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Cop26, diffusa a Glasgow la terza bozza di dichiarazione finale

Nella mattinata di sabato 13 novembre è stata diffusa una terza bozza di dichiarazione finale alla Cop26 di Glasgow.

Aggiornamento 13 novembre ore 10 – È stata diffusa, in leggero ritardo rispetto a quanto preventivato, la terza bozza di accordo alla Cop26 di Glasgow. Il testo conferma, al punto 36, la versione “edulcorata” relativamente al phaseout (uscita) da carbone e sussidi alle fonti fossili. Nel primo caso saranno chiuse solo le centrali che non presentano annessi sistemi di recupero della CO2 emessa, mentre per quanto riguarda i sussidi saranno eliminati soltanto quelli considerati “inefficaci”. Non vengono inoltre indicate date specifiche ma un generico invito ad “accelerare”.

È stato tuttavia introdotta la frase recognizing the need for support towards a just transition (“riconoscendo la necessità di supportare il percorso verso una transizione equa”), il che richiama l’importanza di sostenere soprattutto i meno abbienti e più vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici. Un passo in avanti, sembrerebbe, perché posto a tutela non tanto dei produttori di gas e petrolio, quando delle persone che si trovano a far fronte a un aumento dei costi delle bollette energetiche soprattutto nel corso delle stagioni fredde.

Per quanto riguarda invece gli altri gas ad effetto serra, oltre al biossido di carbonio, le parti sono state “invitate” (termine piuttosto blando) a “considerare ulteriori azioni per ridurre entro il 2030 le emissioni di gas non-CO2, incluso il metano”. Il riferimento esplicito a quest’ultimo resta tuttavia positivo.

Come già indicato nella seconda bozza, ai governi viene rinnovato l’invito a rivedere e rafforzare entro il 2022 le Ndc, Nationally determined contributions, ovvero le promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, poiché quelle attuali porterebbero l’aumento della temperatura media globale ben al di sopra dei 2 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. 

Al punto 31, infine, si “decide di organizzare un meeting ministeriale annuale di alto livello sulle azioni da intraprendere prima del 2030”: un altro segnale che indica la volontà di mantenere ancora viva la speranza di limitare il riscaldamento globale ad 1,5 gradi. Viste le difficoltà incontrate nei negoziati, la scelta sembra ormai chiara: lavorare per far sì che non tutto sia perduto e si possa tentare ancora la svolta in futuro.

È stato confermato che le sessioni informali tra le parti, alla Cop26, riprenderanno in tarda mattinata. Per la plenaria occorrerà aspettare il pomeriggio.

Le reazioni delle organizzazioni non governative all’ultima bozza non sono particolarmente positive, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di finanziamento delle perdite e dei danni (loss and damage) a favore dei paesi più poveri: “L’ultima versione – ha spiegato Tasneem Essop, direttore esecutivo del Climate action network – rappresenta un chiaro tradimento da parte delle nazioni ricche (Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito). Bloccando la proposta di G77 + Cina e dell’Aosis (l’Alleanza dei piccoli stati insulari), che assieme rappresentano 6 miliardi di persone, sulla creazione di uno strumento ad hoc, hanno dimostrato la loro completa mancanza di solidarietà e di responsabilità”. Allo stesso modo, secondo Saleemul Huq, direttore del Centro internazionale per lo sviluppo e i cambiamenti climatici (Icccad), “la terza bozza è perfino peggiore della prima sul tema del loss and damage. Le parole della presidenza britannica rivolte alle nazioni vulnerabili si sono rivelate totalmente inattendibili”.

Aggiornamento ore 21:30 – Il presidente della Cop26, Alok Sharma, ha inviato un messaggio ai partecipanti alla Conferenza, spiegando che non ci saranno altre riunioni nella notte tra venerdì e sabato. Una nuova bozza sarà inviata attorno alle 8 di mattina, e una nuova sessione informale di negoziati sarà avviata a partire dalle 10. Nel corso del pomeriggio, quindi, saranno organizzate le riunioni in plenaria. La dichiarazione finale, dunque, non arriverà con ogni probabilità prima della serata.


Alle 7:13 di venerdì 12 novembre, la presidenza della ventiseiesima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la Cop26 di Glasgow, ha pubblicato una nuova bozza di dichiarazione finale. Che presenta alcuni passi indietro rispetto alla prima versione, diffusa all’alba di mercoledì.

