Un’artista inglese organizza rave per gestire il lutto e l’ansia climatica

Nei momenti di dolore è difficile sorridere. Ma la pista da ballo unisce le persone e permette di elaborare sentimenti complessi attraverso il corpo. Il caso dell’artista londinese che organizza rave.

In un caldo pomeriggio di luglio in riva al Tamigi, la gente aspetta in coda sotto la scritta “ice cream” del coloratissimo chiosco di Annie in Canary Wharf, a Londra. La cosa curiosa è che pochi desiderano davvero un cono gelato. Quasi tutti gli avventori, infatti, hanno vissuto un lutto e si è sparsa la voce che qui, al The Fandangoe Skip, si trova una spalla su cui piangere senza essere giudicati.

“Sono venuta ogni giorno – ha riferito Marla (il nome è di fantasia) a uno degli organizzatori –; mio padre è morto due settimane fa e non mi sono mai sentita così sola. Ho dovuto aspettare tre mesi per poter ricevere aiuto dal servizio sanitario nazionale e i miei amici non sanno cosa dirmi. Venire qui mi ha fatto sentire meno sola e al sicuro nel parlare del mio dolore. Senza questa iniziativa non so cosa avrei fatto”.

L’arte aiuta ad affrontare il lutto

Regalare gelati è solo una delle tante trovate ideate in oltre dieci anni di attività itineranti dall’artista inglese Annie Frost Nicholson, nota come The Fandangoe Kid, per mettere a loro agio coloro che hanno perso una persona cara e aiutarle a gestirlo insieme a un team di operatori specializzati. 

Perché lo fai? “Nel 2011 ho perso molti membri della mia famiglia in modo tragico e la gestione di questa situazione ha influenzato il mio operato, in quanto considero le installazioni di arte pubblica e la loro portata, e l’impatto che hanno sulla società”, risponde Annie. Le sue opere, a metà tra performance e arte urbana, con incursioni nell’architettura e nel design, indagano le intersezioni tra senso di perdita e salute mentale. Programmi radiofonici, playlist, chioschi dei gelati, “rave del lutto” e ora persino una mini-discoteca hanno un solo obiettivo: colmare il vuoto che avvolge la morte nella nostra società, per chi resta. Creando uno spazio di dialogo sulle complessità e le sfumature della perdita e della salute mentale, attraverso l’arte pubblica e la pratica socialmente impegnata. “Il nostro ultimo programma a New York è stato un successo. Abbiamo offerto sessioni che invitavano le persone a liberarsi dal lutto e a esplorare la salute mentale a livello fisico: danza, meditazione, yoga. La discoteca e i Grief raves sono il risultato dell’ascolto di questi bisogni collettivi”.

Il team del chiosco di gelati Fandangoe Skip a New York © Courtesy The Loss Project

Un rave per scuotere fisicamente il proprio dolore

Sottocassa tutto passa, sostiene la tribù della techno. Chi conosce l’esperienza del lutto sa che i decibel non bastano, ma Annie ha sperimentato sulla propria pelle il potere trasformativo della musica e della danza: “Dopo la morte di mia sorella, sentivo che c’era una linea diretta con lei. Le canzoni sono davvero ‘sensoriali’ per me e Sonia. Se suono alcuni di questi brani ora, vengo trasportata indietro nel tempo, a quel periodo: è un vero conforto”. 

E poi ballare: “La pista da ballo è stata uno spazio di silenzio e di sicurezza mentre navigavo le grandi perdite e i dolorosi lutti della mia vita negli ultimi dieci anni. Dopo la pandemia, abbiamo notato un netto cambiamento nel modo in cui le persone desiderano connettersi e riunirsi. C’è un irrefrenabile bisogno di scuotere fisicamente il proprio dolore”.

All’inizio del 2022 Annie ha organizzato i suoi primi Grief rave a Londra e New York, in collaborazione con l’impresa sociale The Loss Project e con la crew di Street Soundsystem. L’idea era quella di riunire le persone per suonare e ballare canzoni che le connettono agli amati dipartiti, con una rabbia sopita o per qualsiasi tipo di distacco traumatico percepito come tale, dalla perdita del lavoro, del proprio futuro a causa della crisi climatica, alla fine di una relazione. La risposta è stata incredibile. 

“Il lutto, la perdita, i problemi di salute mentale e i momenti difficili possono essere molto impegnativi da raccontare e da condividere perché ci si rende vulnerabili. Spesso sono esperienze di vita stigmatizzate”, spiega Carly Attridge, fondatrice di The Loss Project. “La creatività, le arti, la natura e il movimento forniscono alle persone un modo accessibile per riconoscere, esplorare ed elaborare queste emozioni. È dimostrato che questi strumenti aiutino a migliorare l’umore e a ridurre la depressione e l’ansia, oltre a fornire uno sfogo positivo. L’altro elemento chiave è che non tutti amano parlare e, nella nostra collaborazione con The Fandangoe Kid, recentemente abbiamo visto che il pubblico è stato più attratto da attività basate sul movimento per esprimersi”. 

Uno studio inglese sulla pandemia

È d’accordo la dottoressa Lucy Selman dell’Università di Bristol, gli ultimi 17 anni trascorsi a condurre ricerche sull’esperienza delle persone in caso di malattie gravi, cure di fine vita e lutto. Nel 2020, ha guidato uno studio nazionale nel Regno Unito che analizzava le esperienze di lutto delle persone durante la pandemia. Ne è emerso un enorme bisogno di supporto emotivo, terapeutico e informale tra le persone che hanno subito una perdita, aggravato da notevoli difficoltà nel ricevere e accedere a tale supporto.

Per compensare questa lacuna, Selman ha avviato con un collega il progetto virtuale Good grief festival, che questa primavera si è concretizzato in un evento in presenza a un’ora da Bristol. Ovviamente il rave di Annie e Caryl era presente. 

Un modo in cui oggi il dolore viene nascosto è fare accadere la morte quasi sempre dietro le quinte

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Il ritmo dell’ansia climatica

Il nuovo progetto di Annie riguarda anche i cambiamenti climatici. Il 26 luglio a Canary Warf è partita la prima tappa della mini-discoteca per la salute mentale, un chiosco modernista Anni 50 in cui scrollarsi di dosso l’ansia climatica: “Sono particolarmente interessata a esplorare l’angoscia per il clima e il dolore politico più ampio e il modo in cui queste ansie parlano di esperienze più ampie di perdita e cambiamento. Poiché ci troviamo in un territorio sempre più preoccupante dal punto di vista politico e ambientale, sarebbe assurdo non considerare questi temi quando si progettano spazi pubblici”. Siamo pronti a ballare.

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