Cosa cambia per l’ultra fast fashion con i dazi di Trump?

I dazi imposti dall’amministrazione Trump potrebbero essere un enorme deterrente per il sistema ipercompetitivo della moda a basso costo.

  • Con  il termine ultra fast fashion ci si riferisce a società come Shein e Temu, che basano il loro modello produttivo su un continui rilascio di prodotti venduti a costi irrisori.
  • Uno dei meccanismi che ha consentito il proliferare di queste realtà è un cavillo del mercato statunitese, il “de minimis exemption”, che contente a merci di poco valore di poter entrare nel paese senza essere soggette a oneri doganali.
  • I dazi minacciati dall’amministrazione guidata da Donal Trump potrebbero mettere in crisi i colossi dell’ultra-fashion, che si vedrebbero costretti a rivedere le loro politiche di prezzo.

Negli ultimi anni, piattaforme come Shein e Temu sono diventate nomi familiari per milioni di consumatori, soprattutto tra i giovani. Offerte lampo, jeans a 10 dollari, top a meno di cinque, e la possibilità di rinnovare l’intero guardaroba con meno di 50 dollari: tutto questo è stato reso possibile da un sistema logistico e fiscale estremamente vantaggioso per le aziende cinesi. Ma il cambiamento normativo negli Stati Uniti promesso e promosso dall’amministrazione guidata dal presidente Donald Trump rischia ora di ribaltare l’equilibrio su cui si regge questo mercato. Il meccanismo chiave che ha permesso a Shein e Temu di prosperare nel mercato statunitense è una scappatoia conosciuta come de minimis exemption. Secondo questa regola, le merci importate negli Stati Uniti che hanno un valore inferiore a 800 dollari possono entrare nel Paese senza essere soggette a dazi o controlli doganali approfonditi. Le aziende cinesi ne hanno approfittato in modo massiccio: spedendo ogni singolo articolo come pacco individuale, sono riuscite a evitare imposte e a mantenere i prezzi bassissimi. Ogni giorno, milioni di pacchetti partono direttamente dai magazzini cinesi per raggiungere i consumatori americani, aggirando il sistema commerciale convenzionale e bypassando i rivenditori locali.

Shein è un brand cinese di ultra fast fashion, capace di immettere sul mercato 6000 nuovi prodotti al giorno © Getty Images

Trump, i dazi e l’ultra fast fashion

Ora Donald Trump, desideroso di rafforzare la produzione nazionale, ha deciso di porre fine a questo canale preferenziale. Pur smorzando la retorica da guerra commerciale che aveva caratterizzato il suo primo mandato, Trump ha annunciato nuove regole che limitano drasticamente l’uso dell’esenzione de minimis per i prodotti provenienti dalla Cina. Il risultato immediato sarà un aumento dei costi per le aziende del fast fashion e, di conseguenza, per i consumatori. Senza più la possibilità di evitare le imposte doganali, i prezzi dei prodotti subiranno inevitabilmente un rialzo. Inoltre, l’inserimento nei controlli doganali comporterà tempi di consegna più lunghi, riducendo l’efficacia del modello “just-in-time” che ha reso Shein un colosso globale.

Secondo Meaghan Tobin, corrispondente per il New York Times specializzata in tecnologia e business in Asia, il provvedimento rappresenta un momento cruciale per il settore del fast fashion. “È possibile che stiamo assistendo all’inizio della fine di un’era, quella della moda usa e getta a basso costo e a portata di click”, spiega. Molte aziende potrebbero essere costrette a rilocalizzare parte della produzione o a rivedere la propria logistica per mantenere la competitività. Alcune stanno già valutando l’apertura di hub di distribuzione in Messico o in altri Paesi vicini agli Stati Uniti, per evitare la dogana americana pur rimanendo dentro il trattato commerciale nordamericano”.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump @Getty Images

Una buona notizia per l’ambiente?

Paradossalmente, questa stretta normativa potrebbe avere effetti positivi sul piano ambientale. L’impatto ecologico più devastante di fast fashion e ultra fast fashion risiede nel problema della sovrapproduzio e: montagne di vestiti scartati, produzione intensiva, uso massiccio di risorse e emissioni legate alle spedizioni internazionali. Se i prezzi dovessero salire, i consumatori potrebbero tornare a un approccio più consapevole e sostenibile, comprando meno ma meglio. Il rallentamento del consumo compulsivo potrebbe anche spingere le aziende a investire in modelli di produzione più responsabili e a migliorare la qualità dei prodotti offerti.

E in Europa? Bruxelles propone una tassa di 2 euro 

La questione riguarda da vicino anche l’Europa. Sebbene le regole doganali dell’UE siano diverse da quelle americane, l’enorme successo di Shein e Temu sul mercato europeo ha attirato l’attenzione delle istituzioni. Bruxelles sta valutando l’introduzione di norme più stringenti sulla trasparenza delle catene di fornitura e sulla responsabilità ambientale delle aziende extraeuropee che vendono online ai cittadini europei. Non solo: l’imposizione di nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump sui prodotti cinesi ha avuto un impatto significativo anche sul mercato europeo del fast fashion. Dopo la decisione degli Stati Uniti di introdurre una tassa fissa di 100 dollari per ogni pacco proveniente dalla Cina, unita a una revisione al ribasso – ma pur sempre significativa – del dazio sulle spedizioni fino a 800 dollari (passato dal 120 per cento al 54 per cento), l’Europa si è trovata a fronteggiare un rischio concreto: l’invasione di prodotti a basso costo inizialmente destinati al mercato statunitense. Per arginare questo fenomeno e garantire una concorrenza più equa, Bruxelles ha proposto l’introduzione di una tariffa fissa di due euro su miliardi di pacchi di piccolo valore – sotto i 150 euro – spediti direttamente ai consumatori europei, soprattutto dalla Cina. Secondo il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic, oltre il 90 per cento dei 4,6 miliardi di pacchi entrati nell’UE nel 2023 provenivano proprio dal colosso asiatico, esercitando una pressione enorme sul sistema doganale europeo.

La nuova misura mira a coprire i costi di gestione, rafforzare i controlli sulla sicurezza e qualità dei prodotti, e generare nuove entrate per il bilancio comunitario. I principali destinatari del provvedimento sono marketplace come Shein e Temu, che godono di una vasta base di utenti in Europa (rispettivamente 130 e 92 milioni secondo le stime). Queste piattaforme, che hanno finora approfittato dell’esenzione “de minimis” per eludere dazi su articoli a basso valore negli USA, dovranno ora confrontarsi con normative più stringenti anche nel Vecchio Continente. Inoltre, l’opinione pubblica — sempre più sensibile ai temi della sostenibilità e dei diritti dei lavoratori — potrebbe giocare un ruolo determinante nel ridefinire le scelte di acquisto, indebolendo ulteriormente il modello fast fashion. Il cambiamento in atto negli Stati Uniti segna un punto di svolta nel panorama globale della moda low cost. Se l’era d’oro delle T-shirt a due dollari sta per finire, si apre forse una nuova fase. Resta da vedere come reagiranno i consumatori e, soprattutto, se i giganti del fast fashion sapranno reinventarsi per sopravvivere in un contesto sempre più regolamentato e meno permissivo.

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Articoli correlati