Terza incriminazione per Donald Trump, cosa può succedere ora

Una terza incriminazione in quattro mesi è stata notificata all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Donald Trump è sempre più nella bufera. La terza incriminazione a suo carico nel giro di quattro mesi, giunta nella serata di martedì 1 agosto, senz’altro la più grave. L’ex presidente degli Stati Uniti è accusato infatti dalla giudice federale Tanya Chutkan di aver tentato di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020. Quelle segnate, il 6 gennaio del 2021, dalla clamorosa irruzione dei sostenitori del miliardario statunitense nel Campidoglio di Washington.

Il calendario delle udienze potrebbe minare la campagna elettorale di Trump

Per questa ragione, Trump dovrà rispondere di “complotto contro lo Stato americano”, “violazione dei diritti elettorali”, nonché “ostacolo a procedure ufficiali”. E la giudice che si troverà di fronte e nota per la sua severità: ha già condannato altri sostenitori dell’uomo d’affari proprio per aver partecipato all’assalto di due anni fa.

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Un’immagine dell’assalto dei sostenitori di Donald Trump al Congresso americano © Win McNamee/Getty Images

Inoltre, nel 2021, aveva rigettato in maniera sprezzante la richiesta giunta dall’ex presidente di mantenere segrete alcune informazioni riguardanti fatti e comportamenti assunti dallo stesso Trump. “I presidenti non sono dei re”, aveva tuonato la giudice. Inoltre, il procuratore Jack Smith ha dichiarato di puntare ad un processo rapido, col rischio per l’ex presidente di trovarsi impantanato in un fitto calendario di udienze, proprio nel mezzo della sua campagna per le presidenziali, previste il 5 novembre del 2024.

Ciò anche per via te le altre due incriminazioni e quelle ulteriori che si ritiene possano arrivare. Il riferimento, in particolare, è alla giustizia della Georgia, che sta indagando su possibili tentativi di modificare i risultati elettorali nello stato federale. Né è dato sapere quanto a lungo dureranno i relativi processi.

Prosciugate le casse del comitato elettorale

Ciò che è certo, è che nella giornata di oggi, 3 agosto, Trump comparirà per la prima volta in tribunale, a Washington (alle 16 ora locale). Così come è noto che il costo per Trump di tali processi sarà particolarmente elevato dal punto di vista finanziario. Un’analisi del New York Times ha rivelato come il suo comitato elettorale possa contare attualmente soltanto su 105 milioni di dollari in cassa. Tutti i fondi sono stati infatti utilizzati proprio per pagare a Trump le spese legate alle vicende giudiziarie. Ciò benché il denaro avrebbe dovuto essere utilizzato per scopi ben più legati alla campagna elettorale, come spot televisivi o propaganda sul territorio, come sottolineato dall’emittente Cbs.

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Donald Trump è il primo ex presidente degli Stati Uniti a essere incriminato © Gage Skidmore/Wikimedia Commons

Malgrado i problemi con la giustizia, però, la popolarità di Trump nell’elettorato conservatore americano non sembra scemare. Il miliardario continua a risultare in testa in tutti i sondaggi sulle primarie repubblicane (che si terranno tra gennaio e luglio del prossimo anno). Anche perché, di fatto, i processi fanno sì che tutta l’attenzione mediatica resti concentrati sulla sua figura.

In caso di elezione, Trump potrebbe cancellare i processi

E se le primarie, probabilmente, si svolgeranno prima delle sentenze definitive, i primi verdetti giudiziari potrebbero influire sulle presidenziali di fine 2024. Soprattutto incidendo sulle intenzioni di voto degli elettori più indecisi.

Ma c’è un’ulteriore ipotesi che il New York Times evoca: quella che vede Trump uscire vincitore dalle urne, a novembre, mentre i processi sono ancora in corso. Il ministero della Giustizia potrebbe in quel caso chiedere che tutti i procedimenti siano abbandonati. Il che porterebbe gli Stati Uniti ad affrontare un caso inedito nella loro storia, in termini politici ma anche di conflitto tra amministrazione e potere giudiziario.

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