
Ha dato il via ai concerti ad alta quota ben 28 anni fa distinguendosi sin dall’inizio per il rispetto delle terre alte. Sancito anche da un manifesto.
Istruttore di windsurf, kitesurf e cantautore, Tiziano Tamisari ha scelto la musica come strumento per lanciare il suo messaggio: tutti possono salvare il Pianeta ed entrare a far parte de L’Esercito Buono.
Tiziano Tamisari è, prima di tutto, un amante del mare. Nato a Milano, sin da piccolo ha capito che il richiamo del mare e il rumore del vento erano troppo forti e non lo avrebbero mai abbandonato.
Così ha fatto della sua passione per acqua e vento un lavoro e da oltre venti anni è istruttore di windsurf e kitesurf. Da oltre venti anni, cioè, vive l’elemento acqua in tutte le sue sfaccettature ed è anche grazie alla sua professione che ha avuto modo di viaggiare in tutto il mondo.
Ma Tiziano è anche un musicista: nel 2012 è uscito il suo primo album, 9 nodi, interamente prodotto da Franz di Cioccio, batterista, cantante e uno dei fondatori della Premiata Forneria Marconi.
Dopo l’uscita del disco, però, ha deciso di dedicarsi completamente alla sua attività di istruttore e ai suoi viaggi. Ha quindi messo da parte la carriera musicale fino a quando la musica ha rifatto capolino ed è tornata come strumento di espressione di un suo bisogno diventato troppo impellente.
Nel 2015 il cantautore surfista ha avuto un infortunio che lo ha costretto a stare fermo per cinque mesi. In questo periodo di pausa forzata ha avuto l’occasione di mettere in ordine gli appunti di ben sette anni di viaggi ed esperienze in giro per il mondo.
Durante il suo peregrinare, infatti, ha avuto modo di vedere con i propri occhi quello che sta accadendo al Pianeta, fra un ghiacciaio che si ritira e una spiaggia completamente ricoperta di plastica.
In due settimane è nato L’Esercito Buono: nove tracce che non sono altro che la necessità di imprimere in musica esperienze e sensazioni scaturite dal constatare come il nostro Pianeta sia profondamente in pericolo a causa, per lo più, dell’egoismo umano e della superficialità e noncuranza con cui ci si relaziona ad esso.
Abbiamo avuto il piacere di parlare de L’Esercito Buono direttamente con lui.
Fondamentalmente Tiziano vive con e per il surf. In questo caso particolare, poi, mi sono servito della musica per lanciare un messaggio riguardo a una situazione che mi sembra sempre più preoccupante.
Da 9 nodi, la tua prima esperienza discografia del 2012, sono passati sette anni. Come definiresti quell’esperienza e che cosa è successo in questi sette anni?
9 nodi è stata la prima esperienza discografica in studio durante la quale ho avuto la fortuna di collaborare con grandi professionisti, tra i quali il mio amico e “mentore” Franz Di Cioccio. Come dicevamo prima, però, la mia casa e il mio lavoro erano da un’altra parte, quindi ho deciso di ripartire.
Negli anni successivi a quella esperienza, durante i miei numerosi viaggi e spostamenti, ho comunque continuato a raccogliere appunti, impressioni, testimonianze. L’occasione di mettere in ordine tutti questi frammenti è arrivata nell’ottobre 2015, al rientro dal Mare del Nord, a causa di un infortunio che mi ha tenuto fermo per qualche mese. In due settimane è nato L’Esercito Buono. Nel periodo successivo, grazie anche al supporto di tanti amici, le idee sono state messe via via sempre più a fuoco.
Il tuo nuovo lavoro nasce soprattutto dalla necessità di lanciare un messaggio. Ci spieghi meglio perché nasce L’Esercito Buono?
Toccare con mano gli effetti degli squilibri e delle violenze che l’uomo sta portando al Pianeta e ai suoi abitanti è una cosa che segna. Trovarsi, ad esempio, su un ghiacciaio che a malapena ora esiste e vedere nella roccia i segni della sua storia è sicuramente differente che sentirne parlare o vederlo in video. Allo stesso modo, davanti a spiagge invase dai rifiuti o animali costretti a subire le peggiori torture, è impossibile rimanere indifferenti.
Credo che l’esperienza diretta di tutte queste cose mi abbia fatto riflettere su quanto si stia facendo per distruggerla e quanto poco per preservarla.
Passiamo al titolo: qual è, secondo te, L’Esercito Buono?
Sai, ho avuto più che altro l’impressione che spesso si corra il rischio di restare bloccati dal pensiero di essere impotenti di fronte a delle catastrofi di così grande portata. Forse è solo a causa del fatto che non ci si voglia prendere la responsabilità o, magari, qualcuno davvero non si sta ancora rendendo conto della portata del problema. Purtroppo poco importa quale sia il motivo: il risultato è che troppo spesso non si fa proprio niente.
