Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters, era da poco diventato papà quando le ha immortalate all’ospedale Nasser di Khan Younis. In uno scatto che, racconta, rappresenta “un momento potente e triste che riassume il senso più ampio di ciò che stava succedendo nella Striscia di Gaza”. Era il 17 ottobre 2023, dieci giorni dopo l’attacco di Hamas a cui è seguita l’offensiva militare israeliana. In questi sei mesi, sostiene il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), a Gaza è stato ferito o ucciso un bambino ogni dieci minuti. Sono morti in più di 13mila.

La salute mentale non è solo un tema individuale

Se la Photo of the year è un’agghiacciante testimonianza del dramma in corso a Gaza, la Photo story of the year è completamente diversa per tema e per collocazione geografica, ma altrettanto capace di scuotere le coscienze. Perché tutti, prima o poi, hanno (o avranno) a che fare con una persona colpita da una qualche forma di demenza. Complice l’invecchiamento della popolazione, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che oggi nel mondo ne soffrano circa 55 milioni di persone; più di sei su dieci vivono nei paesi in via di sviluppo.

Paesi come il Madagascar, dove lo stigma è ancora radicato. È anche per questo se, per nove lunghi anni, Dada Paul (Paul Rakotozandriny) ha convissuto con i sintomi nel silenzio. La diagnosi è arrivata grazie alla presa di coscienza di una dei suoi dieci figli, Fara Rafaraniriana. Le foto di Lee-Ann Olwage la seguono mentre si prende cura del padre giorno dopo giorno, spinta da quel senso di responsabilità che in malgascio prende il nome di valimbabena.

stigma sulla demenza in Madagascar
Valim-babena © Lee-Ann Olwage/GEO

Migrazioni e guerra nelle immagini del World press photo

“Migranti e richiedenti asilo sono obbligati a spostarsi per varie ragioni ed è qualcosa di naturale per il genere umano: spostarsi, emigrare, trovare posti migliori in cui vivere. Le persone non sono stanziali”. È la dichiarazione di Alejandro Cegarra, vincitore del Photo long-term project award. Migrante lui stesso (si è trasferito dal Venezuela al Messico nel 2017), nel 2018 ha dato il via a un progetto fotografico dedicato alle comunità migranti nelle città messicane di confine.

Arriva invece dall’Europa la vincitrice del Photo open format award, un premio dedicato a quei progetti che sono un mix di formati e linguaggi. Nel sito intitolato War is personal (la guerra è personale), la fotogiornalista e filmmaker Julia Kochetova fa capire cosa rappresenta la guerra in Ucraina per lei che in Ucraina è nata, cresciuta e ha scelto di restare. “Mi sto solo guardando allo specchio, perché non è solo una guerra, è la mia guerra”.

guerra in Ucraina
La guerra è personale © Julia Kochetova

L’edizione 2024 del World press photo

L’edizione 2024 del prestigioso concorso World press photo, la 67ma, ha raccolto 61.062 candidature da parte di 3.851 fotografi in 130 paesi. A passarle in rassegna una per una sono state prima le sei giurie regionali, poi una giuria internazionale. Quattro i premi assegnati a livello internazionale: Photo of the year, Photo story of the year, Photo long-term project award e Photo open format award. Annunciati il 18 aprile, sono stati scelti tra i 24 vincitori regionali, a cui si aggiungono sei menzioni d’onore e due menzioni speciali della giuria. Le opere vincitrici del World press photo saranno protagoniste di una mostra che farà tappa in più di sessanta città: per l’Italia c’è Roma, tra l’8 maggio e il 9 giugno 2024.