Dai tagli alla ricerca all’Accordo di Parigi: la crociata anti-clima di Donald Trump dalla sua elezione

La guerra commerciale e i conflitti armati hanno parzialmente oscurato le numerose e deleterie scelte sul clima di Donald Trump nel suo primo anno del nuovo mandato da presidente.

Stop alla transizione ecologica, rilancio delle filiere dei combustibili fossili, uscita (per la seconda volta) dall’Accordo di Parigi, licenziamenti di migliaia di scienziati, tagli ai bilanci, cancellazione delle pagine web che trattano temi legati ai cambiamenti climatici. L’abnegazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel distruggere la maggior parte delle politiche di lotta al riscaldamento globale adottate, con fatica, nel corso dell’amministrazione Biden è stata continuativa nel corso del primo anno del suo secondo mandato alla Casa Bianca. A volte le decisioni sono però passate in secondo piano, tali e tante sono state le altre scelte dirompenti adottate dal miliardario americano.

Dall’amministrazione Trump 150 decisioni contro clima e ambiente

L’avvio di una guerra commerciale senza precedenti che ha coinvolto il mondo intero, assieme all’imposizione di un ruolo diplomatico nei conflitti in Ucraina e nella Striscia di Gaza, hanno infatti in alcuni casi captato la maggior parte dell’attenzione dell’opinione pubblica. Mentre si avvicina però la trentesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (la Cop30 che si terrà a novembre a Belém, in Brasile), il peso della crociata climatoscettica statunitense rappresenta un campanello d’allarme per il mondo intero.

L’elenco delle misure adottate dall’amministrazione di Washington contro clima e ambiente è infinito. C’è chi ha contato quasi 150 decisioni nel solo periodo tra il 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Trump, alla fin di luglio.

A farne le spese è stata prima di tutto la ricerca scientifica. Già nello scorso mese di marzo, in soli due mesi di presidenza, Trump era riuscito a far cacciare 1.300 licenziati alla Noaa, la National oceanic and atmospheric administration, alcuni cacciati con una semplice mail.

Noaa, Epa, Fema, Nws, Nasa: la scure di Trump sulla ricerca scientifica

L’agenzia, fondamentale non solo per la ricerca climatica ma anche per i modelli previsionali meteorologici, ha visto finora il proprio organico diminuire del 20 per cento, il che equivale alla perdita di oltre duemila persone. In molti casi i licenziamenti sono arrivati praticamente dalla sera alla mattina. E secondo un documento interno che la testata Science ha potuto consultare, la direzione della Noaa sarà costretta a chiudere del tutto il suo centro di ricerca, mantenendo solo le attività di monitoraggio.

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Una raffineria in California, negli Stati Uniti © David McNew/Getty Images

La scure antiscientifica voluta dal presidente di estrema destra americano non ha risparmiato neppure il servizio meteorologico nazionale (National weather service), né l’Agenzia federale per la gestione delle situazioni di emergenza (la Fema). Quest’ultima ha perso circa mille dipendenti, nonostante la sua importanza sia stata evidente anche nei recentissimi casi delle alluvioni in Florida dopo il passaggio dell’uragano Milton o dei mega-incendi divampati in California.

Il 28 aprile, poi, gli autori della prossima valutazione nazionale sul clima (prevista nel 2027) sono stati congedati. Il rapporto, che ogni cinque anni, dal 1990, viene redatto da centinaia di scienziati, rappresenta(va) un documento fondamentale per orientare le politiche degli Stati Uniti non soltanto sul clima ma anche in settori come l’agricoltura, la sanità, i trasporti. E i precedenti report sono stati rimossi dai siti web governativi.

La scienza secondo Trump: sì a ciò che fa comodo, no a ciò che dà fastidio

È la scienza secondo l’amministrazione di Washington: si tiene ciò che fa comodo, si cancella ciò che dà fastidio. Per questo, ad esempio, si è deciso di cancellare finanziamenti per 4 milioni di dollari a un istituto di ricerca legato all’università di Princeton, giustificando la decisione con il fatto che gli studi sul clima “producono ansia” e “esagerano i rischi”. Tagli sono stati imposti poi alla National science foundation, una struttura che si occupa di concedere fondi per la ricerca alle università: di conseguenza, centinaia di progetti sono stati bloccati.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump © Tasos Katopodis/Getty Images

Nel suo impeto anti-scientifico, Trump ha quindi puntato il dito contro l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, (Environmental protection agency, Epa), che ha perso allo stesso modo oltre mille dipendenti, comprese duecento persone che lavoravano nella divisione per la giustizia ambientale. Alla testa dell’agenzia è stato posto Lee Zeldin, politico repubblicano, e a giugno è arrivata la proposta-shock di eliminare la quasi totalità delle normative ambientali in vigore negli Stati Uniti. Comprese, ad esempio, quelle che impongono limiti alle emissioni di gas ad effetto serra provocate dalle centrali a carbone.

Il caso-limite del licenziamento della scienziata-capo della Nasa

Neppure la Nasa è stata poi risparmiata. Il 10 marzo era stata licenziata perfino la scienziata-capo della celebre agenzia spaziale statunitensela climatologa Katherine Calvin, assieme a una ventina di suoi collaboratori. Il suo ufficio, assieme a due altri dipartimenti dell’agenzia, è stato completamente smantellato, come confermato dalla stessa Nasa. La figura dello scienziato-capo esisteva dal 1982 ma era già stata eliminata nel 2005 da George W. Bush, quindi ripristinata nel 2011 da Barack Obama.

Per la Nasa si tratta di una grave perdita poiché Calvin, dal 2023, è anche co-presidente del gruppo di lavoro 3 presso il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc). A febbraio, d’altra parte, le era già stato impedito dal governo di partecipare a una riunione di lavoro a Hangzhou, in Cina (fatto mai accaduto in precedenza).

La scienziata della Nasa licenziata da Trump, Katherine Calvin
La scienziata della Nasa licenziata da Trump, Katherine Calvin © Bill Ingalls/Nasa

Sostegno a gas e petrolio, stop alle rinnovabili, via dall’Accordo di Parigi

Per quanto riguarda infine le politiche energetiche, senza sorpresa Trump è rimasto fedele alla sua dottrina: ridare spinta alle fonti fossili, facilitando la produzione e lo sfruttamento di gas e petrolio (sono stati approvati quasi 4.500 permessi per le trivellazioni), ma anche ostacolando la diffusione delle rinnovabili. Sette grandi progetti fotovoltaici e undici eolici sono stati annullati da inizio anno, secondo quanto riferito al quotidiano francese Le Monde da Shannon Baker-Branstetter, dirigente del think tank Center for American Progress.

Di fatto, le già insufficienti promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra degli Stati Uniti non potranno così essere mantenute. Trump non dovrà neppure curarsi di giustificare le proprie scelte di fronte alla comunità internazionale, avendo scelto di uscire dall’Accordo di Parigi sul clima (per la seconda volta: la prima fu nel 2017). D’altra parte, le sue scelte sono in fondo coerenti: sia con il suo programma che con il nostro modello di sviluppo economico insostenibile.

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