Da qui la volontà di portare l’attenzione sul fatto che, se ci si concentra anche solo sui piccoli gesti, sulle scelte di tutti i giorni, l’impatto delle nostre azioni può essere determinante, se si considera, poi, di moltiplicarlo per tutti gli abitanti del Pianeta (e siamo veramente tanti, probabilmente troppi)… si dovrebbe cercare di passare da una “modalità passiva” a una “attiva”: questo è il modo di combattere di questo esercito.
Un esempio concreto è quello recente nella lotta alla plastica: i locali cominciano ad eliminare le cannucce, si cominciano a utilizzare spazzolini da denti in materiali ecosostenibili, gli uffici eliminano le bottiglie usa e getta ecc. Chi fa queste scelte giornalmente diventa l’uomo in più dell’Esercito Buono.
Ci hai spiegato che ogni brano contenuto nel disco è una storia a sé. Questo è vero anche musicalmente? Quali sono, a livello musicale, le influenze che possiamo trovare nei tuoi pezzi?
Proprio perché le canzoni nascono da frammenti raccolti in luoghi e da esperienze condivise con persone chilometricamente e culturalmente molto distanti, il disco risulta piuttosto vario. Si ha un po’ l’impressione di quando ci si addormenta durante un volo di lunga tratta: le sensazioni della partenza sono seguite immediatamente da quelle trasmesse dall’arrivo, anche se molto diverse tra loro.
Stesso discorso per le influenze musicali: un frammento raccolto in Scozia non può non far suonare una cornamusa come quello raccolto su una spiaggia non può non contemplare un ukulele ecc.
L’Esercito Buono è costellato di nomi importanti: Fabrizio Conte, ad esempio, è il regista del video del primo estratto “A ferro e fuoco” – brano che in questi giorni sta passando anche su LifeGate Radio. Come sono nate queste collaborazioni?
Cercherò di fare meno nomi possibili perché sono tanti, in evoluzione e non voglio certo dimenticare nessuno. Ad ogni modo, tutte le collaborazioni di questo disco sono nate in modo spontaneo e, fondamentalmente, dal confronto con persone a cui sono legato al di là della musica. Come nel caso di Fabrizio Conte, ad esempio, (lui lo cito perché l’hai fatto tu per prima) che è in primis un amico. Ci siamo rincontrati dopo più di vent’anni, quasi per caso. Gli ho chiesto un parere sui pezzi, sentiti al volo dal cellulare, e lui mi ha risposto: “Tiz, ‘sta roba è forte: la facciamo insieme”.
Hai composto da solo l’intero disco in due settimane. Di contro, il lavoro di registrazione ha impiegato un mese di tempo. Ci spieghi come è andata?
Nei demo avevo suonato tutti gli strumenti perché volevo trasmettere già dai provini il suono di una band ma… non avevo una band. Ho provato a contattare chi ritenevo adatto a un progetto come questo, come musicista ma soprattutto come persona. Servivano vibrazioni positive nel condividere l’intenzione di far arrivare a più gente possibile i messaggi contenuti nel disco. Fortunatamente i ragazzi hanno condiviso da subito l’idea, l’intento e la musica. Dopo un mese di sala prove eravamo già in studio a registrare con gli arrangiamenti di una band vera.
Progetti futuri: sono in programma date live? So che ci sarà una collaborazione anche con Sea Shepherd, organizzazione che si occupa della salvaguardia della fauna ittica e degli ambienti marini…
Al momento siamo concentrati sull’uscita dell’album e sui progetti collegati al singolo A ferro e fuoco. Sicuramente ci saranno dei live ma navighiamo a vista: nessun impegno a lungo termine per ora.
Sea Shepherd è una splendida realtà che ho avuto la fortuna di conoscere in prima persona nei mari del nord. Sono rimasto colpito dalla loro praticità ed efficenza nel portare avanti battaglie per la salvaguardia del mare e dei suoi abitanti: poche parole e tanta azione… visto il punto a cui siamo arrivati, direi che il tempo delle parole è proprio terminato.
Quando ho scoperto che avevano una rappresentanza anche in Italia li ho contattati e parlato loro del mio progetto. Si sono rivelati immediatamente disponibili e sul pezzo. Ma per ora non posso ancora svelarvi nulla…
Per finire: a cosa pensi quando sei in acqua? Credi che l’amore per il mare e vivere l’elemento acqua attraverso lo sport possa avvicinare le persone all’ambiente?
Sicuramente. Il contatto con la natura o addirittura averla come luogo di lavoro credo porti a sviluppare un rispetto profondo per gli elementi.
Allo stesso tempo, però, devo dire che porta anche a sviluppare profonda insofferenza nei confronti di chi, questo rispetto, non ha.
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