
La Cop26 è stata un appuntamento vitale per l’Africa che contribuisce in misura minima ai cambiamenti climatici, ma ne sopporta le conseguenze peggiori.
La Cop 25 si avvia lentamente verso il fallimento. L’ambizione sperata, urlata, implorata non si è vista. Così entriamo nel decennio decisivo.
Com’è consuetudine i lavori della conferenza sul clima proseguono ben oltre il tempo massimo previsto dal calendario. Questa volta, però, non sembra che l’extra time sia finalizzato a ultimare o definire gli ultimi dettagli, togliere le ultime parentesi dalle bozze negoziali. Il tempo supplementare questa volta sembra utile solo a certificare il fallimento di questa conferenza il cui obiettivo era: strappare promesse ambiziose per ridurre drasticamente le emissioni di CO2 e mantenere l’aumento della temperatura media ben al di sotto dei 2 gradi.
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Nel 2020, infatti, scade il quinquennio previsto dall’Accordo di Parigi e concesso agli stati per migliorare i piani di mitigazione che, ad oggi, portano dritti verso un aumento di oltre 3 gradi. In questi giorni solo 73 “piccoli stati” – in termini di emissioni – hanno risposto alla chiamata di migliaia di scienziati, del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, degli attivisti per il clima, della Persona dell’anno Greta Thunberg che hanno chiesto più “ambizione”. Più coraggio. Più qualcosa, qualunque cosa.
On the last day of #COP25 I appeal to countries to send a message of ambition to the world – to align their climate objectives to science, and commit to stronger #ClimateAction. pic.twitter.com/uxRU2P8iHB
— António Guterres (@antonioguterres) December 13, 2019
Durante gli ultimi giorni di negoziati, l’Europa ha varato il suo piano, il Green new deal, per dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, salvo non aver ancora chiaro come ripartire le quote di riduzione tra i 28 membri. Le ong, pur sapendo quanto sia importante l’Unione europea nel processo negoziale, avrebbero voluto un taglio delle emissioni del 65 per cento per costruire quella fiducia che i paesi sviluppati si aspettano da paesi industrializzati. A conferma di ciò, l’iniziativa europea non è stata sufficiente per convincere paesi come Australia, Arabia Saudita, Brasile e Sudafrica a fare di più. Anzi, “vengono qui e distruggono l’Accordo di Parigi riempiendolo di cavilli che gli impediscono di funzionare come dovrebbe”, ha dichiarato ieri Jennifer Morgan di Greenpeace.
.@WWF‘s @VPerezCirera on #COP25 talks: “The extremely weak draft decision text made available this morning is shocking, especially in regards to #ClimateAmbition. We cannot kick-off the #ParisAgreement with pledges that take us to a 3°C plus world.” https://t.co/OLJCGoxGcK pic.twitter.com/44KcXtbq6a
— WWF Climate & Energy (@climateWWF) December 14, 2019
Nell’area riservata ai giornalisti, alla fiera di Madrid, si respira l’aria di Copenaghen, la Cop fallimentare di dieci anni fa, quando tutte le speranze di raggiungere un accordo si scontrarono con la realtà. Per questo sono partite le scommesse su quando finirà questa conferenza sul clima, la numero 25. Stasera, domani pomeriggio, lunedì mattina? Sul risultato finale, nessuno ha più dubbi.
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