Una formulazione più debole sull’uscita dal carbone e sui sussidi alle fossili

A preoccupare è soprattutto il punto 36, nel quale si “richiamano” le parti ad accelerare lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie per la transizione verso sistemi di produzione di energie a basse emissioni. Per farlo, occorre forzatamente abbandonare il carbone ed azzerare al più presto i sussidi governativi concessi anche alle altre fonti fossili.

Nella prima versione, tuttavia, il testo parlava in modo “tombale” di phaseout (uscita) dal carbone e dai finanziamenti alla stessa fonte, assieme a gas e petrolio. Al contrario, nella seconda bozza sono state introdotte le parole unabated (ovvero “prive di sistemi di recupero della CO2 prodotta”), con riferimento alle centrali a carbone da chiudere, e inefficient (inefficaci), riferito ai sussidi. La formulazione, qualora fosse mantenuta in questa seconda versione, concederebbe dunque margini ben più ampi a chi, a vario titolo, sfrutta le energie fossili.

Proposta una tavola rotonda annuale sulle azioni pre-2030

Viene invece confermato l’impegno ad incrementare il calo delle emissioni nel decennio in corso, al fine di mantenersi in una traiettoria tale da lasciare viva la speranza di centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi centigradi. Al punto 31 del testo appare inoltre, a questo proposito, la decisione di organizzare “una tavola rotonda di alto livello, ogni anno”, sulle azioni da intraprendere prima del 2030.

Un attivista alla Cop26 di Glasgow
Un attivista alla Cop26 di Glasgow © Ian Forsyth/Getty Images

La nuova bozza, in ogni caso, appare annacquata rispetto alla precedente. E sembrano in questo senso rimaste inascoltate, almeno per ora, le parole accorate pronunciate nel pomeriggio di giovedì, in assemblea plenaria, dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres: “Le promesse stonano quando l’industria delle energie fossili continua a ricevere migliaia di miliardi di sovvenzioni o quando i governi continuano a costruire centrali a carbone”.

I negoziati potrebbero proseguire anche nel weekend alla Cop26

Allo stesso modo, Patricia Espinosa, segretaria esecutiva dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, aveva ammonito: “Nei giorni che restano gli occhi del mondo sono puntati su Glasgow. Per vedere se sapremo assumere le decisioni audaci che servono per provare che la transizione ecologica è davvero in corso”.

Mentre l’attivista ugandese Vanessa Nakate aveva ammonito: “Il mondo non sarà salvato dalle promesse. Dobbiamo cambiare, siamo a un bivio, e c’è ancora un margine secondo ciò che ci dice la scienza. Ma come possiamo credere ai leader che non hanno fatto nulla finora e non hanno rispettato le loro promesse? Noi non vi crediamo più. A voi la responsabilità di dimostrare che non è così, che siete onesti. Vi supplico, dimostrateci che ci sbagliamo, che abbiamo torto”.

Per la finanza impegni poco stringenti

“La bozza che sta circolando – commenta Marisa Parmigiani, responsabile sostenibilità di UnipolSai Assicurazioni – è molto deludente per chi si occupa di sostenibilità perché definisce pochi impegni consistenti e valorizza ancor meno il multilateralismo”. Per quanto riguarda la finanza, il ruolo è esplicitato nei punti 53 e 54: “Il primo chiede ai paesi sviluppati, alle banche multilaterali e alle istituzioni finanziarie di allineare i loro finanziamenti agli obiettivi di Parigi, nel rispetto degli scenari e dei dati scientifici: una spinta gentile all’adozione di strategie climatiche Science based target per il settore finanziario, ma senza richieste stringenti. Ancora meno tecnicamente vincolante se applicato alla finanza pubblica che, ad oggi, non ha ancora sviluppato strumenti in tal senso”.

L’articolo 53, invece, chiede maggiore trasparenza. “Ci si aspettava l’introduzione per alcuni interlocutori di un obbligo di rendicontazione secondo il modello definito dalla Task force for climate disclosure (Tcfd), come adottato dalla Gran Bretagna e suggerito dal G20, ma probabilmente ci si limiterà a ribadire la tendenza in atto nel  potenziare la rendicontazione climatica. Sostanzialmente impegni poco sfidanti, che replicano una traiettoria che il mercato, per lo meno nei paesi sviluppati, ha già adottato”.

Il testo definitivo della Cop26 è atteso, teoricamente, per la serata di venerdì, ma viste le difficoltà incontrate nei negoziati è probabile che si continuerà a discutere fino a sabato, se non a domenica.

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