegati rappresentanti dei ministri di più di 40 nazioni”, che dovrà “avanzare sul lavoro tecnico” a partire dagli ultimi negoziati.

Perché occorre forzare la mano per superare le reticenze sul clima

Sharma ha aggiunto che “occorre accelerare avvicinandoci alla Cop 26 e mantenere l’obiettivo degli 1,5 gradi centigradi” di limitazione della crescita della temperatura media globale, entro il 2100, rispetto ai livelli pre-industriali. Per farlo, però, servirà anche forzare la mano dei governi reticenti. La diplomazia britannica dovrà replicare il successo che ottenne quella francese nel 2015. All’epoca, però, il sistema politico mondiale non era quello di oggi. E non c’era una pandemia alle spalle, che in troppi vorrebbero superare “a qualunque costo”.

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